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VIAGGIO APOSTOLICO IN ZIMBABWE,
BOTSWANA, LESOTHO, SWAZILAND, MOZAMBICO

INCONTRO ECUMENICO DI GIOVANNI PAOLO II
NEL «CATHOLIC COMMUNITY CENTER» DI MASERU

Maseru (Lesotho) - Giovedì, 15 settembre 1988

 

Cari fratelli e sorelle in Cristo.

1. “Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo” (2 Cor 1, 2).

È una gioia per me avere l’opportunità di incontrarmi con i rappresentanti delle altre comunità ecclesiali del Lesotho. Come sapete, un motivo particolare per cui sono voluto venire nel vostro Paese è stato quello di celebrare qui la beatificazione del beato Joseph Gérard, uno dei primi missionari cattolici del popolo Basotho. Ma, allo stesso tempo, ho sentito che era importante che questa visita pastorale avesse una dimensione ecumenica. Inoltre, anche prima che i primi missionari cattolici arrivassero nel Lesotho, altri cristiani avevano già iniziato qui l’opera di evangelizzazione. E nel corso degli anni, fino ad oggi, voi e i vostri fratelli e sorelle cattolici vi siete impegnati a servire Dio in questa terra. Tuttavia, allo stesso tempo, voi avete sperimentato qui, come in altri luoghi del mondo, il triste fenomeno della divisione fra i cristiani. Voi avete inoltre provato un desiderio sempre più grande di superare gli ostacoli e le divisioni del passato per raggiungere in futuro quella completa unità per cui Cristo stesso ha pregato.

Sono sicuro che oggi questo servizio di preghiera darà coraggio a tutti coloro che sono impegnati nel movimento ecumenico e prego affinché si avvicini il giorno in cui saremo realmente una sola cosa in Cristo, con un’unità come quella che Gesù chiese al Padre suo quando disse: “Perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me” (Gv 17, 23).

2. Nella prima lettera di san Paolo ai Corinzi, il grande apostolo delle genti così si rivolge al popolo: “Mi è stato segnalato . . . che vi sono discordie tra voi” (1 Cor 1, 11). In seno alla Chiesa locale si sono formati dei gruppi, gruppi che minacciano la fede e la comunione dei membri. San Paolo desidera fare tutto ciò che può affinché questi siano eliminati. E per questo scrive: “Vi esorto pertanto fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di intenti” (1 Cor 1, 10).

Ciò che san Paolo desiderava dai cristiani di Corinto era che vincessero le divisioni e cercassero la grazia della sincera conversione. Per questo, senza un personale cambiamento di cuore, i conflitti e le discordie, non potranno mai essere sconfitti, e l’unità nel credo e nella pratica mai ripristinata.

Nel Concilio Vaticano II, i Vescovi della Chiesa cattolica hanno manifestato lo stesso bisogno di conversione per raggiungere il progresso ecumenico. Essi hanno affermato: “Ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente (cf. Ef 4, 23), dall’abnegazione di se stessi e dal pieno esercizio della carità” (Unitatis Redintegratio, 7).

Per noi, inoltre, l’impegno ecumenico comincia dalla preghiera umile, chiedendo al nostro Dio, che è pieno di grazia, di perdonare i nostri peccati, di illuminare le nostre menti e di donarci la grazia per cambiare il cuore.

3. Tale conversione vuol dire allontanarsi dal peccato e rivolgersi alla verità, la pienezza della verità che Cristo rivela. Con le parole del salmo, diciamo a Dio: “Ma tu vuoi la sincerità del cuore e nell’intimo m’insegni la sapienza” (Sal 51 [50], 6). Questa personale ricerca della verità, che inizia nella preghiera ed è aiutata dallo studio, rende possibile una delle principali attività del movimento ecumenico, vale a dire la pratica del dialogo.

Il dialogo cerca di raggiungere quella comunione della mente e del cuore che è modellata sulla vita interiore della Santissima Trinità. Le prime fasi, spesso molto lente e difficili, richiedono pazienza e perseveranza.

