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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE

Lunedì, 31 ottobre 1988

 

Signor presidente,
signori Cardinali,
eccellenze.

1. Saluto con gioia i membri della Pontificia Accademia delle Scienze, in occasione della sessione plenaria in cui si è trattato il tema della responsabilità della scienza. L’importanza di questo incontro viene sottolineata dalla presenza dei Cardinali e dei responsabili delle missioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede. Li ringrazio per questo segno di interesse per il lavoro dell’Accademia.

Questa Assemblea plenaria avviene al termine della settimana di studio nel corso della quale gruppi di esperti provenienti da tutte le parti del mondo hanno discusso da una parte su “l’agricoltura e la qualità della vita”, e dall’altra parte su “la struttura e le funzioni del cervello”.

Sul tema dell’agricoltura, gli esperti hanno fatto un ampio bilancio in cui gli aspetti scientifici e tecnici del problema si uniscono agli aspetti etici. Da una parte, la ricerca scientifica ha permesso uno sviluppo notevole della produzione alimentare del mondo. Su scala globale, la produzione agricola sarebbe attualmente sufficiente per rispondere ai bisogni di tutta l’umanità. Questa constatazione apre, per contrasto, il problema drammatico della fame e della malnutrizione nel mondo. Certo, occorre tener conto degli ostacoli fisici e materiali, tra cui la grande differenza di fertilità a seconda delle aree. Ma la distribuzione molto inuguale delle risorse alimentari finora non ha dato vita a una politica generale, né a progetti efficaci perché la distribuzione agricola vada a vantaggio di tutti i popoli e di tutti gli uomini. Ancora una volta dobbiamo osservare che il problema dello sviluppo richiede anzitutto una volontà politica e un intervento di carattere etico e culturale, come dicevo nell’enciclica Sollicitudo Rei Socialis. La chiave dello sviluppo umano va trovata in uno sforzo generoso di solidarietà tra tutti i gruppi e tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Giustamente voi avete sottolineato che gli interventi necessari, in questa grave materia, devono rispettare le persone con le loro tradizioni, cioè superare il piano strettamente economico e tecnico per tener conto dei principi della giustizia sociale e dell’autentico sviluppo della persona umana.

2. Un secondo gruppo di scienziati ha fatto un consuntivo degli studi sul cervello umano e le sue mirabili funzioni. Le ricerche permettono di conoscere meglio, oggi, le strutture e i processi organici che servono di base alle operazioni cognitive ed affettive dell’essere umano. Ma al di là dell’osservazione empirica, appare il mistero dello spirito, irriducibile ai supporti biologici messi in azione nel comportamento dell’essere intelligente aperto alla trascendenza. Davanti a quello che conosciamo oggi, il credente non può dimenticare le parole del libro della Genesi: “Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gen 2, 7). Con termini antropomorfici, l’antico racconto della creazione evoca bene l’intimo legale tra l’organismo e lo spirito dell’uomo. Era quindi giusto che gli scienziati confrontassero i risultati delle loro ricerche sperimentali con la riflessione dei filosofi e dei teologi sul rapporto tra il cervello e lo spirito. Niels Stensen, nel suo “Trattato sull’anatomia del cervello”, aveva già detto che il cervello era “il più bel capolavoro della natura”.

3. Voi avete voluto unirvi alla recente celebrazione della beatificazione di Niels Stensen, un grande scienziato che cercò, per tutta la vita e in tutte le sue opere, di conciliare i diversi ordini della conoscenza che fanno la grandezza dell’essere umano. La vostra Accademia, insieme con la Danimarca, ha voluto che il ricordo di questo avvenimento perduri e sia commemorato con una iscrizione posta nella propria sede. Desidero esprimere alla nazione danese e all’Accademia la mia viva gratitudine per questa iniziativa.

4. Oggi, tenendo presente l’itinerario percorso da Niels Stensen nella sua vita, vorrei evidenziare qualche elemento che contribuisce ad approfondire il senso, il valore e la responsabilità della scienza. Questo scienziato esplorò le meraviglie della natura, soprattutto nel campo dell’anatomia, della fisiologia e della geologia. Mentre compiva i suoi studi sui fenomeni naturali, non perdette mai di vista ciò che trascende la natura e, rivolgendo la sua attenzione all’infinitamente piccolo e ai dati misurabili, restò sempre aperto alle grandezze che superano ogni misura.

Per lui, la sintesi della conoscenza riunisce i dati raccolti con l’esperienza naturale e i valori che, pur essendo inaccessibili alla esperienza sensibile, fanno parte della realtà. Stensen era profondamente attirato dalla bellezza dell’universo fisico, ma più ancora dai valori spirituali e dalla nobiltà del comportamento umano. Studiava con cura le certezze di ordine matematico, ma era anche attirato da altre certezze di ordine storico, morale spirituale.

5. La scienza sperimentale suscita una legittima ammirazione, e la Chiesa volentieri incoraggia le ricerche degli scienziati che ci aiutano a comprendere gli enigmi dell’universo fisico e biologico. Ma la scienza sperimentale non esaurisce tutta la conoscenza della realtà. Al di là del visibile e del sensibile, esiste un’altra dimensione del reale, che viene attestata dalla nostra esperienza più profonda: è il mondo dello spirito, dei valori morali e spirituali. Al di sopra di tutto, c’è l’ordine della carità, che ci unisce gli uni con gli altri e con Dio, il cui nome è amore e verità.

