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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA VISITA ALLA PARROCCHIA
DI SAN DAMASO A MONTEVERDE

Domenica, 6 marzo 1988

 

Il primo saluto alla comunità parrocchiale 

“Facciamo insieme la Chiesa di Roma . . . Sono venuto da lontano. Ora sono quasi dieci anni”. Così il Papa si presenta ai fedeli della parrocchia di San Damaso che lo accolgono, mentre sulla città cade a tratti una leggera pioggia, con compostezza ed entusiasmo. Hanno abbellito i balconi dei vicini moderni palazzi. Hanno esposto i copriletti più belli adagiando al centro qualche immagine sacra.
Il Papa, appena giunto è salutato dal Cardinale Vicario Ugo Poletti che proprio ieri ricordava i 15 anni di servizio pastorale alla Chiesa di Roma, come Cardinale di Santa Romana Chiesa. All’omelia il Santo Padre ha per il suo “braccio destro” nella guida della diocesi parole di compiacimento, di ringraziamento e di augurio. Con il Cardinale Vicario è il Vescovo Ausiliare del settore ovest Monsignor Remigio Ragonesi.
Tocca al parroco don Vincenzo Zinno che guida questa comunità parrocchiale dal lontano 1964 dare sul sagrato della moderna chiesa, al centro della scalinata, il primo saluto al Padre e al Pastore. Dopo aver ricordato che questa visita si svolge in concomitanza di due avvenimenti ecclesiali di grande rilievo, come la celebrazione dell’Anno Mariano e del prossimo Sinodo Diocesano della Chiesa di Roma, don Zinno ricorda che nella parrocchia si venera la Vergine Maria con il titolo di “Madre della Fiducia”. Il parroco rammenta poi che la chiesa parrocchiale di San Damaso è stata costruita per generosità di Paolo VI ed è stata arredata mediante numerosi sacrifici.
 

Voglio ringraziare il parroco per le parole che mi ha rivolto. Inizio questo incontro salutando tutti i presenti, tutta la comunità sparsa nelle case, in tutte le case. Tutti si sentano abbracciati da questa visita. Mi sento successore di san Pietro e di san Damaso. Compio visite pastorali fuori Roma, in Italia e nei vari continenti. Mi chiamano le Chiese che sono in tutto il mondo e ringrazio Iddio di poterlo fare. Ma, il mio primo compito è quello di essere Vescovo di Roma. Sono un Vescovo di Roma venuto da lontano. Ora sono dieci anni. Insieme dobbiamo fare la Chiesa di Roma. Ed il modo proprio per fare insieme questa Chiesa è di calarla nel nostro tempo. La Chiesa continua nei secoli per portare Cristo al mondo, il suo Vangelo; portare la sua croce; annunciare la sua morte e la sua risurrezione gloriosa. E questa la testimonianza più grande ed è questo un augurio che auspico per tutti voi: anziani, malati, giovani e bambini: continuare a vivere in questo mistero che porta alla Pasqua di risurrezione.  

Ai bambini e ai ragazzi della parrocchia 

Nella moderna palestra della parrocchia ha luogo il primo incontro con i giovanissimi della comunità. In prima fila, seduti sui banchi con il grembiulino profumato una quarantina di bambini e bambine dell’asilo che fanno a gara nel salutare il Papa. Nella destra hanno tanti grappoli di fiori raccolti in un involucro di carta giallo-bianca. Alla destra del Papa sono invece i piccoli atleti, ragazzi e ragazze che offrono un saggio della loro bravura.
Giovanni Paolo II saluta i giovanissimi e i bambini con le seguenti parole.
 

I bambini con i fiori in mano sembrano quasi avvertirci che andiamo verso la primavera. Tutto ricomincia a fiorire perché viene il sole, viene la pioggia. E fioriscono prati e giardini. È un’energia della grazia di Dio che fa fiorire anche la nostra umanità, la nostra anima umana che deve crescere, aprirsi, trovare le forze per arrivare ad un bene destinato alla persona umana, alla persona cristiana.

