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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA GENERALE
DELLA «CARITAS INTERNATIONALIS»

Sala Clementina - Martedì, 26 maggio 1987

 

Signor Cardinale Do Nascimento,
Cari fratelli nell’episcopato,
e voi tutti, delegati delle Caritas nazionali.

1. Siate i benvenuti, voi che partecipate alla XIII assemblea generale della “Caritas Internationalis”. Saluto ciascuno di voi e ciascuna delle vostre organizzazioni nazionali, e, attraverso voi, desidero estendere il mio saluto e i miei incoraggiamenti a tutti coloro che, nei vostri paesi, sono membri di una Caritas.

Voi avete il senso della Chiesa e condividete le sue preoccupazioni, come testimonia segnatamente il tema della vostra attuale assemblea generale: “Per costruire la pace, costruiamo delle comunità di giustizia e di carità”. Nessun cristiano può restare insensibile al grave problema della pace che io riporto ogni anno all’attenzione del mondo con un messaggio speciale per la giornata mondiale della pace. Dei cattolici si dedicano particolarmente a questa grande opera: sostenete i loro sforzi, incoraggiateli, loro e le loro organizzazioni, e anzitutto in ciascuno dei vostri paesi e delle vostre diocesi, poiché non ci sarà pace autentica se non fondata sulla carità. Con una vocazione speciale, in un certo senso, voi vi preoccupate delle situazioni di povertà e di angoscia, e scoprite nello stesso tempo che molte sofferenze sono create da situazioni di ingiustizia che nuocciono anche alla pace sociale. Con la denuncia delle ingiustizie, della tortura, delle esazioni, voi unite gli sforzi dei cristiani che si sono spesso costituiti in associazioni per impegnarsi pienamente. Sì, la carità si iscrive nell’impegno sociale della Chiesa, e la vostra organizzazione ha un posto molto importante tra tutte quelle che sono ispirate dal Vangelo. Il tema della vostra assemblea generale è di piena attualità e manifesta chiaramente che voi volete collaborare, nel vostro campo specifico, alla pastorale delle vostre chiese per promuovere la pace operando per più giustizia e carità.

2. Tra tutti coloro che partecipano a questa pastorale, e più specificamente alla pastorale sociale di una diocesi o di un paese, voi avete il vostro “carisma”: quello di una “carità attiva”, consacrata all’assistenza, alla promozione umana e allo sviluppo integrale dei più sfortunati, senza mai separare, evidentemente, la carità dalla giustizia sociale. “Ricercate la carità” (1 Cor 14, 1), come ci esorta l’apostolo san Paolo. Nessuno ha il monopolio di questa virtù, ma essa vi ispiri veramente insieme con i preti, i religiosi e le religiose, le organizzazioni, e tutti coloro che coordinano tali attività, “sotto la direzione del Vescovo” affinché sia “manifestata l’unità della diocesi” (Christus Dominus, 17).

Voi insistete giustamente su questa responsabilità del Vescovo nella sua diocesi, su quella della conferenza episcopale in ogni paese; mi congratulo e incoraggio ugualmente tutte le organizzazioni cattoliche a una grande fedeltà all’insegnamento del Concilio, affinché l’unità del Popolo di Dio progredisca nel rispetto di ciascuno dei suoi membri.

3. La “Caritas Internationalis” ha delle responsabilità al servizio della Chiesa universale; esse sono concretizzate con la sua presenza in seno al Consiglio Pontificale “Cor Unum” di cui essa è membra. Essa vi apporta la ricchezza della sua esperienza nella riflessione sulla carità e nella catechesi sui poveri e l’amore preferenziale che la Chiesa ha verso di loro. Voi partecipate spesso ai gruppi di lavoro, e concorrete con il vostro esempio e la vostra fedeltà alla missione che è stata affidata a questo Consiglio di “sforzarsi d’armonizzare le forze e le iniziative di tutti gli organismi cattolici, e di tutto il Popolo di Dio, attraverso lo scambio di informazioni e uno sforzo accresciuto di cooperazione” (Giovanni Paolo II, Lettera di istituzione del Consiglio Pontificale “Cor Unum”, 15 luglio 1971: AAS 63 [1971] 672). “Cor Unum” vi assicura anche delle relazioni strette con le diverse istanze della curia romana secondo le necessità derivanti dalle vostre responsabilità.

