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VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI D’AMERICA E IN CANADA

 DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA VISITA ALLA CATTEDRALE
DEI SS. SIMONE E GIUDA

Cattedrale dei Santi Simone e Giuda (Phoenix)
Lunedì, 14 settembre 1987

 

Caro vescovo O’Brien,
cari fratelli e sorelle in Cristo
.

1. È una gioia per me venire nella cattedrale dei Santi Simone e Giuda, ed essere con voi che costituite questa Chiesa locale di Phoenix. Questa casa di preghiera e di adorazione, questa madre Chiesa della diocesi, prende il nome da due dei dodici apostoli, due uomini dalla fede coraggiosa che ricevettero personalmente dal nostro Signore risorto il mandato di predicare il Vangelo fino ai confini della terra. Gesù disse ad essi e agli altri Dodici: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 19-20).

Simone e Giuda risposero spontaneamente a questa chiamata e trascorsero il resto della loro vita cercando di “rendere loro libera e sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo” (Ad Gentes, 5).

La Chiesa, fondata com’è sugli apostoli e i profeti (cf. Ef 2, 20), ha ereditato la stessa missione che Gesù ha affidato per la prima volta ai Dodici. La Chiesa è per la sua stessa natura missionaria, “in quanto essa trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre” (Ad Gentes, 2). Essa ha l’onore, il privilegio e anche il dovere di portare la buona novella di salvezza a tutte le nazioni, ad ogni persona. Come hanno affermato nel novembre scorso i vescovi degli Stati Uniti nel loro Documento pastorale sulla missione nel mondo (To the Ends of the Earth, 2): “Siamo fedeli alla natura della Chiesa nella misura in cui amiamo e promoviamo sinceramente la sua attività missionaria”.

2. La Chiesa di Phoenix, come ogni altra Chiesa locale del mondo, è frutto dell’evangelizzazione. Il Vangelo fu introdotto per la prima volta in Arizona trecento anni fa dal famoso missionario gesuita padre Eusebio Kino, conosciuto anche come l’“Apostolo di Sonora e Arizona”. Con un grande sacrificio personale, padre Kino lavorò infaticabilmente per fondare delle missioni in tutta la zona, affinché la buona novella riguardante nostro Signore Gesù Cristo potesse radicarsi tra la gente che viveva in questi luoghi.

E il Vangelo mise le sue radici e molti altri missionari vennero dopo padre Kino a proseguire lo sforzo di evangelizzazione. Il più zelante fra questi fu forse il francescano Francisco Garces. Con un particolare amore per gli indiani, cercò di presentare loro il Vangelo in modo da adattarlo alla loro cultura, e al tempo stesso li esortò a vivere fra loro nell’armonia e nella pace. La sua vita fu modellata così fedelmente su quella di Nostro Signore, che egli concluse la sua attività in questo luogo versando il proprio sangue per il Vangelo.

Gli sforzi missionari continuarono nel corso degli anni e la Chiesa si stabilì saldamente in Arizona. L’abbondante frutto di tale evangelizzazione appare oggi evidente in questa diocesi di Phoenix in espansione e nelle crescenti diocesi della zona circostante. In verità il Vangelo ha posto qui solide radici e ha portato frutto in abbondanza

3. E tuttavia l’opera di evangelizzazione non è terminata. Sulla terra essa non avrà mai fine. In verità molto resta da fare. Non dimentichiamo le parole del Concilio Vaticano II, il quale affermò che “l’attività missionaria . . . è il dovere più alto e più sacro della Chiesa” (Ad Gentes, 29). Il dovere di portare avanti quest’opera spetta alla Chiesa intera e su ogni membro di essa.

La Chiesa, alla fine del ventesimo secolo, necessita di molti altri missionari con lo zelo di padre Kino e padre Garces, persone dalla fede eroica come sant’Isacco Jogues, san Giovanni Neumann e santa Francesca Cabrini, desiderosi di lasciare la propria terra per portare il messaggio di salvezza ai popoli di altre terre, specialmente a coloro che non hanno mai ascoltato la parola di Dio.

