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VISITA PASTORALE A MESSINA E A REGGIO CALABRIA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I GIOVANI DELL
’ISTITUTO «CRISTO RE» DEI ROGAZIONISTI

Messina - Sabato, 11 giugno 1988

 

Carissimi giovani!

1. Sono lieto di incontrarmi con voi a conclusione di una giornata di festa per questa vostra Chiesa di Messina e per tutta la Chiesa cattolica. È la festa della santità, cioè delle meraviglie di grazia che Dio compie nel cuore dei suoi figli e che sono epifania del suo amore.

Nel nome di Dio vi saluto e vi ringrazio per questa vostra dimostrazione di affetto. Sui vostri volti risplende la giovinezza di questa stupenda isola. Voi siete la speranza delle vostre famiglie e dell’umanità. Siete voi il futuro della Chiesa!

Vi porto il saluto di milioni di altri giovani, che in Italia e nel mondo rendono testimonianza a Cristo, “Redentore dell’uomo e centro del cosmo e della storia” (Redemptor Hominis, 1). Abbiate fiducia in lui! Egli è il risorto, il vivente nei secoli dei secoli, che ripete anche a voi ciò che disse un giorno agli apostoli titubanti: “Abbiate fiducia! Io ho vinto il mondo” (Gv 16, 33).

2. L’essere cittadini di Messina costituisce per ciascuno di voi un impegno. Chi non sa che la vostra città, “porta della Sicilia”, è ad un tempo un balcone affacciato sul continente e un naturale crocevia fra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud? Non v’è in questo una sorta di vocazione particolare? Voi siete chiamati ad essere uomini e donne del dialogo: dialogo religioso tra Oriente e Occidente cristiano; dialogo culturale tra il mondo europeo e quello dell’Africa e del vicino Oriente; dialogo sociale tra Sud e Nord per la crescita economica delle zone meridionali.

Questa sera voglio volgere insieme con voi il mio sguardo al futuro: quel futuro che è già cominciato in voi. Gravi ed urgenti problemi si addensano all’orizzonte. È certo tuttavia che se voi riuscirete a mettere insieme le vostre energie di mente, di cuore e di braccia, troverete soluzioni originali, capaci di accelerare il processo di adeguamento della società alle esigenze poste dai suoi antichi e nuovi bisogni.

Giustamente voi attendete l’apporto dei pubblici poteri per affrontare efficacemente difficoltà tanto grandi. Anch’io mi unisco a voi nel sollecitare gli opportuni interventi. Dico tuttavia che l’impegno personale di ciascuno resta indispensabile. Se voi saprete rendervi solidali con i più poveri, generosi nell’assumervi le vostre responsabilità, creativi nell’inventare strutture idonee per far fronte ai problemi emergenti, voi vedrete sorgere dalle vostre mani quel mondo nuovo, saldamente fondato sulla giustizia e sulla solidarietà, che costituisce l’aspirazione più profonda del vostro cuore.

3. Voglio, tuttavia, ricordarvi che soltanto la fede può dare pieno significato a un simile impegno. Solo alla luce della fede si può, infatti, scoprire l’“immagine di Dio” che risplende in ogni essere umano e ne fonda la trascendente dignità. Ravvivate dunque la vostra fede. Non accontentatevi di una conoscenza superficiale di Cristo. Approfondite il rapporto di fede e di amore con lui, avvalendovi anche delle molteplici iniziative programmate dalla diocesi nell’ambito della pastorale giovanile. Non vivete da isolati il cammino di amicizia con Cristo, ma condividetelo con gli altri giovani, attratti dai vostri stessi ideali.

In particolare vorrei darvi tre indicazioni per il vostro sforzo di maturazione personale e comunitaria.

a) La prima riguarda l’impegno di una seria catechesi: solo nella catechesi, intesa come riflessione approfondita sulla propria fede, è possibile operare una sintesi organica tra ciò che si crede e ciò che si vive. La fede arriva così a gettare un raggio di luce sulla problematicità spesso drammatica dell’esistenza, dando la necessaria risposta alla “domanda di senso” che sale dal cuore di ogni essere umano.

b) La seconda indicazione concerne la carità: nel mondo secolarizzato, in cui viviamo, la sola forza capace di vincere tutte le resistenze è la carità. Certo, l’annuncio di Cristo rimane sempre prioritario ed urgente. Ma parole e riti religiosi restano privi di presa sulle coscienze, se manca loro l’avallo dell’impegno fattivo per gli altri. Volontariato, strutture di accoglienza per chi è nel bisogno, iniziative di solidarietà per il terzo mondo, servizi sociali per situazioni di emergenza ecc. sono le forme concrete che l’impegno di carità può, a volta a volta, assumere. Una fede che restasse inoperante si squalificherebbe da sola.

c) La terza indicazione è la liturgia: la vita cristiana nasce, si sviluppa e giunge a piena maturazione grazie all’apporto dei sacramenti e della preghiera della Chiesa. La celebrazione dei divini misteri crea uno spazio spirituale, in cui il credente può fare un’esperienza unica della presenza di Cristo, ed attingere da lui la generosità di un impegno ogni giorno rinnovato. Avviene così che la sollecitudine della carità si salda con l’esperienza di Dio vissuta nella liturgia quasi in un moto pendolare, che sospinge dal cuore del mondo all’altare e viceversa: ci si immerge nei problemi del mondo con la forza di carità attinta da Cristo nella liturgia; e si ritorna a celebrare l’Eucaristia portando all’altare i problemi e le ansie, le gioie e i dolori dei fratelli incontrati lungo le strade del mondo.

