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VIAGGIO APOSTOLICO IN ZIMBABWE,
BOTSWANA, LESOTHO, SWAZILAND, MOZAMBICO

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I PRETI, I RELIGIOSI E I SEMINARISTI
NELLA CATTEDRALE DI MASERU

Maseru (Lesotho) - Giovedì, 15 settembre 1988

 

“Ho rorisoe Jesu Kriste!”

Cari fratelli e sorelle in nostro Signore Gesù Cristo.

1. È per me una grande gioia salutare voi tutti con le bellissime parole che il beato Joseph Gérard insegnò ai primi seguaci e che è ormai per tutti i cattolici una nobile tradizione. Sì, sia lodato nostro Signore Gesù Cristo! E sia lodata la sua beata Madre soprattutto oggi poiché ci incontriamo in questa splendida Chiesa che è dedicata a lei e che porta il nome di “Nostra Signora delle Vittorie”.

Cari fratelli sacerdoti, cari fratelli e sorelle nella vita religiosa e miei cari seminaristi: dopo aver celebrato la Messa di beatificazione questa mattina, sono felice di avere l’opportunità, nello stesso giorno, di incontrarmi con voi che siete così vicini al mio cuore. La beatificazione di padre Joseph Gérard, sacerdote e religioso, costituisce una vera e propria pietra miliare nella storia del Lesotho. È un segno della amorevole provvidenza di Dio che opera in mezzo a voi. È quindi questo il momento di celebrare e di rendere grazie al Signore della storia e al Dio dell’amore che ha chiamato ciascuno di voi per nome e vi ha dato la possibilità di partecipare della sua vita divina. E il modo migliore per rendere grazie a Dio è quello di ricordare gli eventi del passato attraverso cui si sono manifestate le sue benedizioni.

In primo luogo ricordiamo gli zelanti sacerdoti missionari e i religiosi del passato, quegli uomini e quelle donne dalla fede salda e dall’amore ardente che lasciarono le loro famiglie e i loro amici, la loro cultura e la loro patria, per portare il Vangelo di Cristo all’amato popolo di questa terra.

Quei primi missionari valicarono le montagne di questo bellissimo regno, spargendo il seme della fede cristiana e costruendo le fondamenta di una Chiesa viva e forte. Il ricordo di quei sacerdoti e di quei religiosi richiama alla mente le parole del profeta Isaia:

“Come sono belli sui monti
i piedi del messaggero di lieti annunzi
che annunzia la pace,
messaggero di bene
che annunzia la salvezza” (Is 52, 7).

In verità, “come sono belli i piedi del messaggero di lieti annunzi”! Ed è proprio questo che i sacerdoti e i religiosi sono chiamati a fare. Noi dobbiamo essere gioiosi araldi della buona novella di nostro Signore Gesù Cristo. Questa è la nobile eredità che oggi i missionari che hanno servito in questa terra vi hanno lasciato. A cominciare da padre Joseph Gérard e dai suoi compagni, la tradizione dello zelo nella predicazione della Parola di Dio e negli sforzi finalizzati ad uno sviluppo umano integrale e alla liberazione, è stata continuata con generosità da generazioni di sacerdoti e di religiosi, per la maggior parte provenienti da altri Paesi. Oggi, a quegli uomini e a quelle donne di Dio, noi rendiamo un omaggio particolare. Grazie ai loro sforzi, la Chiesa del Lesotho ha sperimentato una crescita sorprendente, sia nel numero che nelle opere. La storia del vostro Paese porta la testimonianza dell’importante contributo dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, che con grande zelo operano nei diversi settori della vita sociale: annunciano la buona novella e la pace, portano la gioia e proclamano la salvezza.

