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VIAGGIO APOSTOLICO IN ZIMBABWE,
BOTSWANA, LESOTHO, SWAZILAND, MOZAMBICO

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I SACERDOTI E I RELIGIOSI
NELLA CATTEDRALE DI BULAWAYO

Bulawayo (Zimbabwe) - Lunedì, 12 settembre 1988

 

Cari fratelli e sorelle in Cristo.

1. Vi saluto con le parole di san Paolo: “Ho molto da vantarmi di voi. Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione” (2 Cor 7, 4).

È questo un momento di grande gioia per me, incontrarvi, voi sacerdoti, religiosi uomini e donne, e seminaristi dello Zimbabwe.

In ognuno di voi io vedo il grande mistero dell’amore di Dio. Il Signore vi ha parlato come nel libro del Levitico: “Sarete santi per me, poiché io, il Signore, sono santo e vi ho separati dagli altri popoli, perché siate miei” (Lv 20, 26). Le vostre vite sono radicate in questa divina chiamata e la vostra fiducia è nell’uno che sostiene il vostro ministero e la vostra testimonianza. “Perché eterna è la sua misericordia” (Sal 118, 1).

Qui nella Cattedrale di Santa Maria a Bulawayo, con la vetrata sull’altare che rappresenta l’Immacolata Concezione e alcune scene della vita della Madre di Dio, desidero condividere con voi questi momenti con lo spirito dell’inno di lode di Maria: “Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono” (Lc 1, 49-50).

2. Fratelli sacerdoti: il tema della mia visita nello Zimbabwe è anche la sfida al vostro ministero sacerdotale: “essere riuniti in Cristo”, essere riuniti nella comunità cristiana, attraverso la riconciliazione. È un vostro dovere costruire le vostre parrocchie ed ogni Chiesa locale con fedeltà alla Parola di Dio, soprattutto spezzando il pane di vita per i vostri fedeli e coinvolgendoli in opere di fede e nel servizio (cf. At 2, 42).

In vista di questo voi stessi siete chiamati per primi ad approfondire la vostra unione con il Signore. Voi dovete essere uomini di Dio, abituati alla preghiera e alla donazione di sé, umili di cuore e coraggiosi nella proclamazione della Parola “in ogni occasione opportuna e non opportuna” (2 Tm 4, 2). Voi dovete essere veri padri spirituali e guide per il vostro popolo. Voi dovete essere fratelli tra di voi in ogni difficoltà.

Una delle caratteristiche più salienti del popolo africano è quella della sua cura per i rapporti familiari. Di conseguenza, in questo contesto culturale la Chiesa deve apparire sempre più chiaramente come la famiglia dei diletti figli di Dio. Esattamente un anno fa, durante la mia visita negli Stati Uniti, parlai della parrocchia come della “famiglia delle famiglie”, “la nostra famiglia nella Chiesa . . . nella quale non ci siano stranieri o forestieri” (“Allocutio ad communitatem catholicam ispanicam, in urbe Antoniopoli habita”, 9, die 13 sept. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 [1987] 491). È vostro compito, cari fratelli, inculcare questo spirito familiare nelle vostre parrocchie e nelle piccole comunità cristiane, diventando voi stessi riflesso dell’amore paterno di Dio verso il suo popolo.

Anche il presbiterio dovrebbe essere una famiglia che riunisce numerosi fratelli sotto il Vescovo, “collaboratori nella stessa opera” (Presbyterorum Ordinis, 8). Occasioni per pregare insieme, per studiare insieme e condividere le esperienze della vostra vita sacerdotale e lavorativa sono una dimensione necessaria della vostra vita. Quanto è bello quando vi date il benvenuto l’un l’altro nelle vostre case con la pace di Cristo nei vostri cuori! Quanto è importante che vi sosteniate l’un l’altro attraverso la preghiera, utili consigli e discernimento!