Pur nella fragilità della sua condizione di creatura, l’uomo conserva il segno dell’unità divina originale, nella quale tutte le ricchezze sono unite senza confusione. Nel mondo sensibile queste ricchezze sembrano disperse e rimpicciolite, ma tuttavia richiamano, soprattutto nell’uomo, l’immagine della vera unità del Creatore. Questa immagine è quella stessa della verità.

Queste sono le caratteristiche della sintesi globale che stabilisce l’unità del sapere e che ispira, per conseguenza, l’unità e la coerenza del comportamento. Si tratta di una unità sempre da costruire, per le caratteristiche dinamiche della vita.

6. Il mio predecessore, Papa Pio XI, in uno dei primi discorsi alla Pontificia Accademia delle scienze dopo la sua ricostituzione, ha sviluppato ampiamente il tema della verità. Diceva che è importante concepire e affermare la verità, ma è ancor più importante ricordare che “chi opera la verità viene alla luce” (Gv 3, 21). Questa è la regola fondamentale del pensiero e dell’azione che trasforma ogni opera in riflesso visibile della verità. Proprio ispirandosi a questo ideale Pio XI nominò, nel 1936, i primi settanta membri della nuova Accademia, invitandoli a farne parte per l’importanza dei loro studi scientifici e le loro alte qualità morali, senza nessuna discriminazione etnica o religiosa. Così dicono i vostri statuti e nello stesso spirito vi invito a continuare il vostro lavoro e le vostre ricerche.

7. Il Papa oggi ancora domanda alla vostra Accademia di contribuire a “operare la verità”, cioè a ricercare l’unità del sapere nella solidarietà scientifica internazionale, nella solidarietà umana, nell’apertura a tutti i valori, per il bene dell’uomo.

Certo, come scienziati, voi dovete applicare rigorosamente le regole proprie di ciascuna delle vostre discipline, per giungere a conclusioni valide e verificabili da tutti gli altri specialisti nel vostro settore. Ma, pur rispettando la necessità dell’astrazione metodologica e l’autonomia di ogni disciplina, voi siete invitati a esaminare i risultati delle vostre ricerche alla luce delle altre scienze. Ogni scienziato è oggi chiamato a partecipare ad una paziente ricomposizione delle conoscenze umane. Ne va dell’avvenire dell’uomo e della cultura.

La vostra Accademia, che è internazionale, ha una caratteristica particolare: da una parte ha il dovere di lavorare in contatto con la comunità scientifica internazionale e, dall’altra parte, è chiamata a collaborare con gli organismi della Chiesa per fornire loro utili elementi nel campo delle loro competenze.

In questo spirito desidero rinnovare agli illustri membri dell’Accademia la richiesta loro rivolta all’udienza per il cinquantesimo anniversario, invitandoli a promuovere delle proposte concrete per favorire a tutti i livelli la collaborazione interdisciplinare. Pur continuando i vostri programmi specializzati, sarebbe anche utile che elaboraste dei progetti congiunti di ricerca, in stretto accordo con altre realtà culturali, scientifiche e universitarie della Santa Sede. La Chiesa ha bisogno delle vostre ricerche per approfondire la sua conoscenza dell’uomo e dell’universo. Essa conta sui vostri studi per affrontare i gravi problemi tecnici, culturali e spirituali che riguardano l’avvenire della società umana. Intanto vi ringrazio del vostro apporto indispensabile al nostro approfondimento comune del mistero dell’uomo e del suo destino, nell’ordine della creazione e nell’ordine della salvezza.

8. Prima di concludere, desidero salutare in particolare il professor Carlos Chagas, che, dopo sedici anni di presidenza, lascia la responsabilità portata avanti con tanta capacità, generosità e disinteresse. Desidero rendergli onore in modo speciale, prendendo atto del considerevole lavoro svolto sotto la sua guida. Per merito suo, l’Accademia ha conosciuto un importante sviluppo per quanto riguarda il numero dei membri e la diversità dei Paesi di provenienza: si può ora parlare di una rappresentanza universale. Sotto il suo impulso, l’Accademia è divenuta il centro di una continua attività, iniziando dei contatti con altre Accademie e scienziati di numerosi Paesi, affrontando temi importanti nell’ambito delle scienze storiche, tra cui gli studi su Galileo e su Albert Einstein; nell’ambito delle scienze fondamentali, tra cui le ricerche sulla cosmologia, l’astronomia, le micro-scienze, la struttura della materia, l’origine della vita, i processi biologici; o ancora nell’ambito delle scienze applicate a i problemi del mondo moderno, in particolare la pace e il disarmo. Si può dire che non le sono sfuggite le preoccupazioni importanti del mondo contemporaneo. Oggi, la Santa Sede ringrazia il professor Chagas per la vitalità da lui data all’Accademia, per la sua stimata azione grazie alla quale la Chiesa è divenuta molto più presente nel mondo della scienza. E io stesso gli sarei grato che continuasse a farla beneficiare della sua alta competenza.

Ho chiamato il professor Giovanni Battista Marini-Bettolo a succedere al professor Chagas. Da più di vent’anni collabora attivamente al lavoro dell’Accademia, nella sua nuova responsabilità gli auguro un lavoro fruttuoso. Sono certo che continuerà, con l’aiuto dei membri dell’Accademia, l’opera iniziata dai predecessori.

Rinnovando l’espressione della mia stima per il lavoro dell’Accademia e della mia gratitudine per il servizio reso alla Santa Sede, invoco su di voi la benedizione di Dio.

 

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