Le incomprensioni del passato devono essere vinte e una migliore comprensione reciproca deve essere sostenuta. Dobbiamo imparare a parlare onestamente gi uni con gli altri nella carità fraterna, con il desiderio di raggiungere ed abbracciare la pienezza della verità di Dio. In questo impegno, la chiarezza è un’espressione di carità, che il Concilio Vaticano II ha giustamente suggerito, affermando che: “Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta l’intera dottrina. Niente è più alieno dall’ecumenismo, quanto quel falso irenismo . . .” (Unitatis Redintegratio, 11).

Dobbiamo quindi procedere con l’arte del dialogo, rimanendo fedeli a ciò che lo Spirito di Dio ha già operato nelle nostre vite e nelle nostre comunità, fiduciosi che se invochiamo Dio nella fede “nell’intimo dei nostri cuori ci insegnerà la sapienza” (cf. Sal 51 [50], 6).

4. Nell’ambito del Consiglio Cristiano del Lesotho avete cercato di creare un centro di ricerca di questo dialogo ecumenico ed anche di promuovere la cooperazione fraterna nei progetti che servono al bene comune. Tale collaborazione manifesta l’autentica, sebbene imperfetta, unità in Cristo che già condividiamo. E può migliorare la nostra efficienza servendo i poveri e i bisognosi, secondo l’esempio di Gesù nostro Signore, che ci dice: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).

Particolarmente valide sono queste istanze quando i cristiani di diverse tradizioni si riuniscono nel nome di Cristo per difendere e promuovere la dignità e i diritti della persona umana, senza distinzione di razza, gruppo o ceto sociale. Tale azione comune a favore della giustizia e dell’eguaglianza rende testimonianza al Vangelo ed è al servizio di tutta la famiglia umana.

Di fronte a noi vi sono numerosi settori di collaborazione reciproca, come l’assistenza agli ammalati e ai sofferenti, l’assistenza alla vita familiare e gli sforzi volti a promuovere la riconciliazione e la pace. In un Paese come il Lesotho, che è in via di sviluppo, il compito di promuovere uno sviluppo integrale, costituisce indubbiamente un’ottima opportunità per lavorare insieme quali fratelli e sorelle nel nostro Signore e salvatore.

5. Cari amici in Cristo: teniamo sempre presente in ogni momento la croce del nostro Signore e redentore, perché nel salvatore crocifisso “voi che eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo” (Ef 2, 13). Naturalmente la via della piena unità nella fede e nell’amore è lunga e difficile. Non possiamo pretendere di arrivare alla fine senza molte preghiere e sofferenze. Tuttavia, con la grazia di Dio, abbiamo già percorso una lunga strada. È stato raggiunto un autentico progresso.

Con i tempi di Dio, le preghiere di Cristo per la perfetta unità saranno pienamente esaudite. Cristo ha già vinto il potere del peccato che causa ogni divisione. Non dobbiamo stancarci o smettere di lottare fino a raggiungere l’obiettivo tanto desiderato. Soprattutto non smettiamo mai di pregare, con gioiosa speranza, aprendo i nostri cuori, fiduciosi di ricevere i molteplici doni dello Spirito.

Ciò che ci porta lo Spirito sono tutti doni che accompagneranno la piena comunione in Cristo, i doni di “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5, 22-23). E come ci assicura san Paolo: “Contro queste cose non c’è legge . . . Se pertanto viviamo dello Spirito camminiamo anche secondo lo Spirito” (Gal 5, 23. 25).

Sì, seguiamo la guida dello Spirito, lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto nel Battesimo, “l’Avvocato” che sempre difende le nostre cause, “lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere (Gv 14, 17), lo Spirito che Gesù ha mandato per condurci “alla verità tutta intera” (cf. Gv 16, 13).

Amici miei in Cristo, vi saluto con le parole di san Paolo: “Per il resto fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi” (2 Cor 13, 11).



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