Poi ho pensato a questa palestra. In questo luogo molti giovani possono fare gli esercizi corporali. Si vede come i vostri giovani corpi sono capaci di arrivare anche a grandi successi ginnici ed artistici. Mi congratulo con tutti voi, giovani, che avete ottenuto questi traguardi con il vostro esercizio. Senza esercizio non si arriva a raggiungere nessuna meta . . . Anche per crescere umanamente, cristianamente, per crescere nella grazia di Dio e nelle virtù ci vuole esercizio non solo del corpo, ma dello spirito, del nostro intelletto, della nostra volontà. Ci vuole uno sforzo per diventare un artista delle virtù, un artista della santità. Vi auguro di fare questi esercizi, di fare certi sforzi non soltanto corporali. Vi auguro di diventare non solo artisti della ginnastica e delle acrobazie. Vi auguro di compiere questi sforzi spirituali per diventare più uomini e più cristiani.

Terzo pensiero. Il rapporto parrocchia-famiglia. Genitori, catechisti e catechiste insieme con voi fanno un cammino. La famiglia è il primo nucleo, il primo ambiente in cui questo sforzo per educare un essere umano o una giovane vita, per farla crescere umanamente, corporalmente o spiritualmente, cristianamente. Allora, la famiglia è il primo ambiente. Auguro a tutti i genitori, a tutti gli educatori ed ai catechisti di dare una buona educazione umana e cristiana ai bambini, ai ragazzi e ai giovani. Per questo traguardo ci vuole la grazia, lo sforzo, l’esercizio quotidiano. Ci vuole un ambiente, un rispetto, un amore, un legame più forte che unisce e che fa vivere e respirare. È l’amore che ci ha portato Cristo. Questo amore dono a ciascuno di voi.  

Alle religiose 

Prezioso, anche nella parrocchia di S. Damaso, il contributo offerto dalla presenza religiosa, in questo caso due famiglie femminili, che Giovanni Paolo II incontra al termine della Messa in una piccola sala dopo essersi affabilmente intrattenuto con i sacerdoti della XXX Prefettura.
Sono presenti rappresentanti delle Suore Missionarie dell’Eucaristia e delle Suore Francescane di Susa che da anni collaborano attivamente con il parroco soprattutto nell’attività catechistica. A loro si è unita anche una rappresentanza delle religiose che, nel vicino ospedale di S. Camillo, offrono quotidianamente la loro assistenza a chi soffre.
Alle suore, che lo accolgono come sempre con grande entusiasmo, Giovanni Paolo II così si rivolge.  

Vi ringrazio per la vostra vocazione, per la vostra professione religiosa, per la vostra testimonianza. E poi anche per questo apostolato, che è nelle vostre mani e nei vostri cuori. Voi aiutate la parrocchia di San Damaso a camminare avanti in modi diversi: con la catechesi, assistendo i malati, e in altri compiti particolari. Il Signore vi benedica, e mi raccomando anche alle vostre preghiere. Dio benedica le vostre gioie e le vostre sofferenze.  

