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VISITA PASTORALE IN ROMAGNA

DISCORSO

DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI AGRICOLTORI NELLO STABILIMENTO
DEI «PRODOTTI AGRICOLI FAENTINI»

Faenza (Ravenna) - Sabato, 10 maggio 1986

 

Cari amici.

1. È per me una grande gioia trovarmi con voi oggi in questa città di Faenza, nota non solo per i suoi tesori artistici e storici, ma anche per il suo valido contributo al progresso economico e sociale della Nazione. Ringrazio il vostro presidente e il rappresentante dei soci per le parole che mi hanno rivolto a nome della cooperativa “Prodotti Agricoli Faentini”, e delle altre aziende di questa forma associativa, che ha trovato in Romagna un fertile terreno di sviluppo. La mia presenza fra di voi intende richiamare l’attenzione sull’importanza che le cooperative possono assumere nella vita economica, per il bene dei loro associati e dell’intera comunità. E desidero esprimere a tutti voi il mio sincero apprezzamento e il mio cordiale incoraggiamento.

In un mondo che è troppo spesso contrassegnato da un’eccessiva competitività, dalla sopraffazione del più debole da parte del più forte, dal ricorso a soluzioni collettivistiche che soffocano l’iniziativa dei singoli e sviliscono le ragioni della collaborazione, questa forma di organizzazione economica e sociale, se ben gestita, può costituire una stimolante esperienza di partecipazione e insieme uno strumento efficace per realizzare un livello più alto di giustizia.

2. La comunità cristiana si è interessata in Italia a questo problema sin dalla fine del secolo scorso con l’iniziativa delle Casse Rurali. Lo spunto, per quanto concerne la Romagna, venne offerto dalla relazione svolta da don Luigi Cerutti nella sala maggiore dell’episcopio di Imola alla presenza di numeroso clero, buon numero di laici di varie diocesi, rappresentanti di società, Istituti e Ordini religiosi, in occasione della seconda adunanza regionale romagnola dell’Opera dei Congressi e Comitati Cattolici in Italia.

Le Casse Rurali della provincia di Ravenna sorsero in maggioranza nel decennio a cavallo tra l’800 e il 900, e si svilupparono soprattutto nel Lughese e qui a Faenza, dando poi origine ad una federazione.

La solidarietà e la partecipazione, connotazioni caratteristiche delle Casse Rurali e Artigiane, trovarono in Romagna generosa attuazione grazie a uomini intraprendenti e capaci, consapevoli che solo da un impegno comune di servizio poteva essere svolta un’efficace azione di progresso delle comunità locali, di difesa del risparmio delle famiglie, di sostegno alle attività imprenditoriali, soprattutto a quelle piccole e medie.

Dopo la seconda guerra mondiale le ricorrenti crisi economiche portarono in primo piano le piccole e medie imprese, e le comunità locali furono al centro della ripresa, di una rinnovata solidarietà, di un’imprenditoria e di un credito a misura d’uomo. Oggi in Romagna le Casse Rurali e Artigiane rappresentano una realtà tra le più importanti e significative dell’impegno dei cattolici nell’economico e nel sociale.

So che questa vostra Cooperativa, costituita nel 1959, si è venuta sempre più rinsaldando grazie ai risultati ottenuti e ai vantaggi concreti offerti ai soci, giungendo a imporsi come polo di riferimento per i produttori faentini. Ad essa va con particolare cordialità il mio compiacimento e il mio augurio.

3. In questa circostanza, ricca di aspettative per voi che sentite tanto vivamente i valori insiti nella cooperazione, desidero soffermarmi proprio su questo tema, che ho sempre avuto presente nella mia vita di pastore e che è uno dei temi fondamentali dell’insegnamento sociale della Chiesa. La cooperazione, nel senso più ampio del termine, sta a significare ogni forma di attività comunitaria che si esplica nell’ambito sia culturale che sociale o economico o religioso. Storicamente, però, la cooperazione ha finito per identificarsi con la realtà più specifica di forme associative volte al perseguimento di obiettivi di autotutela nelle proprie necessità, particolarmente economiche, o di promozione di comuni interessi. Il dinamismo e la varietà delle cooperative sono la dimostrazione di quanto tali forme associative rispondano alle reali esigenze della popolazione.