3. Il rinnovamento nella vita ecclesiale che il Concilio Vaticano II ha auspicato ha certamente prodotto, nonostante le difficoltà e alcune incomprensioni verificatesi, abbondanti frutti spirituali nella vita della Chiesa. Questo rinnovamento deve essere particolarmente evidente nel ministero dei sacerdoti che sono chiamati ad essere guide ed animatori di essa. Tra i doni più importanti che lo Spirito Santo ha concesso alla Chiesa attraverso il Concilio è la profonda consapevolezza della chiamata universale alla santità di vita. Il vostro ministero non può essere concepito separato dalla vostra partecipazione alla vita divina, separato dalla preghiera e dalla penitenza, separato dalla donazione di sé, dalla carità e dalla giustizia. E il frutto del vostro ministero è quello di inculcare queste cose nella vita del vostro popolo. E in verità, voi troverete nutrimento per la vostra vita spirituale nella guida e nell’attività pastorale (cf. Presbyterorum Ordinis, 14).

Con la guida del Concilio, i laici stanno acquistando una sempre più precisa coscienza della loro grazia battesimale e del loro ruolo nel sacerdotale Popolo di Dio. Essi mostrano una sete sempre più grande per la Parola di Dio e guardano all’insegnamento spirituale, teologico e sociale affinché possa illuminarli nella vita di tutti i giorni. Molti fra loro desiderano fortemente una partecipazione più responsabile nella vita della parrocchia, nelle attività liturgiche, nella catechesi e nel servizio verso coloro che sono più bisognosi. Tutto ciò è la prova della vostra guida spirituale. Il vostro annuncio della Parola di Dio deve poter offrire loro un sempre più solido nutrimento spirituale; dovrebbe essere il risultato del vostro studio e della vostra devota meditazione. Il vostro insegnamento deve riflettere chiaramente la risposta nella Chiesa alle sempre crescenti complesse questioni sollevate dalla vita moderna. Nel Vangelo di san Matteo, la descrizione di Isaia del servo sofferente è applicata a Gesù, ma può essere applicata a ciascuno di voi: “Porrò il mio spirito sopra di lui e annunzierà la giustizia alle genti . . . La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia” (Mt 12, 18-20).

4. Poiché il popolo dello Zimbabwe e quello dell’intera Africa meridionale lottano per la riconciliazione e la fratellanza, io prego affinché voi come sacerdoti possiate esercitare lo speciale carisma di riconciliare il vostro popolo ed “essere insieme in Cristo”. Voi ben sapete che prima che si realizzi una genuina e durevole riconciliazione, deve esserci una conversione, quel cambiamento del cuore che si realizza con una vera accettazione delle reali conseguenze nella vita personale e sociale.

Il ministero della riconciliazione è soprattutto una lotta contro il peccato e il demonio. Amministrando il sacramento della Penitenza vi viene affidato il potere spirituale di sciogliere e legare. Se voi per primi saprete apprezzare le benedizioni di questo sacramento sarete più capaci di trasmettere questo apprezzamento profondo ai fedeli, i quali oggigiorno hanno spesso bisogno di una maggiore attenzione personale e di un ascolto più paziente da parte del confessore. In ogni Paese che visito faccio appello ai sacerdoti affinché siano quanto più possibile disponibili verso coloro che desiderano essere liberati dal peccato e rinnovati nella grazia, che vogliono essere riconciliati con il Signore e con la Chiesa. Ed ora faccio questa richiesta a voi: amate questo sacramento e praticatelo spesso.

Miei fratelli sacerdoti, la presenza del Regno di Dio in Zimbabwe viene particolarmente percepita attraverso la potenza e la verità del vostro ministero, incentrato sull’Eucaristia. Pertanto vi incoraggio ardentemente affinché voi siate sempre più conformi a Cristo, e delineiate le risorse spirituali di cui avete bisogno per “condividere il sacro ministero del Vangelo” (Presbyterorum Ordinis, 2) per mezzo della vostra quotidiana partecipazione al mistero pasquale di Cristo. Che voi possiate sempre amare Maria come la madre della vostra vocazione e vedere in lei l’esempio perfetto di discepola e di serva.