Chi verrà incontro a queste esigenze? Il messaggio del Vangelo non è ancora giunto a due terzi della popolazione mondiale. Chi risponderà alla chiamata missionaria di Dio alla fine del ventesimo secolo? Gesù dice: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me” (Mt 10, 37). Dobbiamo essere degni di Cristo.

Non tutti siamo chiamati a lasciare la nostra patria e i nostri cari per questa missione, ma tutti siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità, a fare la nostra parte. Come hanno affermato giustamente i vescovi americani: “Il grande compito affidato da Gesù ai primi discepoli è ora rivolto a noi . . . Questa missione verso i popoli di tutte le nazioni deve coinvolgere personalmente ognuno di noi nelle nostre parrocchie e ai livelli ecclesiali diocesani e universali” (To the Ends of the Earth, 3).

I missionari nei Paesi stranieri meritano il nostro sostegno attraverso la preghiera e l’aiuto concreto. I cattolici americani sono stati in passato particolarmente generosi, di una generosità e di un interesse che rivelano il vostro autentico spirito missionario. La pratica del “gemellaggio” fra parrocchie e diocesi americane e quelle dell’Africa e dell’Asia ha recato grande beneficio. Vi lodo con gratitudine, e nel nome della Chiesa universale vi domando ancora aiuto e preghiera. Grande assistenza è stata data alle missioni da società missionarie di aiuto come la Società per la propagazione della fede e l’Associazione della santa infanzia. Neppure potremo mai dimenticare la generosa opera missionaria che è stata portata avanti per decenni da istituti religiosi e società missionarie degli Stati Uniti, e anche dai generosi sacerdoti della “Fidei Donum” e da missionari laici. La ricompensa di coloro che hanno sacrificato tutto per la diffusione del Vangelo sarà grande in cielo.

4. Cari fratelli e sorelle; la Lettera agli Ebrei ci dice che Dio Padre ritenne opportuno rendere Cristo, nostra guida nell’opera di salvezza, “perfetto mediante la sofferenza” (Eb 2, 10). Allo stesso modo condusse gli apostoli Simone e Giuda attraverso la sofferenza del martirio alla perfezione eterna. In ogni epoca della Chiesa Dio rende i suoi eletti “perfetti attraverso la sofferenza”, portandoli alla pienezza della vita e della felicità rendendoli partecipi sulla terra della croce di Cristo.

È facile comprendere come il progetto che Dio ha per noi passi attraverso il cammino della santa croce, poiché accadde lo stesso per Gesù e i suoi apostoli fratelli e sorelle: non siate mai sorpresi di dovervi trovare a passare all’ombra della croce. La vita cristiana trova il suo pieno significato nell’amore ma l’amore non esiste per noi senza sforzo, disciplina e sacrificio in ogni aspetto della vita. Siamo disposti a dare nella misura in cui amiamo e quando l’amore è perfetto il sacrificio è completo. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, e il Figlio ci ha tanto amato da dare la sua vita per la nostra salvezza.

In questo giorno in cui i cattolici di tutto il mondo celebrano l’Esaltazione della croce, la Chiesa ci invita a riflettere ancora una volta sul significato del nostro essere discepoli di Cristo, a comprendere il sacrificio che implica e a riporre ogni nostra speranza nel nostro Salvatore crocifisso e risorto.

O trionfante croce di Cristo,
ispiraci a continuare
il compito di evangelizzazione!
O gloriosa croce di Cristo,
dacci la forza di proclamare
e di vivere il Vangelo della salvezza!
O vittoriosa croce di Cristo,
nostra unica speranza,
guidaci alla gioia
e alla pace della risurrezione
e della vita eterna!
Amen
.

 

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