4. Carissimi giovani, vi accompagni nella vostra testimonianza cristiana la Vergine santissima, la vostra “Madonna della Lettera”. Guardate a lei e cercate di essere voi la sua “lettera” in mezzo ai vostri coetanei. Dall’alto della stele che i vostri padri hanno innalzato nel porto, ella, quasi mamma che accoglie e benedice, conosce la vostra gioia di vivere e vi mostra ancora una volta Gesù.

Fate della vostra giovinezza, insieme con Maria, un cantico di lode a Dio che non si stanca di compiere meraviglie, un servizio di amore sul fronte del rispetto alla vita, della promozione della giustizia e della pace.

Maria, la Madre della Chiesa, vi benedice. Ed io con lei.


A sera inoltrata al termine dell’incontro con i giovani della Diocesi di Messina nell’Istituto “Cristo Re” il Santo Padre si rivolge nuovamente ai presenti con queste parole.  

Prima della benedizione conclusiva voglio aggiungere qualche parola. Questa parola corrisponde al nostro incontro di oggi al quale partecipano i giovani, i Vescovi, soprattutto il vostro Arcivescovo di Messina ed il Papa venuto da Roma.

Per l’occasione avete preparato un programma. Questo programma è, sì, artistico, ma prima di essere artistico è un programma di presenza: siete venuti, siete venuti per essere insieme. Questo essere insieme è già una vostra “parola”. Devo dirvi che incontrando i giovani cerco sempre soprattutto di ascoltarli, di ascoltare soprattutto la loro presenza. Sono, ci sono, sono venuti, sono presenti, cantano, danzano. Tutto questo ci parla di loro. Bisogna capire questa “parola” che è propria della loro età, della loro giovinezza; occorre capire questa parola e bisogna cercare una risposta giusta a questa parola.

Allora brevemente vi dirò che, guardando tutto questo programma, per prima cosa la vostra presenza tanto numerosa, quindi i canti e il programma artistico della danza, ho pensato alla realtà eucaristica, perché tutto il nostro incontro si svolge nel contesto del Congresso eucaristico nazionale che domani si concluderà qui vicino a Reggio Calabria.

Che cosa ci dice l’Eucaristia? Eucaristia ci dice che Gesù Cristo dà se stesso a ciascuno di noi. Dare se stesso vuol dire essere dono, dono vuol dire amore. Gesù Cristo nel dare se stesso a ciascuno di noi ci dimostra l’amore che è Dio, ci dimostra l’amore del Padre: se lui dona se stesso a noi ci dice al contempo che viene ad abitare nei nostri cuori insieme con il Padre e fanno dimora il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nel cuore umano. Questa è la realtà soprannaturale che nell’Eucaristia giunge ad una visibilità sacramentale; non è visibilità diretta, non si può vedere Dio nella sua propria essenza, nella sua propria divina trascendenza. Ma è un segno, un segno sacramentale. “Eucaristia” è questo dono che ci fa Dio stesso, che ci fa Cristo e, attraverso Cristo, la santissima Trinità.

Ecco il contesto eucaristico del nostro incontro. Torniamo adesso a tutto ciò che è il programma di questo incontro, alla vostra presenza, al vostro programma artistico, alla danza, ai canti. Quando seguivo quel programma e quella vostra presenza ho pensato: anche loro ci fanno dono di loro stessi, vogliono condividere con noi, con me, con tutti i presenti questi valori, che sono propri della loro età, della loro giovinezza, della loro cultura e tradizione; vogliono offrirci questi doni propri della loro umanità.

Molte volte non si pensa così, con queste categorie, di un incontro umano, di un incontro giovanile, non si pensa con queste categorie di un programma artistico. Si pensa con altri criteri. Ma occorre andare fino al fondo, se si va fino al fondo si trova questa icona di Dio nell’uomo. Anche l’uomo è capace di dare se stesso. Anche l’uomo è capace di offrire un dono agli altri. Se canta, offre un dono agli altri, se danza - per esempio abbiamo qui osservato la famosa “tarantella” - offre la bellezza dei gesti, la bellezza dei movimenti. Anche questo è un dono per gli altri. È un dono disinteressato; non è fatto per qualche interesse, ma per far piacere agli altri, per portare nel mondo un po’ più di bellezza. Così si crea anche un mondo più umano, più spirituale, più degno dell’uomo. È un’analisi che io faccio di questo nostro incontro, un’analisi incompleta, ma penso sufficiente per farvi comprendere come quello che costituisce il tessuto della vita umana si trovi vicino all’Eucaristia. L’Eucaristia ci insegna a vivere la nostra vita umana in modo simile a come la vive Cristo: Cristo vive la sua vita per il Padre e per noi, vive la sua vita come dono al Padre ed ai suoi fratelli, vuol dire a tutti noi. Noi possiamo seguire Cristo, imitarlo, possiamo anche fare della nostra vita un’Eucaristia; possiamo introdurre questa Eucaristia di Cristo come sacramento nella nostra vita e poi fare della nostra vita un’Eucaristia, viverla cioè come un dono per gli altri disinteressatamente. Ciò per creare nel mondo i veri valori, per offrire agli altri, all’ambiente dove viviamo, alla società alla quale apparteniamo, un po’ più di bellezza, di verità, di bontà. E tutto questo è un’icona, una dimensione eucaristica della nostra vita umana. Volevo concludere queste mie parole sul Congresso eucaristico che domani dovremo chiudere a Reggio Calabria, facendo alcune considerazioni, traendo alcuni elementi di riflessione dal nostro incontro: questo incontro mi ha spinto a dire delle cose che non sapevo di dire, ho sì letto un testo scritto, ma quello che ho detto dopo è soltanto una risposta a tutto quello che voi mi avete detto con la vostra presenza e con il vostro programma.

 

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