Index   Back Top Print

[ EN  - IT ]

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL PACIFICO
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 28 ottobre 1988

 

Cari fratelli Vescovi.

1. Vi saluto oggi nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, che ci unisce in un autentico spirito di amore e di pace. È per me una grande gioia incontrarmi con ciascuno di voi in occasione della vostra visita “ad limina” e conoscere le “grandi opere di Dio” nella vita della Chiesa in Micronesia, Melanesia e Polinesia. Noto con piacere che la provincia ecclesiastica di Agana fa parte della vostra Conferenza episcopale. Pregando sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, voi rappresentate l’omaggio delle vostre Chiese locali alla memoria di queste colonne della Chiesa romana. Con questo omaggio voi vi unite ai tesori spirituali di vita cristiana posseduti dal vostro clero, religiosi e laicato, tesori che condividete con la Chiesa universale attraverso il mistero della comunione ecclesiale.

Tutta la Chiesa gioisce con voi nel ricordare il centesimo e seicentesimo anniversario dell’evangelizzazione cristiana che molte delle vostre Chiese hanno celebrato recentemente o celebreranno nel prossimo futuro. Essa si unisce nel rendere grazie a Dio per la pienezza del Vangelo sperimentato dalle popolazioni del Pacifico. È piena di fiducia e speranza orante che “la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo a gloria e lode di Dio” (Fil 1, 9-11).

2. Cari fratelli, so che questo è un momento importante per la formazione futura della Chiesa nelle isole del Pacifico. I semi della fede cristiana piantati hanno prodotto un giovane albero che continuerà a crescere forte e dare frutti, se riceverà l’amore e la cura necessaria. In questo momento della vostra storia, l’indipendenza nazionale è ancora uno sviluppo recente per molti dei vostri Paesi mentre l’evangelizzazione e l’edificazione delle Chiese locali resta una esperienza appena iniziata. C’è una crescente consapevolezza nelle vostre popolazioni della propria identità ed eredità culturale all’interno della famiglia umana e della comunione della Chiesa. Sono impazienti di assumersi la responsabilità di se stessi in modo da testimoniare la dignità e l’unicità della loro cultura. In queste circostanze la loro testimonianza del Vangelo rinnova la giovinezza della Chiesa. Incita i fratelli e le sorelle del resto del mondo a cercare quel “rinnovamento della Chiesa che consiste essenzialmente nell’accresciuta fedeltà alla sua nazione” (Unitatis Redintegratio, 6). Questa testimonianza incoraggia tutti i popoli delle vostre isole a lavorare per una società giusta e pacifica basata sull’amore a Dio e al prossimo.

La sfida che attende le vostre Chiese è semplicemente questa: penetrare sempre più profondamente le insondabili ricchezze di Cristo così che egli possa condurvi e guidarvi in ogni momento della vita, avanzare con forza in ogni più alta sintesi della fede con la vita, del Vangelo con la cultura. L’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi lo puntualizza bene: “Evangelizzare è portare la buona novella in tutti gli strati dell’umanità e, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità stessa . . . (Il suo scopo) è . . . convertire la coscienza personale e insieme collettiva degli uomini, l’attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l’ambiente concreto loro propri” (Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 18). “Occorre evangelizzare la cultura e le culture dell’uomo . . . in modo vitale, in profondità e fino alle radici” (Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 20).

3. Come ben sappiamo, questi scopi, così chiaramente enunciati dal mio predecessore Paolo VI, non sono raggiunti una volta per tutte, ma devono essere nuovamente conquistati in ogni epoca. Davvero saggia è l’osservazione che in questo mondo mutevole noi non siamo mai gli stessi; se non camminiamo, inevitabilmente andremo indietro nella nostra lotta per la pienezza come persone e come famiglia umana. Ancor di più, allora, proprio noi, cui è stato detto: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48), dovremmo sforzarci sempre di approfondirci ed elevarci nell’edificazione del corpo di Cristo e nella trasformazione del mondo dall’interno.

È questo un momento particolare nella vostra storia, in cui gli sviluppi politici, economici e culturali richiederanno certamente che si facciano molte scelte sul tipo di società che il vostro popolo desidera per sé e per i propri figli, e sul tipo di contributo da dare all’insieme delle nazioni. Portando testimonianza al Vangelo alle radici della vita politica, economica e culturale, ciascuna delle vostre Chiese locali aiuta a promuovere la pace, che le armi non possono assicurare, la felicità che il denaro non può acquistare, il senso della propria dignità e sicurezza che ogni persona deve trovare in se stessa e non in una superficiale cultura di massa.

In ogni epoca la Chiesa lavora e prega perché, nel formare la loro società e cultura, i popoli siano guidati dall’amore per il bene, per ciò che si accorda con l’umana dignità che viene da Dio stesso. Di più, è sua convinzione che le più profonde aspirazioni dell’uomo trovano risposta solo nell’uomo perfetto, Gesù Cristo, che è “pieno di grazia e di verità” e “dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto” (Gv 1, 14-17). Più profondamente le vostre Chiese locali si radicano in questa fede, con maggiore efficacia esse sfideranno gli uomini ad approfondirsi ed elevarsi nello sforzo di compiere la loro vocazione di uomini, che è la comunione con Dio e con gli altri in una “civiltà dell’amore” che è un anticipo terreno, seppure imperfetto, dell’eterna gioia del paradiso.