Al Consiglio pastorale 

Avvicinare i “lontani” è uno dei maggiori problemi per Don Vincenzo e per i suoi collaboratori, in questa parrocchia di Monteverde Nuovo dove, oltre a un diffuso indifferentismo, anche il ritmo convulso della vita quotidiana ostacola e a volte impedisce una coerente vita di fede.
In questo non facile compito il parroco può contare sul valido appoggio del Consiglio pastorale, e in particolare, sui gruppi del catechismo, i più antichi della parrocchia, come ricorda il giovane che li presenta al Papa unitamente ai componenti del Consiglio pastorale e della Caritas parrocchiale: anch’essa una presenza molto viva, come testimonia l’impegno della comunità di S. Damaso verso i più bisognosi.
Il giovane, dopo l’accenno all’antichità dei gruppi del catechismo, e dopo aver detto della loro eterogeneità (adulti, giovani, religiose, missionari della Consolata), subito aggiunge che i gruppi, se sono vecchi per origine, non lo sono certo per il messaggio che annunciano: un messaggio sempre nuovo. Dopo aver espresso al Papa la gioia di tutti per l’incontro tanto atteso, il giovane non vuole nascondergli che l’azione dei gruppi del catechismo trova un forte ostacolo appunto nell’indifferenza di molti. Anche quando si accostano a un Sacramento spesso lo fanno in modo solo esteriore, magari per passiva ubbidienza a una tradizione familiare. E anche le famiglie del resto non sempre contribuiscono a facilitare il compito dei giovani, il dialogo tra genitori e figli non sempre è facile.
Il giovane manifesta al Papa il proposito di dedicare una sempre maggiore attenzione ai “lontani”, soprattutto là dove maggiormente si avverte la necessità di una vera testimonianza, quindi chiede a Giovanni Paolo II una parola di incoraggiamento e di stimolo per tutti.
Il Papa così risponde.
 

Grazie per la vostra presenza, per la presenza di tutti, e grazie per queste parole che certamente rispecchiano, rendono, lo spirito di tutti voi qui presenti. Parole molto complete, in cui si è espresso anche un riflesso autentico del Concilio Vaticano II, della sua ecclesiologia, e soprattutto del suo insegnamento, del suo indirizzo sull’apostolato dei laici. Voi siete i “Cristofedeli”, fedeli in Cristo, cattolici, laici. E come Gesù ci ha detto una volta, voi siete il sale della terra, la luce del mondo.

Queste parole si riferivano e si riferiscono sempre a tutti i cristiani, a tutti i discepoli di Cristo. Non possono, i cristiani, non essere sale della terra, che cerca di rinvigorire l’ambiente, la società, i costumi, la cultura, la scienza. Non può, un cristiano, non essere questo, e non può non essere luce del mondo. Come questa luce che ci illumina e ci riscalda qui in questa stanza.

Certo, queste parole, dette una volta da Gesù ai suoi discepoli, ai suoi ascoltatori, si riferiscono a noi tutti. Voi le prendete sul serio! E certo, come ha detto il vostro interprete, molti battezzati, molti cristiani non prendono ugualmente sul serio le stesse parole.

Ma ringraziamo il Signore, ringraziamo lo Spirito Santo per quelli che lo fanno, per quelli che sono pronti ad animare la Chiesa. Con la loro presenza e con il loro apostolato tra i laici, nella catechesi, nelle opere caritative. E anche in altri ambienti, dove questo apostolato serve per illuminare il mondo, e anche a rinvigorire l’ambiente sociale in cui vivono. Come il sale, come la luce.

Vi ringrazio per questo vostro impegno comunitario, settoriale, perché diversi sono i settori in cui siete impegnati, e soprattutto in quello della catechesi. Vi ringrazio ancora per tutto quello che fate personalmente, comunitariamente, accanto ai pastori di questa parrocchia, e soprattutto accanto al vostro parroco. Vi auguro tutto il bene, per la vostra vita personale e familiare, per la vostra vita professionale e per l’ambiente in cui vivete. Che il Signore sia con voi, e vi sia lui luce e forza. Che sia la luce e la forza di voi tutti la sua croce, la sua morte, la sua risurrezione, il suo mistero pasquale. Ci avviciniamo alle feste pasquali e con questa prospettiva faccio i miei auguri a tutta la parrocchia e a tutti i presenti. Vi benedica Dio onnipotente.  

