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VISITA PASTORALE  IN VENETO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE GIOVANI GENERAZIONI IN PIAZZA DEL DUOMO

Treviso - Sabato, 15 giugno 1985

 

Cari giovani della diocesi di Treviso!

1. Vi saluto cordialmente, lieto di potermi incontrare con voi in questa Piazza che rappresenta il cuore della Chiesa locale e che conserva le memorie vive dei vostri Santi.

La vostra Chiesa cattedrale è dedicata a San Pietro, come la Basilica Vaticana.

Vi ringrazio, amici carissimi, per la vostra accoglienza, maturata in clima di preghiera. Tale atteggiamento non dissolve né attenua i sentimenti della festa, ma li affina e nello stesso tempo crea un ambiente interiore, ideale per un incontro nella verità quale vuol essere il nostro.

2. Voi avete percorso un itinerario spirituale, che vi ha portato a considerare alcuni aspetti caratterizzanti del “ministerium Petri”. Essi vanno dalla domanda: “Mi ami tu più di costoro?”, che Gesù pone a Pietro (Gv 21, 15), alla risposta fidente, quasi sommessa di Pietro: “Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo” (Gv 21, 17), per concludersi con l’invito suadente e insieme risoluto: “Seguimi” (Gv 21, 19).

Mi consentite così d’inserirmi nella stupenda cornice della Parola di Dio, che avete letto e meditato, e che ci ricorda come la singolare missione del Papa sia essenzialmente “un ministero di amore in tutte le sue manifestazioni ed espressioni” (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I [1978] 16). Asserivo questo, nel momento in cui iniziavo il mio servizio pontificale. Lo ripeto volentieri qui davanti a voi, confidandovi che solo l’amore mi spinge, solo l’amore rende inarrestabile il mio cammino in ogni parte del mondo per incontrare, come questa sera a Treviso, fratelli e sorelle, figli tutti dell’amore di Dio.

Di qui nasce una domanda che attende risposta: “Mi ami tu, mi ami più di costoro?”. La conoscenza di Cristo diventa pressante impegno a decidere del proprio avvenire nella luce di Gesù, conosciuto e divenuto amico.

Ogni vocazione cristiana sta tutta in questo dialogo, che coinvolge personalmente ogni progetto di vita. Per alcuni la consegna specifica del Signore potrebbe essere quella già affidata agli Apostoli: “Vi farò pescatori di uomini . . . Andate e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 4, 19; 28, 19). Per tutti è una risposta a Colui che ci ha amati per primo.

3. Questo appuntamento con voi non poteva mancare: l’ho atteso, l’ho desiderato, in continuazione ideale con il convegno mondiale della Domenica delle Palme, a Roma, al quale partecipò una folta rappresentanza di giovani trevigiani, e in collegamento anche con quello da voi svolto, insieme al vostro Vescovo, nel successivo mese di aprile. Di entrambi ripropone l’occasione di fondo, ossia l’Anno Internazionale dei Giovani; Anno che - lo sapete bene - “riveste un particolare significato anche per la Chiesa, quale custode di fondamentali verità e valori e insieme ministra degli eterni destini che l’uomo e la grande famiglia umana hanno in Dio stesso” (Giovanni Paolo II, Epistula Apostolica ad iuvenes, Internationali vertente Anno Iuventuti dicato, 1, 31 marzo 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 757).

4. Ma ho desiderato questo momento soprattutto per adempiere presso di voi il mio specifico ministero di amore e per affidarvi a Gesù, nostro Signore.

L’Apostolo Pietro, che aveva visto la mattina di Pasqua nel sepolcro il sudario ripiegato e le bende per terra (cf. Gv 20, 7), poté in seguito gridare alla folla riunita a Gerusalemme per la Pentecoste: “Costui è quel Gesù che Iddio ha risuscitato: noi tutti ne siamo testimoni” (At 2, 32). Io sono venuto per additarvi quel medesimo Gesù. Non c’è, ricordatelo, un nome più grande sotto il cielo (cf. At 4, 12). Non c’è nome più dolce. Non c’è nome più attraente (cf. Gv 12, 32). Egli è colui “in virtù del quale esistono tutte le cose” (1 Cor 8, 6); nel quale sono “tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col 2, 3). Colui che è “la via, la verità . . . la risurrezione e la vita” (Gv 11, 25), il principio e la fine, il segreto della storia, il cuore del mondo, la chiave dei nostri destini, il palpito della creazione, il Salvatore e il Redentore.

Questo annuncio non può arrestarsi, questa novella non può invecchiare; è qui “l’unico orientamento dello spirito, l’unico indirizzo dell’intelletto, della volontà e del cuore” (Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, 7).

5. Carissimi, con l’Apostolo vi dico: altro io non so, null’altro fra di voi ritengo di sapere che Cristo (cf. 1 Cor 2, 2): innalzato vergognosamente sulla croce e veramente risorto, è ora vivo presso il Padre. Là ci attende e ci ama; ma in maniera ineffabile è tra noi nell’Eucaristia e per mezzo del suo Spirito. Egli è il grande Presente nella storia e nella vita.

Proviamo a riflettere sulla situazione in cui si vive oggi. Non ritenete voi che una delle cause del distacco dalla fede, da parte dei giovani, sia proprio un’idea inadeguata e riduttiva che essi hanno di Cristo? Non è forse vero che l’indifferenza, quando non addirittura l’opposizione ostentata, deriva dal fatto che circola, nei loro ambienti, l’immagine di un Dio ostile all’uomo? Non è forse vero che nella società consumistica è sceso un certo disinteresse verso il Dio cristiano, perché al Suo Nome santissimo si abbina una rappresentazione molto lontana dell’uomo concreto?

Gesù destina ad ognuno la personale attenzione testimoniata dall’approccio col giovane del Vangelo: “Fissatolo . . . lo amò” (Mc 10, 21). L’abbiamo mai intravisto, sperimentato, gustato, lo “sguardo amorevole” di Cristo (cf. 2 Cor 5, 14)? “Si può dire - ho scritto ai giovani di tutto il mondo - che in questo sguardo amorevole di Cristo sia contenuto quasi il riassunto e la sintesi di tutta la Buona Novella” (Giovanni Paolo II, Epistula Apostolica ad iuvenes, Internationali vertente Anno Iuventuti dicato, 7, 31 marzo 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 769).

Questo è il vero avvenimento della vita, la svolta centrale, l’inserzione decisiva: dopo un tale incontro, nell’esistenza giovanile, tutto diventa profondamente diverso. Posto questo incontro, tutto il resto viene ridimensionato. Anzi, per dar seguito in maniera totale a questo incontro, ogni altra cosa può essere venduta (cf. Mt 13, 44).

6. Andrea, dopo aver incontrato Gesù e aver passato con lui una giornata, corre dal fratello Simone e gli confida il senso dell’esperienza accadutagli: “Abbiamo incontrato il Messia . . .”. L’evangelista Giovanni con una rapidità che impressiona, aggiunge: “E lo condusse da Gesù” (Gv 1, 41-42).

Non si può trattenere per sé la scoperta: troppo grande, e troppo affascinante è il volto del Signore. L’evento deve manifestarsi; l’esperienza deve diventare comunicazione; l’evento interiore diviene pubblico.

Ecco pertanto una seconda ricognizione relativa al tempo in cui viviamo: per parlare di Gesù ai giovani è necessaria, amici, la presenza di altri giovani. È indispensabile la loro testimonianza. Il Vaticano II è stato esplicito in merito: occorre promuovere l’apostolato “del simile verso il simile” (cf. Apostolicam actuositatem, 13). Siete disponibili a questo passo? No, non temo di essere esigente con voi: Cristo lo è prima di me. Può anche darsi che qualche giovane se ne vada rattristato - scrivevo ai sacerdoti - “quando gli sembrerà di non poter far fronte all’una o all’altra esigenza . . . A volte i giovani debbono farsi strada attraverso tali tristezze salvifiche, per giungere gradualmente alla verità e a quella gioia che essa dà” (Giovanni Paolo II, Epistula ad universos Ecclesiae Sacerdotes, adveniente feria V in cena Domini anno MCMLXXXV, 5, 31 marzo 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 741s.). Ma non v’è dubbio che l’animo giovanile è propenso ad accogliere l’invito del Signore, con generosità pronta ed effusiva.

Oh, sì: vi è bisogno di giovani in missione nei loro ambiente; giovani lieti e forti, umili e coraggiosi, tenaci e intraprendenti; indicatori convincenti di Cristo, testimoni di Lui in parole e in opere, nella loro vita quotidiana. Guardate al vostro patrono principale, San Liberale: un giovanetto intrepido, un cavaliere convertito alla causa del Vangelo, che in un tempo estremamente difficile e rischioso, diventa discepolo di Cristo, tutto dedito a difendere la Verità, in intima comunione col suo Vescovo Eliodoro. È incoraggiante per voi avere come protettore e intercessore questo santo, lontano nel tempo, ma modernissimo e vicino alle situazioni attuali.

7. Tutto questo vi impegna in un affinamento spirituale tale da farvi vivere in pienezza le più profonde esigenze del Vangelo, quali la semplicità, la mitezza, il distacco e la castità, la sobrietà e l’amor di Dio, fino al sacrificio. Pensate al vostro beato Enrico da Bolzano, povero in maniera impressionante ed esemplare, tanto amato dai trevigiani; e pensate alla sorprendente figura di santa M. Bertilla Boscardin: quale fascino proviene da questa piccola-grande donna, immolatasi nel nascondimento e nel servizio!

Non scordate mai che dal vostro ambiente partirono, nel corso dell’ultimo secolo, iniziative e attività che hanno poi segnato l’Italia nei campi della promozione sociale, dell’istruzione catechistica e religiosa, della stampa militante, dell’Azione Cattolica.

8. Cari giovani, l’avvenire della società e della Chiesa è nelle vostre mani, nella vostra capacità di scoprire la vostra vocazione e di realizzarla; sta nella risposta che darete con forza e con impegno alla chiamata di Dio.

Seguite con gioia gli esempi che vi ha lasciato San Pio X nella sua giovinezza vissuta qui nella vostra terra. Siate sempre pronti “a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15).

Vi sia di conforto in questo vostro impegno la mia Benedizione Apostolica. 



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