Si sa che il cooperativismo è passato attraverso diversi stadi e che le forme in cui questo tipo di attività si esprime sono state classificate, nel modo più semplice, in base alla natura dei servizi prestati agli associati: cooperative di lavoro e di produzione, cooperative di consumo e cooperative di produttori.

La Chiesa è sempre stata favorevole a tali ricche esperienze di pratica comunitaria, adoperandosi perché esse non si limitino alla sola dimensione economica della cooperazione ma assicurino anche la crescita umana, sociale, culturale e morale degli aderenti. Ciò che ha spinto i lavoratori ad associarsi in organizzazioni di tipo cooperativistico è stata certamente innanzitutto una necessità di natura strettamente economica: sopravvivere e difendersi dagli effetti negativi della nuova società industriale. Non è mancata però anche la spinta derivante dal desiderio di vivere un’esperienza di unità e di solidarietà, che consentisse di superare le differenze economiche e perfino i conflitti sociali fra i diversi gruppi.

Si può dire che la novità dell’esperienza cooperativistica risiede nel suo tentativo di sintesi fra la dimensione individuale e quella comunitaria. In questo senso, è un’espressione concreta della complementarità, che la dottrina sociale della Chiesa ha sempre tentato di promuovere fra la persona e la società; è la sintesi fra la tutela dei diritti del singolo e la promozione del bene comune. Si tratta però di una sintesi che non si situa solo sul piano economico, ma anche su quello più vasto dei beni culturali, sociali e morali che arricchiscono e modellano una società degna dell’uomo.

Il valore dell’impresa cooperativistica si caratterizza sul piano economico per lo sviluppo di un’economia locale che cerca di meglio rispondere alle necessità della comunità. Analogamente, sul piano morale, essa si distingue per l’accentuazione del senso di solidarietà, pur nel rispetto della necessaria autonomia del singolo, che deve crescere verso una piena maturità. Qui risiede uno degli aspetti più chiari dell’importanza della cooperazione: essa suppone la valorizzazione del ruolo di ciascuno nella comunità, attraverso un impegno di carattere etico, che non esclude la difesa degli interessi legittimi della persona.

Oggi le esperienze cooperativistiche sono veicolo di un nuovo tipo di economia sociale, favorito dalla moderna società come strumento di ricostruzione e di sviluppo. In questa prospettiva le cooperative agricole si propongono come veri strumenti di trasformazione sociale in molti paesi, e la Chiesa sente perciò di dover essere solidale con tali iniziative. Esse infatti consentono non soltanto un più celere-miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali, ma anche una più efficace promozione della persona nelle sue molteplici relazioni con gli altri, con le cose e con Dio. Ora, proprio questo costituisce una delle più profonde dimensioni dell’opera di evangelizzazione che la Chiesa compie nel suo lavoro quotidiano di presenza nel mondo e di dialogo con gli uomini e con i loro problemi.

4. Su questo aspetto mi preme di attirare la vostra attenzione. Vorrei cioè sottolineare quegli elementi di una struttura umana e sociale come è quella della Cooperativa, che contribuisce al miglior sviluppo e alla più efficace valorizzazione della persona umana. Su tali elementi ha già insistito il mio predecessore Giovanni XXIII nell’enciclica Mater et Magistra (nn. 110-135), ricca di principi che possono illuminare anche le mutate circostanze dei giorni nostri. (Ioannis XXIII Mater et Magistra, 110-135)Le sue osservazioni sull’importanza della solidarietà e della collaborazione per tutti coloro che lavorano nel settore agricolo vanno di pari passo con la sollecitudine per il bene comune, come mezzo per esaltare il valore di una cooperazione che risulti, sì, direttamente vantaggiosa per i soci, ma i cui frutti positivi si riversino anche su tutti i membri della società. (Ioannis XXIII Mater et Magistra, 132-133)

