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VISITA PASTORALE  IN VENETO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI DELLA DIOCESI DI VITTORIO VENETO
NELLA PIAZZA DEDICATA A PAPA LUCIANI

Treviso - Sabato, 15 giugno 1985

 

Carissimi Fratelli e Sorelle della Chiesa di Dio che è a Vittorio Veneto!

1. E' una vera gioia per me poter trattenermi con voi e condividere il clima spirituale della vostra antica e sempre fervente Chiesa locale.

Di tutto cuore vi saluto ad uno ad uno, quanti siete qui convenuti al nostro incontro. Vi ringrazio per la calda accoglienza che mi avete riservato, e che mi attesta il vostro affettuoso attaccamento alla Sede di Pietro.

Il mio pensiero si svolge a tutti i fedeli dell’amata diocesi Vittoriese da un punto all’altro del suo vasto territorio, dalle sponde del Piave a quelle del Livenza, dai monti bellunesi alla riva dell’Adriatico, tutti accogliendo in un ideale abbraccio di pace e di benedizione. In particolare saluto gli ammalati, gli anziani, i sofferenti e coloro che non hanno avuto possibilità di essere con noi in questa ora privilegiata di confidente comunione ecclesiale.

2. In questa sosta del mio nuovo pellegrinaggio in Veneto, mi è sommamente grato rendere omaggio al mio amatissimo e venerato Predecessore Giovanni Paolo I e a voi, carissimi Vittoriesi, che avete goduto delle sue premure umane e pastorali.

La sua dolce figura è sempre viva nel mio cuore. E mi accompagna incessantemente sui passi dell’itinerario di pastore universale, che ho intrapreso dal punto stesso in cui egli lo aveva iniziato.

Il tempo cammina veloce. Ma non ha cancellato l’ineffabile memoria della chiamata del vostro antico Vescovo alla successione di Paolo VI, nello splendido vespero del 26 agosto, giorno dedicato in Polonia alla festa della Madonna di Czestochowa. Non ha cancellato le visioni di quel mese di Pontificato, in cui Giovanni Paolo I seppe calamitare come d’incanto attorno a sè e alla Sede Apostolica la simpatia universale; né il rimpianto suscitato dalla sua repentina scomparsa, che infranse gli auspici e i presagi di lungo e fecondo pontificato, da cui la sua amata persona era circondata nella città di Pietro e nella Chiesa tutta.

La sua morte solitaria e improvvisa, rientrante soltanto nell’imperscrutabile disegno di Dio, in certo modo ha avvalorato il messaggio di fede, speranza e carità ch’Egli ha intessuto con la spontanea e immediata semplicità del suo carisma catechetico.

Sullo sfondo panoramico di Vittorio Veneto, dinanzi al Tempio della sua prima cattedra episcopale, assumono accenti particolarmente toccanti certi suoi incisivi richiami: “Quando si tratta della fede, il grande regista è Dio” (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 64).

“La speranza è obbligatoria per ogni cristiano. Chi la vive, viaggia in un clima di fiducia e di abbandono” (Ibid., p. 71).

“Amare Dio è un viaggio: Dio lo vuole sempre più intenso e perfetto” (Ibid., 98).

3. Giovanni Paolo I è stato, egli stesso, messaggio. Sembrano scritte per lui le parole che il Manzoni dedica al Cardinale Federico Borromeo: “La sua vita è come un ruscello che, scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare né intorbidirsi mai, in un lungo corso per diversi terreni, va limpido a gettarsi nel fiume” (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, XXII).

Chiamato da Papa Giovanni XXIII a reggere questa vetusta diocesi, il Vescovo Albino si pose dinanzi al suo popolo come il buon pastore evangelico, effondendo nella missione di guida le doti di umanità e spiritualità che formavano la sua interiore ricchezza: l’umanità, la semplicità, la fermezza, la coerenza.

Gli 11 anni del suo ministero episcopale lasciarono un solco profondo. Costruttore di opere che rafforzarono il tessuto organizzativo, egli fu soprattutto padre sollecito, amoroso ed energico. Seminò copiosamente la parola di Dio attraverso il ministero della predicazione e attraverso l’intensissimo apostolato della penna, per il quale aveva attitudini spiccatissime di chiarezza e di arguta vivacità, e che esercitò con genialità inimitabile. Vescovo-Catechista per vocazione e per convinzione, consolidò e diffuse l’insegnamento della dottrina cristiana nelle forme differenziate per età e categorie, sviluppando con sapienza una tradizione risalente a epoche lontane. Fu vicino ai sacerdoti con la tenerezza del cuore paterno. Promosse e incrementò la partecipazione del laicato alla missione ecclesiale. Nella luce della visione cristiana ed evangelica, affrontò, specialmente attraverso gli scritti, i vari problemi insorgenti. Fu apostolo del Concilio, di cui spiegò con cristallina lucidità gli insegnamenti e tradusse rettamente in pratica le direttive.

Quando fu chiamato alla sede patriarcale di Venezia, il Vescovo Albino Luciani si accontentò di dire: “Ho cercato di amarvi sinceramente . . . Porterò nel cuore Vittorio Veneto”. Fu questa, per lui, la sintesi del suo ministero, un ministero che non era andato esente da difficoltà ed amarezze, e nell’amore trovava il proprio compendio, ricollegandosi all’impulso iniziale.

Sintesi tipica dell’uomo di Dio - dobbiamo aggiungere - il quale è pienezza di umanità e insieme pienezza di Cristo.

Tale gli fu anche nell’ultima tappa, quando ebbe sulle spalle il fardello di Servo dei Servi di Dio. La sua professione ai fedeli di Roma ricalca quella che il giovane Vescovo aveva profferito in questa cattedrale: “Posso assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono” (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 87).

Questa linearità di stile e di sostanza - attraverso una filigrana che collega la chiesa di San Tiziano con Roma - rimane un aspetto singolare del servizio pontificale di Giovanni Paolo I. Un aspetto qualificante, che avvicinò il pontificato romano all’uomo di ogni giorno, coniugando il rigore dottrinale con l’amorevole semplicità del linguaggio e stabilendo immediatezza di rapporto.

In questo modo Giovanni Paolo I ha fatto rivivere in tutta la sua naturale freschezza il patrimonio ecclesiale ereditato dai due Padri del Concilio: Giovanni XXIII e soprattutto Paolo VI. Abbiamo tutti avvertito che, in quelle settimane, qualche cosa di straordinario si era prodotto nella Chiesa e ne aveva accelerato il cammino. Come ho detto nell’omelia, che tenni a Belluno il 26 Agosto 1979, “la grandezza di questo Papa è inversamente proporzionale alla durata del suo servizio nella sede di Pietro” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 (1979) 178).

4. Il ricordo e l’omaggio immergono nel presente.

Dalla cara immagine paterna di Giovanni Paolo I - artisticamente qui tradotta nel bronzo in atteggiamento confidente e colloquiale - sgorgano inviti pressanti e suadenti, che si possono ricapitolare nel trinomio che permea il suo magistero di Vescovo e di Sommo Pontefice: Dio, Gesù Cristo, la Chiesa. Egli non si stanca di ripetere la parola del Divino Maestro: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Io. 14, 1).

Una fede limpida e coerente, pronta a trasformarsi in azione al di sopra di ogni equivoco e reticenza: ecco ciò che urge, specialmente tra le insidie ideologiche e i capovolgimenti di valori, mentre le seduzioni della secolarizzazione si insinuano nelle varie articolazioni della vita e tentano di sezionare la coscienza cristiana, sottraendola alle proprie responsabilità.

Una fede robusta è garanzia di sostegno della moralità, che si esprime nell’osservanza dei comandamenti di Dio autorevolmente proposti dalla Chiesa docente, e diventa tutela della sacralità della vita umana fin dal suo sbocciare nel grembo materno.

Una fede operosa reca un contributo specifico al bene della società, è stimolo di elevazione della civiltà, partecipazione delle ansie, angosce, speranze, problemi comuni. E’ sorgente di speranza nelle stanchezze, delusioni, timori che, in diverse dimensioni, impensieriscono l’uomo, protagonista e vittima della rivoluzione tecnologica, in questo scorcio del secolo ventesimo.

Il mondo contemporaneo ha bisogno di una profonda animazione cristiana. Ha bisogno, come proclamò Giovanni Paolo I, “di quel supplemento d’anima che da tante parti si invoca e che solo può assicurare la salvezza” (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 14). La vocazione cristiana vi si deve applicare con trasparenza e generosità, armonizzando concretamente verità e amore.

Questo è un impegno non solo dei singoli, ma delle comunità diocesana e parrocchiale. Esso richiede la prontezza ad assumersi, individualmente e comunitariamente, le proprie responsabilità, in autentico spirito di servizio, specialmente di quelli che toccano nei gangli vitali la compagine sociale.

Condizione preliminare rimane sempre l’unità ecclesiale. Unità di menti nella verità. Unità di cuori nell’amore. Unità sincera e profonda, non puramente formale e di facciata, che sia attuazione veridica di quell’“unum sint”, che appartiene alle estreme consegne del Signore.

Vorrei che queste riflessioni vi stimolassero nell’accurata preparazione del prossimo convegno “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”, che la diocesi si appresta a celebrare.