4. La missione della Chiesa di elevare e approfondire la nostra umanità per mezzo del Vangelo si svolge a molti diversi livelli. Uno dei più importanti è il matrimonio e la famiglia. La fede cristiana che proclama che “Dio è amore” (1 Gv 4, 8), non può non abbracciare quel profondo livello di amore umano, cioè l’amore coniugale, che è ordinato alla procreazione di nuovi esseri umani, vivo riflesso dell’amore tra gli sposi (cf. Familiaris Consortio, 14). L’unione del marito e della moglie costituisce un sacramento di salvezza, segno dell’amore di Cristo per la Chiesa. Le vostre società sono sempre più esposte all’influsso della cultura di massa del mondo contemporaneo; c’è pertanto il pericolo che i valori cristiani del matrimonio e della famiglia siano minati. È importante che da parte di tutti i popoli del Pacifico ci sia una scelta consapevole per sostenere la dignità del matrimonio e della famiglia, che ha la missione di “salvaguardare, rivelare e comunicare l’amore” (cf. Familiaris Consortio, 17). Che cosa c’è di più importante per il futuro dei vostri popoli e per il bene di tutta l’umanità? Ogni sforzo da parte vostra per salvaguardare e promuovere la santità del matrimonio e della famiglia costituisce una sfida al popolo per approfondirsi ed elevarsi nel comprendere e nel vivere queste realtà umane che non devono mai essere separate dalla fonte della vita e dell’amore che è il Creatore.

5. La stima che abbiamo per il matrimonio cristiano ci conduce anche ad esprimere la nostra stima per il celibato e la verginità consacrata. Solo quando la sessualità viene rispettata come un bene che viene da Dio, allora il celibato e la verginità possono acquistare il significato positivo di una donazione di sé per il Regno dei cieli (cf. Familiaris Consortio, 16). Partecipo alla gioia di quelli di voi le cui Chiese locali vedono la nascita di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Questo rappresenta una messe evangelica molto preziosa. È un segno del fatto che le radici della fede sono ben piantate nelle vostre culture. Nello stesso tempo, so anche che altri di voi desidererebbero la nascita di un maggior numero di vocazioni nel loro popolo. Vi invito a non scoraggiarvi, ma a continuare a lavorare e a pregare il Signore “perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10, 2).

In ciascuno stato di vita il cristiano è chiamato ad approfondire e ad elevare tutto quanto è umano. Accogliendo Cristo nell’intimità del matrimonio e della famiglia, o mettendosi totalmente al suo servizio nel sacerdozio o nella vita religiosa, i cristiani contribuiscono in modo diverso a costruire il corpo di Cristo e a trasformare il mondo nella famiglia di Dio.

Vorrei anche rendere grazie insieme a voi per il ministero dei diaconi permanenti nelle vostre Chiese locali: essi si consacrano generosamente al servizio della Parola di Dio, della liturgia e della carità (cf. Lumen Gentium, 29). E non posso mancare di ricordare i numerosi catechisti che svolgono una importante funzione per custodire e approfondire i fondamenti della fede nella vita dei loro fratelli e sorelle.

6. L’opera dei catechisti conduce a ricordare un altro campo di grande importanza per un autentico sviluppo umano e cristiano, cioè l’educazione. Attraverso il suo impegno educativo, la Chiesa cerca di dare, alla luce del Vangelo, una risposta alle attese della persona umana. L’evangelizzazione e l’educazione sono sempre intimamente legate, perché il Vangelo conferma tutto ciò che c’è di bello, di buono e di vero nella ricerca umana del sapere e dello sviluppo di sé. Noi siamo convinti che questa ricerca conduce verso Dio nel Cristo che è “la via, la verità e la vita” (cf. Gv 14, 6). Così la Chiesa “con la ricchezza soprannaturale feconda dall’interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo” (Gaudium et Spes, 58). Ho fiducia nell’impegno delle vostre Chiese locali per dare una buona educazione, fondata su saldi principi cristiani; produrranno frutti abbondanti non solo per la Chiesa ma per il bene di tutta la società del Pacifico.

7. Cari fratelli, il Vangelo ci invita ad essere ministri della riconciliazione; nei numerosi conflitti che dilaniano il mondo contemporaneo, noi dobbiamo cercare un terreno d’incontro più profondo e dobbiamo metterci sul piano più elevato dell’amore fraterno. Ecco anche qui un frutto importante dell’evangelizzazione. Di tutto cuore, vi dico la mia speranza - e per questo prego - che tutti i popoli del Pacifico sappiano vivere in armonia e nella prosperità, che i conflitti si risolvano pacificamente nella giustizia e nel rispetto degli interessi e delle aspirazioni di tutti. C’è un altro aspetto importante del ministero della riconciliazione, ed è il nostro dovere di sanare le ferite delle divisioni tra i cristiani e di cercare una migliore comprensione con i membri delle altre religioni. Vi incoraggio a continuare nel vostro impegno in questi campi, appoggiandovi sul fondamento dei saldi principi dell’ecumenismo e del dialogo insegnati dal Concilio Vaticano II e precisati dopo nella disciplina e nell’insegnamento della Chiesa.

8. Le isole comprese nella vostra Conferenza episcopale hanno ora due grandi testimoni della fede, san Pietro Chanel e il beato Diego Luis di San Vittore. Possano i vostri Paesi, nonostante la grande dispersione e la diversità delle loro culture, restare nell’unità della fede portata nel Pacifico da questi missionari a prezzo della loro vita. Continui il seme di grano seminato a produrre messe abbondante per la gloria di Dio e per il bene della famiglia umana. Prego perché questi martiri, insieme con nostra Signora, Stella del Mare, intercedano per voi e per i vostri popoli. A tutti voi imparto di cuore la mia apostolica benedizione.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana