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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL SUDAN IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 13 febbraio 1988

 

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.

1. Sono lieto di accogliervi, membri della Conferenza episcopale del Sudan, nell’occasione della vostra visita “ad limina”. Siamo oggi qui riuniti nella comunione dello Spirito Santo e nella carità di Cristo che per sempre resta la pietra angolare (cf. Ef 2, 20) e pastore delle nostre anime (cf. 1 Pt 2, 25). Il nostro incontro è un momento speciale di comunione ecclesiale e ci dà l’opportunità di rafforzare i legami di unità, carità e pace che ci uniscono nel Collegio dei Vescovi (Lumen Gentium, 22).

Ognuno di voi rappresenta una Chiesa particolare nel Sudan e porta le speranze, le gioie, le sofferenze e le difficoltà dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici affidati alla vostra cura pastorale. Voi siete anche testimoni delle sofferenze delle vostre popolazioni. In quanto “ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1), voi siete particolarmente preoccupati per le gravi conseguenze della distruzione dei valori morali provocata da situazioni di insicurezza e dalla mancanza di possibilità di educazione e sviluppo. Tra le manifestazioni di questa crisi ci sono la distruzione dei legami familiari, la perdita del senso del valore e della dignità della vita umana, la crescita - in altre parole - della mentalità violenta, e lo spettacolo della gioventù disorientata e confusa. Questa difficile situazione interpella la vostra responsabilità pastorale e richiede una risposta dalla Chiesa intera.

Desidero incoraggiare la comunità ecclesiale del Sudan ad essere unita nell’affrontare le sfide del presente, per portare una reale testimonianza della presenza del Regno di Dio in mezzo al suo popolo. Nel nostro incontro di oggi è mio profondo desiderio confermarvi nella speranza viva alla quale siete stati rigenerati mediante la risurrezione di Gesù Cristo (cf. 1 Pt 1, 3). Come dissi nell’ultima vostra visita “ad limina”: “Il mio è un messaggio di speranza motivata dall’amore . . . Attraverso di voi e attraverso tutto il vostro popolo, uniti in comunità dalla parola e dai sacramenti, il Signore Gesù desidera mantenere viva l’invincibile speranza del suo Vangelo. In questo particolare momento storico, tutti voi siete chiamati a guidare il vostro popolo, a condurli a riporre la loro speranza nel misericordioso salvatore del mondo, il redentore dell’uomo” (“Allocutio ad Sudaniae Episcopos occasione oblata “ad limina” visitationis coram admissos”, 6, die 30 oct. 1981: AAS 73 [1981] 725 s).

2. Sono pienamente consapevole delle coraggiose iniziative da voi prese per proclamare il Vangelo fronteggiando gravi difficoltà. Avete organizzato la vostra attività pastorale in due direzioni fondamentali. Da una parte, insieme con i sacerdoti, i religiosi e i catechisti, vi siete dedicati al compito grande di annunciare la buona novella della salvezza ai molti che non hanno conosciuto o accettato Cristo. Dall’altra parte, con grande sollecitudine vi siete dedicati ai vostri fedeli cattolici, sostenendoli con la parola e i sacramenti, svolgendo in mezzo a loro il compito del Buon Pastore.

Colgo questa opportunità per incoraggiare i vostri sforzi nel lavoro di evangelizzazione, che è “la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua più profonda identità” (Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 14). Nel vostro specifico contesto culturale il messaggio evangelico deve essere diffuso soprattutto attraverso la testimonianza di un’esemplare vita cristiana. Una tale testimonianza di dedizione è già un atto di evangelizzazione.

3. So che come Vescovi voi apprezzate grandemente l’inestimabile contributo che danno i vostri fratelli sacerdoti, diocesani e religiosi, sudanesi e missionari, all’evangelizzazione e allo sviluppo sociale del vostro Paese. Il loro magnifico lavoro pastorale, l’impegno caritativo, a costo di grandi sacrifici personali e a fronte di molti ostacoli sono una parte fondamentale del servizio della Chiesa al Popolo di Dio del Sudan. Un aspetto essenziale del vostro compito apostolico consiste nel confermare i vostri fratelli sacerdoti nella loro identità di ministri della parola e dei sacramenti. Cercate di aiutarli con la vostra comprensione e compassione. È importante che voi e i vostri sacerdoti siate strettamente uniti e che i presbiteri di ogni Chiesa locale siano uniti al Vescovo con un cuor solo e un’anima sola. Così la profonda natura di comunione di fede e carità della Chiesa si dimostra più apertamente.

Ho notato con soddisfazione che, nonostante le difficoltà, le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa sono in aumento in Sudan. Desidero assicurarvi la mia preghiera come sostegno a tutti i vostri sforzi per la scelta dei candidati meritevoli al ministero sacerdotale. Di più, condivido con voi la convinzione importante che i vostri seminaristi debbano ricevere un’adeguata preparazione spirituale, accademica e pastorale per il loro futuro servizio di sacerdoti di Gesù Cristo. Siate sempre veri padri in Cristo per i vostri seminaristi.

La presenza della Chiesa e il suo coinvolgimento nelle diverse sfere della sanità, del benessere sociale e dell’educazione dipende largamente dai membri degli istituti di vita consacrata che lavorano nel vostro Paese. Volentieri mi unisco a voi nel ringraziare Dio onnipotente per tutti i religiosi e le religiose che attraverso il loro lavoro instancabile al servizio del Vangelo nei diversi ambiti dello sviluppo umano hanno reso possibile alle vostre Chiese locali di esercitare un’influenza molto superiore al vostro numero limitato.

4. Nelle vostre Chiese locali i catechisti laici svolgono un ruolo fondamentale nell’educazione alla fede di bambini e adulti. La catechesi è uno dei momenti essenziali dell’intero processo di evangelizzazione, soprattutto quando implica l’insegnamento della dottrina cristiana in un modo organico e sistematico, con lo scopo di introdurre gli ascoltatori alla pienezza della vita cristiana (cf. Catechesi Tradendae, 18).

Oltre alla formazione religiosa dei fedeli, vi esorto a dirigere la vostra attenzione alla creazione e promozione di programmi educativi permanenti, in particolare per preparare i laici ai vari ruoli di servizio e guida nelle comunità civili ed ecclesiali. Questa formazione completa è importante soprattutto per quei cattolici che hanno delle responsabilità nella vita pubblica. Questi uomini e queste donne vanno davvero incoraggiati e sostenuti nel loro servizio al bene comune dei concittadini.

5. Voi e quanti sono affidati alla vostra cura pastorale siete chiamati a portare il peso della testimonianza quotidiana a Cristo in una società pluralista sul piano delle religioni. In questa realtà, è vostro compito riaffermare l’impegno della Chiesa cattolica al dialogo e alla proclamazione del Vangelo. Come ho sottolineato in una precedente occasione: “Non si può porre la questione di scegliere uno e ignorare o respingere l’altro. Anche in situazioni in cui la proclamazione della nostra fede sia difficile, noi dobbiamo avere il coraggio di parlare di Dio, che è il fondamento della nostra fede, la ragione della nostra speranza, e la fonte della nostra carita” (Eiusdem “Allocutio ad eos qui plenario coetui Secretariatus pro non Christianis interfuerunt coram admissos”, 3, die 28 apr. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 1 [1987] 1450).

La Chiesa ha un profondo rispetto per tutti i non-cristiani, poiché ritiene che il disegno della salvezza comprende tutti coloro che riconoscono il Creatore. Esiste perciò una base solida per il dialogo e la coesistenza pacifica con i musulmani. È insegnamento specifico del Concilio Vaticano II che cristiani e musulmani devono “esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà” (Nostra Aetate, 3). Da parte nostra, dialogo significa disponibilità a collaborare con gli altri per il miglioramento dell’umanità, e impegno a ricercare insieme la pace vera e la giustizia.

A questo riguardo, il diritto alla libertà religiosa è una questione su cui i seguaci di tutte le tradizioni religiose dovrebbero collaborare, dal momento che la libertà religiosa è misura di tutti gli altri diritti fondamentali, perché tocca la sfera più intima dello spirito umano. Nessun individuo o gruppo, nemmeno lo Stato può imporre la sua autorità nella sfera delle convinzioni religiose. Dove lo Stato garantisce uno speciale status a una particolare religione, espressione della fede di una maggioranza di cittadini, esso tuttavia non può imporre quella religione a tutto il suo popolo o restringere la libertà religiosa di altri cittadini o di stranieri che vivono nel suo territorio. Come ho scritto nel messaggio di quest’anno per la Giornata mondiale della pace: “In nessun caso l’organizzazione statale può sostituirsi alla coscienza dei cittadini nel sottrarre spazi vitali o prendere il posto delle loro associazioni religiose. Il retto ordine sociale esige che tutti - singolarmente e comunitariamente - possano professare la propria convinzione religiosa nel rispetto degli altri” (“Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a. D. 1988”, par I, die 8 dec. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 [1987] 1334 s).

6. Non posso mancare di far menzione della mia preoccupazione per il conflitto armato che si svolge nel Sudan meridionale e nel Kordofan del Sud, segnato dalla perdita di vite umane, seri danni ai civili, distruzione di proprietà e diffusa carestia. In più, i continui combattimenti hanno reso quasi impossibili i tentativi di portare soccorsi. Prego che venga presto trovata una soluzione negoziata alle ostilità, nel rispetto delle giuste aspirazioni dei popoli coinvolti. Con il bene del popolo sudanese nel cuore, rivolgo un appello a tutte le parti affinché perseguano la strada di una composizione negoziata.

Desidero esprimere anche la mia preoccupazione per le centinaia di migliaia di rifugiati e trasferiti che vivono ammassati nelle principali città del Sud e del Nord. Mentre vi esorto a continuare i vostri sforzi per portare soccorso a queste popolazioni povere e senza patria, rinnovo la speranza espressa alla presentazione delle lettere credenziali dell’Ambasciatore del Sudan che “la comunità internazionale risponda all’appello del Sudan per l’assistenza umanitaria di fronte a questo difficile problema” (“Allocutio ad exc. mum virum Awad Elkarim Fadulall Sudaniae apud Sanctam Sedem constitutum Legatum”, die 7 ian. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] p. 49 ss.). L’intera questione evidenzia la grave contraddizione in cui versa la comunità internazionale, dove è talvolta difficile o impossibile organizzare o distribuire beni alimentari fondamentali di emergenza e mettere in atto programmi educativi e sanitari che sarebbero una parte fondamentale degli aiuti, mentre invece il commercio e il trasporto delle armi non conosce frontiere e continua senza limitazioni.

7. Vi ringrazio tutti, amatissimi fratelli, per la vostra generosa dedizione di pastori al gregge affidato alle vostre cure. Nelle vostre fatiche di tutti i giorni io vi sono vicino nell’amore di Gesù Cristo. Interceda per voi la beata Vergine Maria, cui recentemente avete consacrato il Sudan, e vi conforti nelle vostre fatiche pastorali. Recentemente avete avuto la gioia di consacrare la vostra patria alla beata Vergine Maria. Con questo solenne atto di amore e dedizione filiale, avete seguito l’esempio di Cristo che, morendo sulla croce, affidò il discepolo prediletto alle cure della sua beata Madre. “Donna, ecco tuo figlio!”, Cristo le disse. E anche voi avete detto: “Maria, ecco i tuoi figli e le tue figlie del Sudan; ecco che tutti si rifugiano in te”. E davvero potete essere certi che la Vergine Maria ascolta questa preghiera. Perché ella sempre vede la Chiesa come il Corpo mistico di suo Figlio. Ella dà prova di tenera sollecitudine di madre verso il bisognoso e il debole, verso coloro che sono i prediletti da suo Figlio.

Nel nome di Gesù Cristo, pace a voi e a tutti i vostri sacerdoti, religiosi e fedeli. Con la mia apostolica benedizione.

 

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