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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL GHANA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 6 novembre 1987

 

Cari fratelli nel nostro Signore Gesù Cristo.

1. È una gioia per me dare il benvenuto a voi, membri della Conferenza episcopale del Ghana, in occasione della vostra visita “ad limina”. La nostra assemblea collegiale dà testimonianza all’unità della Chiesa, “Come ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio (1 Cor 4, 1), rappresentate in special modo le vostre Chiese locali, e insieme al successore di Pietro e agli altri vescovi in tutto il mondo rappresentate “l’intera Chiesa unita nel legame di pace amore e unità” (Lumen Gentium, 23).

Miei amati fratelli: la nostra unità è compagnia nello Spirito Santo e nell’amore di Cristo che rimane per sempre pietra angolare (cf. Ef 2, 20) (cf. 1 Pt 2, 25). Insieme professiamo “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo” (Ef 4, 5) e ci soccorriamo l’un l’altro nel nostro pellegrinaggio verso la patria eterna, sempre coscienti che la nostra unità nella Chiesa trova la sua origine nell’unità della Santa Trinità. Poiché, come afferma il Concilio Vaticano II, “la Chiesa continua a risplendere come un popolo reso unito con l’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Lumen Gentium, 4).

La vostra visita “ad limina” offre un’efficace testimonianza alla verità della nostra fede nel Cristo che scelse Pietro per fondare su di lui la sua Chiesa, promettendogli le chiavi del regno dei cieli (cf. Mt 16, 19). La vostra visita sottolinea anche il fatto che Cristo affidò l’intero gregge a Pietro, e lo incaricò di confermare i fratelli nella fede (cf. Lc 22, 32) e di custodirli in perfetta unità (cf. Gv 21, 15-17). Queste responsabilità rappresentano il ruolo essenziale di Pietro nella Chiesa. E ognuno di voi è chiamato a compiere in comunione con Pietro e sotto la guida dello Spirito Santo, che avete ricevuto per mezzo dell’imposizione sacramentale delle mani, il vostro ministero di predicazione del Vangelo, amministrazione dei sacramenti e amoroso servizio al popolo di Dio affidato alla vostra cura pastorale.

2. Nella relazione stesa al termine del vostro incontro annuale lo scorso luglio, avete ben espresso il vostro ministero episcopale di amoroso servizio al popolo di Dio in Ghana. Avete scritto: “Noi vescovi cattolici del Ghana rendiamo grazie a Dio onnipotente ed eterno, al Padre di ogni misericordia e nostro Padre per la sua ineffabile bontà verso di noi. Sotto l’ispirazione e la guida del suo Spirito siamo stati in grado di rinnovare umilmente la nostra promessa a lui al suo servizio come suoi profeti di esaminare alcuni problemi per noi importanti sia come abitanti del Ghana, sia come cristiani, alla luce del Vangelo di suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo fatto ciò nella convinzione di essere stati scelti per essere le guide, per amare i nostri fratelli e le nostre sorelle, per intercedere per loro presso l’eterno e amorevole Padre, e per offrire le nostre vite per loro” (Relazione dei vescovi del Ghana, 11 luglio 1987).

Ringraziandovi per il vostro zelo pastorale, vi ringrazio anche per i sentimenti devoti che mi avete espresso per mezzo di tutti i vostri preti, religiosi, seminaristi e laici. Invio i miei più cordiali saluti di grazia e di pace nel nostro Signore Gesù Cristo a tutti coloro che sono affidati alla vostra cura. Memore della gioia e delle speranze, le angosce e le ansietà del popolo di Dio in Ghana, specialmente dei poveri e degli afflitti, e condividendo spiritualmente le preoccupazioni dell’esistenza quotidiana, vi chiederei di comunicare a tutti i fedeli il mio incoraggiamento e il mio sostegno nella preghiera. Nelle parole dell’apostolo Paolo: “Per questo anche noi, fin dal giorno in cui ne fummo informati, non cessiamo di pregare per voi e di implorare da Dio che siate ripieni della conoscenza della sua volontà, con perfetta sapienza e intelligenza spirituale. Voi potrete vivere così in maniera degna del Signore ed essere a lui graditi in tutto. Potrete produrre frutti di ogni opera buona e crescere nella conoscenza di Dio” (Col 1, 9-10).

3. Miei cari fratelli: in qualità di pastori delle nove Chiese locali del Ghana, siete responsabili della cura di tutti i fedeli cattolici del Ghana. Portate con voi oggi la loro fede forte e piena di entusiasmo, arrivata nel vostro paese più di cent’anni fa.

