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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA
DELLA CONGREGAZIONE PER I RELIGIOSI E GLI ISTITUTI SECOLARI

Giovedì, 1° dicembre 1988

 

Signori Cardinali,
venerati fratelli nell’episcopato,
reverendissimi superiori generali.

1.  tutti voi, un cordiale saluto. Vi ringrazio per la vostra visita, in occasione della vostra congregazione plenaria, nella quale state trattando della “formazione negli istituti religiosi”.

Ringrazio il Cardinale Girolamo Hamer per le parole di introduzione a questo incontro. Mi compiaccio per la scelta del tema della vostra plenaria che è molto importante. È necessario infatti sottolineare come la formazione del religioso deve mirare in modo speciale alla sapienza del cuore, a quella sapienza dono dello Spirito, che lo rende veramente intimo del Signore e profondo conoscitore della sua volontà. Questa sapienza contribuisce molto più alla salvezza del mondo che non il moltiplicarsi di attività esteriori non animate da tale spirito soprannaturale.

Lo sguardo di molti nostri contemporanei è rivolto - e giustamente - alle tristi condizioni di vita di tanti esseri umani che mancano del minimo necessario alla vita, e quindi agli interventi urgenti e necessari postulati dalla giustizia e dalla dignità dell’uomo. Ora, senza negare l’opportunità e la necessità di situazioni particolarmente gravi, dell’impegno dei religiosi in questo vasto campo della solidarietà umana, occorre tener presente che la caratteristica propria della missione della persona consacrata è quella - come dice il Concilio - di manifestare “a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo mondo, di meglio testimoniare la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, di meglio preannunziare la futura risurrezione e la gloria del Regno celeste” (cf. Lumen Gentium, 44).

2. È noto a tutti voi quanto il ruolo dei superiori religiosi sia importante e insostituibile, specialmente dei superiori maggiori, nella formazione dei membri dei loro istituti.

Sono essi infatti ad ammettere i candidati ed a scegliere i formatori qualificati. Essi sono tenuti pure a promuovere la redazione del programma di formazione “ratio institutionis” e del piano di studi “ratio studiorum” a norma del diritto. Ricevono la professione religiosa dei novizi e dei professi; procurano ai professi perpetui “i mezzi e i tempi necessari” (Codex Iuris Canonici, can. 661) perché “proseguano con cura la loro formazione spirituale, dottrinale e pratica” (Codex Iuris Canonici, can. 661). L’enumerazione di questi compiti mi sembra di per se stessa abbastanza eloquente per dispensarmi dall’insistere oltre su questi importanti aspetti.

3. Da ciò risulta evidente che il compito del formatore - e in primo luogo del superiore - necessita di una preparazione adeguata.

Più che sulla qualificazione tecnica o professionale occorre puntare - e lo sapete - sui valori spirituali. Soltanto coloro che sono illuminati e saggi infatti possono formare i saggi. L’incarico del formatore presuppone, inoltre, delle attitudini umane non comuni, e un insieme di qualità spirituali che mettono in grado di “costruire in Cristo una comunità fraterna, nella quale si cerchi Dio e lo si ami sopra ogni cosa” (Codex Iuris Canonici, can. 619).

È importante, inoltre, curare attentamente la scelta e la preparazione dei formatori. La missione che devono esercitare infatti è particolarmente delicata. Esige rispetto per le persone, attenzione, fermezza e una comprensione illuminata.

Il vostro dicastero ha già offerto a questo proposito degli orientamenti precisi con il documento sulla dimensione contemplativa della vita religiosa. Mi auguro che essi siano oggetto di riflessione da parte dei superiori degli istituti, perché ne possano trarre utilità per il loro compito.

4. Nel ciclo di formazione alla vita religiosa, gli inizi meritano un’attenzione particolare. Anzitutto perché vi siano ammessi soltanto quei candidati che possiedono le qualità richieste per trarne un pieno profitto. Vista la situazione dei giovani di oggi e le lacune che non di rado si riscontrano nelle istituzioni familiari e scolastiche, non è sempre facile trovare riunite tutte le qualità richieste. Possono essere accolti in noviziato, pertanto, quei giovani che abbiano dato prova di una certa maturità dal punto di vista delle conoscenze religiose, della pratica sacramentale e del comportamento etico.

I superiori degli istituti non mancheranno di provvedere anche ad una buona organizzazione della formazione continua dei loro religiosi. Desidero pertanto ripetere qui quanto già ho detto ai religiosi del Brasile: “Tutti gli istituti religiosi hanno il dovere di programmare e realizzare un piano adeguato di formazione permanente per tutti i loro membri. Un programma che non tenda soltanto alla formazione dell’intelletto, ma di tutta la persona, principalmente nella sua dimensione spirituale, affinché ogni religioso e ogni religiosa possano vivere in pienezza la propria consacrazione, nella missione specifica loro affidata dalla Chiesa” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2, [1986], 251).

5. Non posso dimenticare, inoltre, la formazione dei religiosi votati alla contemplazione. La loro fecondità spirituale e apostolica all’interno della Chiesa è grande, proporzionata alla radicalità del dono totale di sé al Signore. Ma perché questa fecondità possa essere compresa e vissuta da ciascuno di essi, è necessaria una formazione appropriata che sia nello stesso tempo dottrinale, liturgica e ascetica, senza parlare dell’equilibrio umano, soprattutto psicologico, richiesto dalla stabilità della loro vita, dalla loro separazione permanente dal mondo esterno e dai tempi prolungati che devono dedicare all’orazione e allo studio.

Accenno infine, alla fondazione di nuovi istituti e alla formazione impartita ai loro candidati. Il vostro dicastero, in collaborazione con la congregazione per i Vescovi, ha pubblicato un documento significativo, il quale ha già portato molti frutti ed è chiamato ad esercitare un’influenza duratura nei mutui rapporti tra Vescovi e religiosi, in una Chiesa considerata come “comunione organica” (Mutuae Relationes, 5).

Questo documento fornisce, per la fondazione di nuovi istituti, dei criteri sicuri e delle direttive utili, richiamando in qualche modo le prescrizioni dei decreti Perfectae Caritatis (n. 19) e Ad Gentes (n. 18), che assicurano a ogni fondazione la base solida di un carisma autentico e specifico.

Insisto pertanto presso i fondatori e i pastori responsabili “di prendere cura dei carismi religiosi, tanto più che la indivisibilità stessa del ministero pastorale li rende responsabili della perfezione di tutto il gregge” (Mutuae Relationes, 9 c), facendo ricorso a questi criteri e a queste direttive.

La missione della vita religiosa nella Chiesa dipende molto da questo.

Affido questi pensieri e questi voti alla Vergine Maria, “la prima fra tutte le persone consacrate a Dio” (Redemptionis Donum, 17), mentre invito i religiosi e le religiose a ravvivare la grazia della loro “consacrazione religiosa secondo il modello della consacrazione della Madre di Dio” (Redemptionis Donum, 17).

A tutti la mia speciale benedizione, che ora vi imparto di cuore.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana

 



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