5. Permettetemi di non lasciar passare sotto silenzio un argomento che stava tanto a cuore a Giovanni Paolo I. Parlo della famiglia cristiana.

Nella collezione del Bollettino e in quella del Settimanale diocesano, voi conservate numerosi e particolareggiati suoi interventi su temi familiari. Fonte preziosa, che documenta con quanta prontezza e con quale precisione egli affrontasse anche problemi difficili e delicati, dalla santità dell’amore coniugale agli aspetti educativi, non escluse le moderne problematiche circa la fertilità e la contraccezione, facendosi divulgatore assolutamente fedele ed apologeta vivace del supremo magistero.

Come Papa, sono rimaste memorabili le sue riflessioni sulla famiglia che, durante le quattro udienze generali del mercoledì, costellarono le sue parole di augurio agli sposi novelli. Ma basterebbe ricordare i frequenti riferimenti alla sua famiglia naturale, alla figura della madre, ed i soavi richiami alla sua stessa mamma, per non parlare del trasporto verso il mondo dell’infanzia.

Con lui io vi ricordo che le famiglie “. . . sono come il santuario domestico della Chiesa, anzi sono una vera e propria «Chiesa domestica», nella quale fioriscono le vocazioni religiose e le decisioni sante, e si prepara il domani del mondo” (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 18).

Con lui esprimo la necessità che oggi le famiglie cristiane “vogliono far argine alle ideologie distruttrici dell’edonismo che estingue la vita, e formare energie pulsanti di generosità, di equilibrio, di dedizione al bene comune” (Ibid.).

Ricalcando le direttive che egli affidò a un gruppo di Vescovi degli Stati Uniti d’America, sottolineò la nobiltà dell’amore coniugale come unitivo della coppia e generatore di nuove vite; richiamò l’esigenza di “fortificare le famiglie nella fedeltà alla legge di Dio e della Chiesa”, di difendere la indissolubilità del vincolo matrimoniale anche se ciò non riscuote popolarità, e ribadisco che la santità della famiglia è il mezzo più idoneo per attuare il rinnovamento ecclesiale auspicato dal Concilio (cfr. Ibid. 76 ss).

6. Mi rivolgo a voi, carissimi giovani, con le espressioni che Giovanni Paolo I indirizzò alla gioventù del mondo all’alba del suo pontificato: “Salutiamo i giovani, speranza di un domani più pulito, più sano, più costruttivo, affinché sappiano distinguere il bene dal male, e portarlo a compimento con le fresche energie di cui sono in possesso, per la vitalità della Chiesa e l’avvenire del mondo” (Ibid., p. 18).

In queste parole è scolpito un programma che impegna la coscienza giovanile attorno a quel valore fondamentale che è la verità, ossia la luce del pensiero e del cuore, che non può mai oscurarsi senza che isteriliscano gli altri valori.

Nella chiarezza della verità, vi sarà sempre possibile distinguere il bene dal male, resistere al male e servire il bene, dilatando in tal modo le aspirazioni generose che sgorgano sempre più dal mondo delle nuove generazioni: l’onestà, la pulizia morale, l’abnegazione, la generosità, la partecipazione ai problemi del prossimo; in una parola: la richiesta di spiritualità e di condivisione comunitaria.

La Chiesa ha bisogno di voi. La Chiesa ripone in voi una grande fiducia. La Chiesa vi domanda molto. La Chiesa attende molto da voi, perché è portavoce di Cristo, e Cristo con voi è esagerato. Non si accontenta di mezze misure. Vi chiama alle vette.

Quasi in ideale prosecuzione del dialogo che ho avuto con la recente lettera da me rivolta ai giovani e alle giovani di tutto il mondo, io vi domando di restare uniti a Cristo, di considerare Cristo l’amico, l’alleato, il compagno di viaggio della vostra giovinezza. Seguendo Lui, voi sarete felici. E trasfonderete al di fuori la vostra felicità. La tradurrete in zelante operosità per il regno di Dio con cuore missionario, e per l’elevazione del livello della civiltà con nitidezza di intenti e saggio discernimento dei mezzi.

7. Si avvicina l’ora meridiana, che invita a innalzare il pensiero alla Madre di Dio e Madre nostra celeste.

Giovanni Paolo I considerò Maria Santissima “stella fulgida” del suo incipiente pontificato. Ed espresse un commovente auspicio con queste parole: “La Vergine, che ha guidato con delicata tenerezza la nostra vita di fanciullo, di seminarista, di sacerdote e di Vescovo, continui ad illuminare e dirigere i nostri passi!” (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 44).

In spirituale unione con Lei, innalziamo la nostra fiduciosa preghiera:

“Angelus Domini . . .



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