Ai giovani del pre-cresima e dell’Azione Cattolica 

Le difficoltà dell’essere cristiani oggi, soprattutto negli anonimi quartieri di una metropoli, sono avvertite con profonda inquietudine soprattutto dai giovani, e proprio dai più impegnati come nel caso di due ragazzi che si rivolgono al Papa nell’incontro che, come è tradizione, conclude generalmente le visite pastorali del Vescovo di Roma nelle parrocchie della sua diocesi.
L’incontro si svolge nell’ampia palestra ed è intenso - anche se, ovviamente, per diversi motivi - come quello con i più piccini.
Dopo i due ragazzi rivolge brevi e sentite parole al Papa anche un adulto a nome della Filodrammatica, attiva in parrocchia da circa vent’anni. In essa operano adulti e giovani tutti animati da grande amore per il teatro.
A tutti i presenti Giovanni Paolo II così si rivolge.

Ho sentito, ho ascoltato con grande attenzione e con interesse le parole rivoltemi prima, nella relazione di un vostro giovane rappresentante: era veramente una profonda analisi della realtà, cristiana e giovanile insieme.

Ha detto molte cose, molte cose veramente conformi alla verità, a questa verità dell’essere cristiano e del vivere da cristiano. Io aggiungerei solamente una parola che proviene da tempi molto lontani, dai Padri della Chiesa. Loro, o almeno uno di loro, dicevano: cristiano è essere un altro Cristo. Questo vuol dire che il cristiano non può ridursi a un elemento statistico, della città, della nazione; a una denominazione puramente esterna.

Cristiano significa una realtà profonda, interna, paragonabile a quella, unica, che si chiama Cristo. E questo ci dice chi è il cristiano. E ancora di più, chi deve essere, chi deve diventare.

Noi abbiamo un modello assoluto, e questa è la forza, questa è la bellezza dell’essere cristiano. Io vi auguro di amare questa bellezza, di imparare ad amarla.

Per questo, certamente, il sacramento della Cresima, di cui ha parlato la vostra collega, è un momento decisivo perché la Cresima è un sacramento della identità cristiana, di questo “alter Christus”, altro Cristo; di questa identità cristiana che diventa anche apostolica, che è un sacramento dell’apostolato, dell’apostolato dei laici.

Auguro a tutti questi giovani che si preparano alla Cresima di vivere così il loro sacramento, e di vivere così la loro vita dopo il sacramento: tutta la vita. Mi rallegro molto per la presenza di tanti giovani dell’Azione Cattolica, specialmente dell’ACR, l’Azione Cattolica Ragazzi.

Certamente, cristiani lo si deve essere in modo personale, ma si deve esserlo anche in modo comunitario, associativo: si deve essere cristiani insieme. E certamente l’Azione Cattolica è una scuola di come essere cristiani, sia nella dimensione personale che in quella comunitaria.

E infine, grazie anche per la presenza di un gruppo filodrammatico. Mi congratulo con tutti i componenti di questo gruppo. Anche l’opera artistica appartiene alle possibilità di essere cristiani perché essere cristiani vuol dire anche essere artista, amare il bello, amare l’arte, amare l’arte drammatica e anche le altre arti. Il bello va insieme con il vero, con il bene, e con tutto ciò che compone le aspirazioni più profonde dello spirito umano. E ancora una volta voglio ringraziare don Vincenzo, il vostro parroco, persona molto discreta . . . Vi ringrazio. Vi benedica Dio onnipotente . . .  

All’uscita dalla chiesa, il Papa trova ancora, sulla piccola piazza di S. Vincenzo de Paoli, una folla plaudente rimasta lì ad aspettarlo nonostante il freddo di una serata ancora tipicamente invernale, e vuole rinnovare la propria gratitudine alla comunità di S. Damaso.  

Vi ringrazio per la vostra ospitalità, e anche per la pioggia, che però non ha ostacolato il nostro incontro, anzi possiamo dire che lo ha arricchito perché la pioggia è il simbolo di quella grazia di Dio che discende sui cuori umani. Così la pioggia discende sulla terra e la fa fruttificare, e porta fertilità. Auguro tutto il bene alla vostra comunità, ai sacerdoti, alle suore e al vostro parroco don Vincenzo. E poiché siamo già nel tempo della preparazione della Pasqua, auguro una buona Pasqua a tutti voi. Sia lodato Gesù Cristo.

 

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