La vostra personale esperienza vi porta certamente a riconoscere che la solidarietà e la collaborazione richiedono il concorde impegno per il raggiungimento di scopi precisi, quali la produttività, lo sviluppo, la garanzia di un adeguato compenso per tutti i soci, il miglioramento della qualità e l’espansione del mercato. Ma voi siete pure in grado di attestare che il conseguimento di quegli obiettivi si volge a beneficio dei singoli soci. Voi sapete quindi che il bene dei singoli membri può essere portato a coincidere con quello di tutti e che il bene comune si rivela più grande della somma dei beni individuali; è un bene che supera, per qualità, la somma dei singoli beni individuali.

5. È su questo aspetto specifico che desidero soffermarmi in occasione di questo nostro incontro faentino. Vi è infatti il pericolo che i criteri per misurare il successo delle cooperative siano desunti soltanto dai risultati di mercato, siano cioè tratti esclusivamente dai vantaggi materiali che esse offrono ai soci. Ebbene, occorre dire che una prospettiva così riduttiva non può essere armonizzata con la visione cristiana della persona. Essa infatti ne umilia la dimensione spirituale sottovalutandone la creatività e la capacità di apporto originale al complesso reticolo dei rapporti sociali. Occorre assumere i progressi fatti attraverso gli sforzi cooperativi nel contesto di un più elevato livello di valori, nel quale la persona sia riconosciuta e valorizzata in ogni sua dimensione. È la persona, infatti, la vera misura di ogni iniziativa volta a favorire un cammino di crescita e di progresso.

6. Richiamare un simile principio equivale ad affermare che il criterio quantitativo non è di per sé mai sufficiente. Deve essere integrato col criterio qualitativo, che è dato dalla maggiore o minore valorizzazione delle capacità della persona nel contribuire con scelte responsabili alla promozione del bene comune. Tale valorizzazione, infatti, porta alla scoperta che il raggiungimento del bene di ogni membro supera i suoi interessi personali e costruisce una situazione che è qualitativamente migliore per tutti. Avviene così che, tramite la cooperativa, i singoli membri apprendono che la solidarietà negli sforzi per raggiungere il progresso materiale non è pienamente soddisfacente, se non si esprime anche nella solidarietà degli spiriti, e sperimentano che la partecipazione caratteristica della cooperativa chiede di completarsi nella condivisione caratteristica della solidarietà fraterna. Il servizio che voi rendete al gruppo diventa così un atto fraterno, aperto a trasformare in profondità le vostre vite, rafforzandovi nei vostri valori trascendenti.

Tutti voi, ne sono certo, avete in un modo o in un altro sperimentato quanto ho appena detto. Attività, cominciate in comune con altre persone aventi gli stessi scopi, diventano valori che ci si partecipa a vicenda nel contesto di un clima di vera amicizia; e si finisce così per scoprire che c’è in gioco qualcosa di più del puro profitto e che l’impegno di tutti supera il semplice lavoro in comune. Ci si ritrova allora in modo nuovo colleghi gli uni degli altri, e ci si accorge che il lavoro fatto insieme porta un bene più grande, non solo a se stessi ma anche a coloro che beneficiano dei risultati del lavoro comune. Voi avete potuto così constatare che il frutto del vostro lavoro ha un significato e un valore che va oltre il prodotto in se stesso per divenire mezzo di comunicazione e testimonianza di ciò che è ognuno di voi, di ciò che siete tutti voi insieme.

7. Le cooperative appartengono a quegli organismi che nella enciclica Laborem Exercens ho chiamato “corpi intermedi”. Esse infatti costituiscono una via fra tante altre, per associare, per quanto possibile, il lavoro alla proprietà e al capitale. Tale associazione è capace di “dar vita a una ricca gamma di corpi intermedi a finalità economiche, sociali, culturali: corpi che godano di una effettiva autonomia nei confronti dei pubblici poteri, che perseguano i loro specifici obiettivi in rapporti di leale collaborazione vicendevole, subordinatamente alle esigenze del bene comune, e che presentino forma e sostanza di una viva comunità, cioè che in essi i rispettivi membri siano considerati e trattati come persone e stimolati a prendere parte attiva alla loro vita” (Ioannis Pauli PP. II Laborem Exercens, 14).

Questa nozione di “corpi intermedi”, già utilizzata nella enciclica Mater et Magistra (Ioannis XXIII Mater et Magistra, 42-49), è anche in relazione col “principio di sussidiarietà”, secondo il quale il potere pubblico non deve sostituirsi all’iniziativa dei cittadini, sia essa individuale o associativa, nel campo economico, sociale e culturale. Per questo motivo l’insegnamento sociale della Chiesa ha incoraggiato e promosso le diverse forme di associazione nei vari campi dell’attività umana, sottolineando l’importanza dei mezzi capaci di esprimere la doppia dimensione, personale e sociale, dell’essere umano. Questi mezzi, allo stesso tempo di “socializzazione” e di “personalizzazione”, quali i sindacati, le organizzazioni professionali, le cooperative di diverso tipo e altre simili associazioni, dovranno ovviamente essere sempre regolate e misurate col metro delle esigenze del bene comune.

8. In questa prospettiva ci si rende conto come il successo - e persino l’insuccesso - materiale di una società possano diventare via alla scoperta dell’esistenza di un bene più grande della somma dei beni materiali ricevuti. Quando si è compreso questo, allora si è in grado di capire il valore fondamentale che le cooperative promuovono: è il valore di una vita umana migliore, perché aperta alla percezione più profonda del senso vero di ogni impegno umano, che è il senso della comunione. Ed è allora chiaro che il risultato di tale impegno non può più essere misurato solamente col metro del profitto ricavato o del successo di mercato. Il risultato vero risiede nel fatto che “mediante il lavoro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità ma anche realizza se stesso come uomo e anzi, in un certo senso, «diventa più uomo»” (Ioannis Pauli PP. II Laborem Exercens, 9).

9. Prima di concludere, voglio scendere a un’applicazione finale, che è più di un appello. Quando nella Laborem Exercens ho trattato della questione del lavoro agricolo, ero soprattutto preoccupato dei milioni di persone dei Paesi in via di sviluppo, che non hanno i mezzi di produzione e i sussidi previdenziali considerati normali nelle società più evolute. In quel documento dicevo che “in molte situazioni sono necessari cambiamenti radicali e urgenti per ridare all’agricoltura il giusto valore come base di una sana economia”. (Ioannis Pauli PP. II Laborem Exercens, 21)

Desidero ora invitare tutti voi a vedere fin dove è possibile usare l’esperienza che avete acquisito, le capacità tecnologiche raggiunte, le migliori conoscenze accumulate circa l’uso appropriato delle risorse a servizio del bene di altri. Vi invito a cercare il modo di mettere in comune questo ricco patrimonio di conoscenze e i positivi risultati da voi raggiunti con coloro che aspirano a emularvi nei Paesi in via di sviluppo. La ricompensa sarà grande e consisterà non solo nell’allargamento delle conoscenze di cui potete disporre, ma anche, e soprattutto, nella gioia di rendere altre persone capaci di farsi carico del loro futuro in aree del mondo che si apriranno alla speranza di un miglioramento proprio grazie alle conoscenze di cui voi li renderete partecipi. Ciò sarà per voi e per tutti un nuovo bene. E non è “questo nuovo bene - frutto del lavoro umano - una piccola parte di quella «terra nuova» dove abita la giustizia” (Laborem Exercens, 27)?

Cari fratelli e sorelle, prego per voi e per le vostre famiglie, per il vostro lavoro e per il frutto della vostra fatica. Prego perché la solidarietà, la partecipazione e il servizio comune, che hanno caratterizzato le vostre cooperative per il bene dei soci, diventino bene di fraternità e di realizzazione per gli altri. Allora queste fatiche porteranno un frutto che supererà gli obiettivi iniziali, diventando così un contributo di arricchimento umano, culturale e spirituale per tutta la società.

Dio benedica voi e il vostro solidale impegno!

 

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