4. La “Caritas Internationalis” rappresenta agli occhi della Chiesa e del mondo un’immensa generosità di cui voglio ringraziarvi: la devozione dei vostri membri in questi venti paesi, e il soccorso molto diversificato, finanziario e alimentare, alle vittime delle catastrofi, senza dimenticare la cooperazione a innumerevoli progetti di riabilitazione e di sviluppo. Voi rappresentate una varietà di situazioni che sono per voi altrettanti temi di riflessione. Certo, la dimensione o la vitalità della vostra organizzazione sono spesso differenti da una diocesi a un’altra, da una parrocchia a un’altra e anche da un paese all’altro. Qui la Caritas dispone di poco personale e di pochi mezzi: esiste insomma in una grande discrezione. Là, al contrario si presenta e agisce con delle strutture importanti e un personale numeroso. Ma tutti, qualunque sia l’estensione della missione affidata dalla vostra Chiesa particolare, voi non costituite che una sola famiglia, quella della “Caritas Internationalis”, animata dallo stesso ideale, che è di aiutare i più indigenti tra i vostri fratelli. So che uno slancio di solidarietà spinge i vostri membri che hanno i mezzi ad aiutare coloro che sono meno dotati, e considerati giustamente, come loro “prossimo”. Vi incoraggio a continuare questo sforzo.

5. Cari amici, non posso soffermarmi su tutti i soggetti che suggerirebbe la vostra attività. Ma, a proposito del vostro programma per l’avvenire, io sono felice di stimolare gli sforzi che voi farete per la formazione dei responsabili delle vostre organizzazioni - formazione spirituale, dottrinale e “professionale” - attraverso “una pedagogia della carità in vista di un’azione concreta”. Sono questi responsabili che, nelle loro Chiese, parteciperanno alla “costruzione di comunità” di giustizia e di carità. L’ottobre prossimo si riunirà il Sinodo ordinario dei Vescovi. Esso avrà per tema: “Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo vent’anni dopo il Concilio Vaticano II”. Da alcuni anni, le Caritas sono state e sono un luogo di formazione e di responsabilità per i laici. Sì, i laici sono chiamati ad assumere numerose e grandi responsabilità in questo immenso spazio delle attività sociali.

Voi volete che le Caritas si preparino ad entrare nel mondo del terzo millennio, grazie a dei giovani atti a costruire l’avvenire. Dove troverete la vostra ispirazione? Voi meditate spesso, ne sono convinto, il celebre capitolo 13 della Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi: “Quando distribuirò tutti i miei beni in elemosina, quando consegnerò il mio corpo alle fiamme, se io non ho la carità, ciò a niente mi giova. La carità è paziente, la carità è benigna . . ., tutto scusa, tutto spera, tutto sopporta”. E, il capitolo termina con queste parole di fuoco, il fuoco dell’amore trinitario: “La fede, la speranza e la carità dimorano tutte, ma la più grande tra esse è la carità”. Possano queste parole dell’Apostolo essere lo statuto, che ispira i vostri passi.

Tra qualche giorno si aprirà l’Anno Mariano. Maria vi aiuterà in questo cammino soprattutto attraverso l’avvenimento della visitazione. La Vergine di Nazaret, in effetti, lascia la sua casa e si reca con sollecitudine verso la regione montagnosa per portare la buona novella e per render servizio a sua cugina Elisabetta; essa porta in sé colui che viene tra noi per educare i suoi discepoli alla carità e per compiere lui stesso il più grande sacrificio d’amore, dare la sua vita per quelli che ama.

Invoco sulla “Caritas Internationalis” e sui suoi responsabili, così come sulle organizzazioni nazionali e diocesane di questo vasto movimento caritativo, le grazie dello Spirito d’amore e la protezione materna di Maria.

 

© Copyright 1987 -  Libreria Editrice Vaticana

 



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