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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI EX DEPORTATI DELLA II GUERRA MONDIALE

Giovedì, 26 settembre 1985

 

Signor Presidente,
Signore e Signori.

Al termine della vostra crociera dell’amicizia nel Mediterraneo, organizzata per ravvivare i vostri legami profondi e la vostra azione umanitaria di ex deportati o resistenti della guerra 1939-45, voi avete voluto fare scalo a Roma. Io vi ringrazio per la vostra visita. Essa è certamente ispirata dal desiderio di rendere omaggio alla missione spirituale che io devo assumere al servizio della Chiesa ma anche per il bene dell’umanità. Inoltre voi non potete dimenticare che, nella mia terra natale, ad Auschwitz milioni di uomini, di donne, di bambini, di origine ebrea e polacca e pure di altri Paesi hanno vissuto il calvario dell’annientamento sistematico. Io spesso ho meditato in quel luogo, pensando a tanti altri ugualmente segnati dalle atrocità, senza dubbio, più grandi della storia. Voi avete visto probabilmente il film “La Shoah” (L’Annientamento) realizzato per sottolineare il quarantesimo anniversario della liberazione dei campi della morte. L’autore, accogliendo con una cura assidua le testimonianze dei sopravvissuti e persino dei carnefici, ha voluto aiutare la coscienza umana a non dimenticare mai, a non abituarsi mai alla perversità del razzismo e alle mostruose capacità di distruzione. Il vostro comitato internazionale di Mathausen, da parte sua, vuole contribuire a questa opera di vigilanza illuminata e attiva di fronte alle esclusioni o alle emarginazioni, ahimè, ancora così frequenti.

In questo breve incontro, io vorrei precisamente incoraggiare la vostra azione che è peraltro la missione di tutti. Noi dobbiamo essere i difensori dell’uomo, di ogni uomo, di tutti gli uomini. Noi dobbiamo restituirli a se stessi, ovunque la loro sacra dignità è messa a repentaglio, ovunque le loro libertà fondamentali sono ingiustamente ridotte o anche annientate, dovunque il loro bisogno innato di apertura all’Assoluto è trattato con un’illusione alienante e metodicamente combattuta.

Per delle ragioni filosofiche si può affermare che ogni uomo è soggetto dei diritti fondamentali, anteriormente al riconoscimento che ne viene fatto da un’autorità politica e indipendentemente da esso. È anche questa tesi di filosofia politica che sottende i grandi documenti contemporanei poggianti sui diritti dell’uomo. La visione di fede sull’uomo, tratta dalla rivelazione cristiana, apporta una conferma teologica alla posizione filosofico-politica ora evocata. Se l’uomo è creato a immagine di Dio, egli ha dalla nascita una dignità che un impero o uno Stato non saprebbero concedergli o negargli. E se tutti gli uomini sono figli di Dio essi sono chiamati alla fraternità; allora le frontiere che li separano devono essere relativizzate.

Numerosi cristiani, imbevuti di questa antropologia biblica, si consacrano totalmente alla salvaguardia e alla promozione della dignità e dell’uguaglianza di tutti gli uomini, della loro libertà e della loro responsabilità. Essi credono fermamente che questi valori sarebbero parole vane se non poggiassero su un fondamento trascendente. Accade che questi stessi cristiani si trovino gomito a gomito con dei non credenti che adempiono lo stesso servizio dell’uomo senza attingere luce e forza alla stessa luce divina. Tuttavia non sarebbe di interesse più alto scoprire le ragioni ultime che mobilitano gli uni e gli altri? Nel più grande rispetto di coloro che non condividono la fede cristiana io lo spero vivamente. Un fatto è certo: la causa dei diritti dell’uomo è quella dell’umanità intera. Già portata da un movimento storico, il suo avvenire è più che mai nelle nostre mani, in un’epoca in cui le dittature e i totalitarismi continuano le loro devastazioni. Io chiedo a Dio di accompagnare e di far fruttificare ciò che voi avete fatto e che farete ancora per testimoniare il primato dello spirituale in ogni uomo e in una civiltà degna di passare alla storia.



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