È una gioia per me in quest’occasione ricordare la mia visita pastorale in Ghana nel 1980 per il centenario dell’evangelizzazione del vostro paese. Durante quella visita potei constatare il grande amore che la vostra gente ha per Cristo e la sua Chiesa. Come dissi a voi in occasione della vostra ultima visita “ad limina”: “Davvero, lo scopo della mia visita in Ghana fu di proclamare con voi Gesù Cristo e il suo Vangelo. Ho sperato di dare, con la grazia di Dio, un nuovo impeto di evangelizzazione e di confermarvi nelle vostre missioni di pastori del gregge” (Ioannis Pauli PP. II,  Ai vescovi del Ghana in visita «ad limina Apostolorum», 12 nov. 1981, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV/2 [1981] 614).

La mia presenza in mezzo al vostro clero, ai vostri religiosi, seminaristi e laici mi ha infuso una profonda e duratura speranza per il futuro della Chiesa nel vostro paese. Lodo le molto coraggiose iniziative che prendete continuamente per la proclamazione del Vangelo nella vostra società multireligiosa. Come pastori della Chiesa in Ghana vi siete dedicati, insieme al vostro clero, ai religiosi e ai catechisti laici alla missione evangelizzatrice della Chiesa, annunciando la buona novella di salvezza a tutti coloro che non hanno ancora udito o accettato Cristo. Con grande sollecitudine vi siete dati ai vostri fedeli cattolici e avete portato avanti un dialogo ecumenico con i vari gruppi di cristiani non cattolici. Ugualmente avete portato avanti con i vostri fratelli cattolici un lavoro di promozione umana nel campo medico e dell’educazione.

4. Vi incoraggio nel grande compito dell’evangelizzazione che è “grazia e vocazione propria della Chiesa, la sua più profonda identità” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 14). A questo riguardo sono a voi familiari le parole spesso ripetute da Papa Paolo VI: “Manifestare Cristo e il suo Vangelo a coloro che non lo conoscono è sempre stato, dalla mattina di Pentecoste, il programma fondamentale che la Chiesa ha svolto secondo la volontà del suo fondatore” (Ivi, 51),

In pratica, la vocazione della Chiesa all’evangelizzazione significa soprattutto vivere il Vangelo più profondamente. Nel vostro particolare ambito culturale il messaggio del Vangelo dev’essere diffuso prima di tutto attraverso una testimonianza di esemplare vita cristiana. Una tale testimonianza vissuta ogni giorno è un iniziale atto di evangelizzazione. Aggiungo subito che la testimonianza cristiana attraverso l’esempio personale ha anche bisogno di essere accompagnata dalla proclamazione di Gesù Cristo, che attraverso la sua morte e la sua risurrezione ha conquistato per noi la salvezza. Il chiaro messaggio di salvezza in Cristo come dono gratuito della grazia e misericordia di Dio è il cuore di tutti gli sforzi di evangelizzazione della Chiesa.

Per quanto riguarda la pesante responsabilità di garantire l’“inculturazione” del Vangelo nei costumi e nella vita del popolo del Ghana, permettetemi di richiamare le parole che dissi durante il nostro incontro al Seminario Minore di Kumasi: “Così, con serenità e fiducia e con profonda apertura verso la Chiesa universale, i vescovi devono portare avanti il compito di inculturazione del Vangelo per il bene di ogni popolo, così che Cristo venga comunicato a ogni uomo, donna e bambino. In questo processo le culture stesse devono venir innalzate, trasformate e permeate dal messaggio originale di Cristo della divina verità, senza danneggiare ciò che in esse è di nobile. Quindi le degne tradizioni africane devono venir conservate. Anzi, in accordo con la piena verità del Vangelo e in armonia con il magistero della Chiesa, le vive e dinamiche tradizioni cristiane dell’Africa devono venir consolidate (Ioannis Pauli PP. II, Ai vescovi del Ghana, 9 maggio 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980] 1266).

5. Miei cari fratelli: nel vostro impegno a utilizzare i mezzi più appropriati per proclamare il Vangelo nel vostro ambiente culturale multi-religioso, desidero mettere in rilievo il profondo rispetto della Chiesa per i non cristiani. Poiché “essi sono l’espressione vivente dell’anima di un vasto gruppo di gente. Queste persone portano dentro di sé l’eco di migliaia di anni di ricerca di Dio, una ricerca che è incompleta ma spesso compiuta con grande sincerità e onestà di cuore” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 53). Inoltre, poiché il piano di salvezza comprende tutti coloro che riconoscono il Creatore, tra cristiani e non cristiani esiste una base per un dialogo fraterno e uno scambio armonioso. Vi incoraggio “a riaffermare l’impegno della Chiesa cattolica al dialogo e alla proclamazione del Vangelo”. Non può essere questione di scegliere uno e ignorare o rifiutare l’altro. Anche nelle situazioni in cui la proclamazione della fede sia difficile, bisogna avere il coraggio di parlare di Dio, sul quale si fonda questa fede, delle ragioni della nostra speranza e della sorgente del nostro amore” (Ioannis Pauli PP. II, Al Segretariato per i non cristiani, 28 apr. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X/1 [1987] 1450).