5. Religiosi uomini e donne dello Zimbabwe! Anche voi siete legati a Cristo mediante un’unica relazione. Avete condiviso in modo speciale la consacrazione di Cristo stesso al Padre per la salvezza dell’umanità (Gv 17, 19). È una consacrazione che egli ha portato a compimento per mezzo della sua morte e risurrezione e che voi realizzate in un modo specifico adempiendo le sue parole: “chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” (Mt 10, 39).

In una lettera indirizzata a tutte le persone consacrate che io ho scritto durante l’anno mariano appena concluso, ho cercato di sottolineare un aspetto che è al centro della vita religiosa, e precisamente, il significato positivo del morire con Cristo per poter partecipare alla sua Resurrezione. Dissi che ciò che è fondamentale per un essere umano - uomo o donna che sia - è precisamente questo: “radicarsi in Cristo, poiché Cristo è «tutta la pienezza»” (cf. Col 2, 9) (“Epistula Apostolica ad omnes personas consecratas communitatum religiosarum et institutorum saecularium Anno Mariali vertente”, III, die 22 maii 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 1595). La dimensione del vostro “radicarvi in Cristo”, la maturità della vostra fede e della vostra carità sarà la vostra testimonianza profetica in ogni Chiesa locale e di fronte al mondo. In questo modo voi potrete effettivamente proclamare il valore eterno del messaggio di salvezza di Cristo.

6. Questa è la vostra speciale chiamata a dare testimonianza, attraverso il vostro stile di vita, della “novità di vita” che il Figlio incarnato di Dio ha portato nella vita umana (cf. Rm 6, 4). Voi date questa testimonianza nelle concrete circostanze storiche del momento presente in Zimbabwe ed in Africa, dove c’è un urgente bisogno di un rinnovato umanesimo, che si esprime in una cultura che difende la vita e promuove la solidarietà umana, basato sulle migliori tradizioni di questo continente in accordo con le eterne ed universali verità rivelate in Gesù Cristo.

La vostra consacrazione religiosa, manifestata attraverso l’osservanza dei consigli evangelici della castità, della povertà e dell’obbedienza che dà frutto attraverso le numerose attività dei vostri istituti religiosi, è inseparabile dalla missione di evangelizzazione e santificazione della Chiesa. La vostra consacrazione avrebbe ben poco senso senza un profondo amore per la Chiesa, strumento scelto da Dio per la salvezza del mondo. Dice Gesù: “io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). Tutti noi, il successore di Pietro e ognuno di voi, dobbiamo considerarci al primo posto come apostoli inviati ad annunciare la “vita” che Dio offre in Cristo Gesù. Ridurre la “buona novella” a qualcosa di meno significherebbe diminuire il suo vero potenziale di trasformazione che lo Spirito genera nella Chiesa e del quale la vostra vita consacrata è una chiara testimonianza ed un potente strumento.

7. La vita religiosa è il segno che si oppone a quelle tendenze che vanno verso un individualismo eccessivo ed egoista, verso una competitività spietata ed avida, che sono alcuni dei fattori che ostacolano un autentico sviluppo umano qui in Africa e dappertutto. La vita religiosa vi educa ad essere particolarmente sensibili alle necessità dei poveri, dei bisognosi, dei malati e degli handicappati, e di coloro che sono stati emarginati dal progresso.

Con il vostro servizio agli altri nelle città o nelle aree rurali, negli ospedali e nelle scuole, in servizi sociali o in attività caritative, voi non sostenete soltanto lo sviluppo materiale del vostro popolo, ma state anche appoggiando la sua dignità umana. Voi trattate gli altri come figli e figlie di Dio, creati a sua immagine. Voi servite loro come amati fratelli e sorelle di Cristo.

Qui vorrei che rifletteste sul fatto che alcune sperimentate forme di apostolato, come l’educazione o la cura della salute, sono un modo piuttosto efficace di difendere e promuovere i diritti umani perché esse difendono la persona umana dalla fondamentale indegnità dell’ignoranza e dell’abbandono. Vorrei incoraggiare, specialmente voi, le sorelle religiose, a perseverare in questo atteggiamento fedeli al carisma che lo Spirito Santo ha portato nei vostri Istituti.

8. Mie care sorelle: in quanto donne consacrate voi avete un effetto più profondo sul modo in cui il Vangelo viene incorporato nella cultura locale. Molto spesso voi “vivificate” una comunità cristiana dalle sue radici, stimolando ed accompagnando la sua crescita in un modo che non è concesso ad altri.

L’opera delle prime coraggiose donne religiose in questa regione ha lasciato un segno indelebile nella Chiesa di questo Paese.

Lodiamo insieme Dio per il servizio disinteressato delle molte suore missionarie che hanno portato innumerevoli benedizioni sulla Chiesa di questa terra. La loro è una testimonianza significativa dell’universalità dell’amore cristiano. E le suore native dello Zimbabwe sono la fioritura continua del dono divino che la Chiesa di questo Paese ha ricevuto dal suo Signore: “come in un albero piantato da Dio e in un modo mirabile e molteplice ramificatosi nel campo del Signore” (Lumen Gentium, 43). Questo particolare seme venne piantato quasi cent’anni fa, quando dopo un lungo ed avventuroso viaggio, le prime suore Domenicane arrivarono in questa zona, e da allora non ha mai cessato di dare i suoi frutti migliori.

Desidero dire una speciale parola di incoraggiamento alle Clarisse che hanno aperto una comunità ad Harare, la prima di questo genere in Zimbabwe. La vita contemplativa è una parte integrante della vita di ogni Chiesa particolare. La presenza di queste sorelle è un segno di una più matura comunità di fede, ed esse meritano il rispetto e l’amore dovuto alla loro speciale vocazione. Prego affinché possano esserci molte vocazioni qui in Zimbabwe per la vita contemplativa, che il Concilio definisce “una gloria per la Chiesa e una sorgente di grazie celesti” (Perfectae Caritatis, 7).

9. Cari fratelli religiosi: la vostra fedeltà e la vostra dedizione alla preghiera sono di vitale importanza per la Chiesa, e il servizio che voi rendete è indispensabile. Il vostro esempio di amministratori coscienziosi, di istruttori professionali e di artigiani esperti, è dimostrazione della dignità del lavoro, è di immenso valore per un Paese in via di sviluppo che non può progredire se non tiene in grande stima i lavoratori. L’esempio della vostra gioiosa sequela di Cristo e del vostro industrioso servizio pastorale è per molti fonte di incoraggiamento. Invito la Chiesa nello Zimbabwe a promuovere vocazioni alla fraternità senza alcuna paura che questo possa far deviare vocazioni dal sacerdozio, perché è il Signore che chiama dove e quando vuole.

Rivolgo un saluto particolare ai seminaristi e ai candidati alla vita religiosa nello Zimbabwe. Rendete sempre grazie a Dio che vi ha dato questa opportunità di discernere nella fede e in verità la chiamata che è la ragione del vostro speciale posto nella Chiesa. Ricordate, è una chiamata al servizio e alla santità di vita. Questo significa distacco dalle cose materiali, e implica la pratica di tutte le virtù cristiane, specialmente la castità, l’amore per il prossimo e zelo per la salvezza delle anime. Riponete la vostra fiducia nel Signore: egli è il vostro pastore, . . . Egli vi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome (Sal 23 [22], 1. 3).

10. Cari sacerdoti e religiosi: il prezzo che si paga per essere discepoli non è mai di poco conto. Qui a Bulawayo, voglio ricordare il primo Vescovo di questa diocesi, Adolph Schmitt, e tutti gli altri sacerdoti, religiosi e religiose, e i laici che hanno perso la loro vita durante i difficili anni della lotta per l’indipendenza, o più recentemente in seguito agli ultimi episodi di violenza. Che il loro sacrificio possa ispirare la Chiesa in questa terra a “proseguire il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga” (Lumen Gentium, 8). Affido tutti voi alla nostra Signora, Regina della Pace, il cui Santuario qui vicino ci ricorda che la vera pace ci viene in dono dal cuore del nostro amato Signore.

La pace di Cristo sia con tutti voi!



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