6. Non posso in quest’occasione non menzionare l’importante contributo che i vostri fratelli preti, sia diocesani che religiosi, con l’aiuto di missionari stranieri o del Ghana, stanno facendo per l’evangelizzazione e lo sviluppo sociale del vostro paese. Essi sono strettamente uniti a voi nella proclamazione della parola di Dio e nel guidare l’assemblea dei fedeli per la celebrazione dei Sacramenti. È attraverso la loro obbedienza a voi in tutti gli aspetti del loro ministero sacerdotale che le loro vite di servizio possono dare frutto e far crescere il popolo di Dio in unità.

Ho appreso con piacere che il numero dei preti diocesani continua a crescere ogni anno. Questa è veramente una benedizione per la Chiesa del Ghana. È l’attenzione amorevole che voi stessi prestate a ognuno dei vostri seminaristi e ai loro programmi di formazione sacerdotale nei vostri seminari minori locali a Pedu e Tamale, che assicurerà una solida educazione spirituale, accademica e pastorale dei vostri futuri preti. Desidero assicurarvi della mia solidarietà in questo sforzo, e ognuno di voi possa con impegno attivo e amoroso essere un vero padre in Cristo per ognuno dei vostri seminaristi (cf. Optatam Totius, 5).

Degno di nota è anche l’importante contributo che i membri degli Istituti di vita consacrata stanno facendo per un lavoro completo di evangelizzazione nel vostro paese, specialmente nei campi della sanità e dell’insegnamento. La loro testimonianza pubblica dei consigli evangelici di carità, povertà e obbedienza e il loro esempio di vita comunitaria dà la possibilità al Vangelo di essere meglio conosciuto e accettato. In quest’occasione rendo grazie a Dio Onnipotente per tutti quei religiosi e quelle religiose che lavorano come missionari da molti anni, nonostante grosse difficoltà per stabilire la Chiesa in Ghana. Lodo anche tutti quei religiosi che in questo tempo stanno dedicando la loro vita in vari apostolati di servizio cristiano.

7. Miei cari fratelli: riflettendo sulla vita sacramentale della Chiesa in Ghana voglio focalizzare la mia attenzione in particolare sul sacramento cristiano del matrimonio. Leggiamo nei documenti del Concilio Vaticano II che il matrimonio è “un reciproco dono di due persone”, e che “questa unione intima, come anche il bene dei figli, impone una totale fedeltà tra gli sposi e sostiene una indissolubile unità tra loro” (Gaudium et Spes, 48). Quindi è necessario insistere che la comunione coniugale del matrimonio sia caratterizzata da quest’unità e anche da questa indissolubilità.

La Chiesa insegna chiaramente che la comunione di amore costituita dal matrimonio è contraddetta dalla poligamia. Con grande amore pastorale spieghiamo ai fedeli che la pratica della poligamia “nega direttamente il piano di Dio che fu rivelato dall’inizio, perché è contrario all’uguale dignità personale dell’uomo e della donna che nel matrimonio danno se stessi con un amore che è totale e quindi unico ed esclusivo” (Ioannis Pauli PP. II, Familiaris Consortio, 19). L’amore del marito e della moglie nella comunione coniugale del matrimonio è una condivisione nel mistero della vita dell’amore di Dio stesso. Cosciente di ciò la Chiesa si dedica alla speciale missione di protezione della santità e dignità del matrimonio in ogni luogo.

Colgo quest’occasione per esprimere la mia solidarietà con la popolazione del Ghana nelle sue aspirazioni di pace, giustizia, armonia e progresso sociale. La Chiesa è sempre aperta al dialogo con le autorità civili, proprio perché desidera il vero benessere di tutto il popolo del Ghana.

Cari fratelli: prego perché queste riflessioni da me proposte per la vostra visita “ad limina” servano a rinnovarvi nella fede, a rafforzarvi nella speranza e a confermarvi nell’amore di Dio e dell’umanità.

Raccomandandovi a Maria, Regina degli apostoli, e nell’amore di Gesù suo Figlio, imparto la mia benedizione apostolica a voi, a tutto il clero, religiosi e fedeli della Chiesa in Ghana.

 

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