2. E ora è iniziata una nuova era per la vita della Chiesa in Lesotho, una nuova fase nel grande compito dell’evangelizzazione. È un tempo segnato dalla gratitudine per il passato e tuttavia dalla disponibilità ad affrontare le nuove sfide del presente e del futuro, un tempo in cui i figli e le figlie del Lesotho stanno prendendo il posto di molti missionari stranieri, rispondendo così alla chiamata di Cristo che invita a continuare il servizio pastorale della Chiesa in continuità con quanto è stato fatto prima. Come san Paolo, i missionari “come un sapiente architetto” hanno “posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra” (1 Cor 3, 10). C’è ancora un grande bisogno di missionari poiché essi rivestono un ruolo di estrema importanza, ma è giusto che anche i figli e le figlie di questa terra assumano maggiori responsabilità. Al tempo stesso, mi rallegro poiché la Chiesa locale sta inviando missionari in altri Paesi, soprattutto religiose. Anche questo prova quali abbondanti frutti l’amore di Cristo abbia prodotto in mezzo a voi.

Come insegna il Concilio Vaticano II: “L’opera dell’impianto della Chiesa in un determinato raggruppamento umano raggiunge una meta precisa, allorché la comunità dei fedeli, inserita ormai nella vita sociale e in qualche modo adeguata alla cultura locale, gode di una certa stabilità e solidità: fornita cioè di una sua schiera, anche se insufficiente, di sacerdoti, di religiosi e di laici del luogo . . .” (Ad Gentes, 19). La Chiesa del Lesotho ha raggiunto tale traguardo con l’aiuto della grazia di Dio e con gli sforzi di tante persone. E la beatificazione di padre Gérard, è il segno del raggiungimento di una certa maturità cristiana, una maturità che proclama la grandezza dell’amorevole provvidenza di Dio e la fecondità della grazia divina che opera nei cuori di coloro che credono, una maturità che mostra come la Chiesa locale sia ormai pronta per una nuova era di crescita in Cristo.

La Chiesa nel Lesotho, che in modo meraviglioso ha messo radici in questa terra, deve ora approfondire il dono della fede e perseverare nell’inesauribile compito dell’evangelizzazione, specialmente in quei settori che non sono ancora stati raggiunti dal Vangelo. I laici debbono essere aiutati a promuovere il Regno di Dio negli avvenimenti ordinari dell’esistenza quotidiana. La famiglia deve essere rafforzata nell’unità e nella sua missione vitale di vita e di amore. La società deve essere ispirata e purificata dal Vangelo; i mali sociali debbono essere combattuti e vinti attraverso la giustizia e l’uguaglianza garantite dalla legge. Vi sono inoltre le necessità particolari dei giovani, degli anziani, degli ammalati e degli invalidi. E la responsabilità di questo grande compito è in modo particolare su di voi, miei cari fratelli e sorelle in Cristo, sacerdoti e futuri sacerdoti, religiose e religiosi, che siete stati chiamati da Dio per servire lui e il suo popolo in questa terra.

3. Ricordate le parole del nostro Salvatore:

“Non voi avete scelto me,
ma io ho scelto voi;
e vi ho costituiti
perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16).

Cristo vi ha chiamato ad essere suoi “amici”. È lui che vi ha inviato. Cristo ha affidato a voi il compito dell’evangelizzazione. Certamente ciascun battezzato riceve questo incarico ed ha un ruolo da svolgere. Ma in modo particolare il Signore chiede a voi, sacerdoti e religiosi, di assumere la guida nel diffondere la buona novella della salvezza e nel dare pubblica testimonianza del Vangelo. Egli dice a voi quello che disse agli apostoli: “Insegnate loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).

Sì, il Signore è con voi sempre. Non dimenticate mai queste parole rassicuranti. Che esse siano sempre la vostra consolazione e la vostra forza, la vostra ispirazione e la vostra gioia. Il Signore è sempre con voi, qualsiasi servizio prestiate in seno alla Chiesa: nella preghiera, nell’apostolato e in tutti gli sforzi in favore della giustizia. E soprattutto il Signore è con voi nella assemblea liturgica. Per questo motivo, voi tutti dovete essere uomini e donne dell’Eucaristia. Poiché la Chiesa ci insegna: “Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiali e le opere d’apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia, e ad essa sono ordinati. Infatti nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa cioè lo stesso Cristo” (Presbyterorum Ordinis, 5).

Nella comunione con Cristo, voi troverete la forza di adempiere la vostra missione nella Chiesa. In Lesotho, come in tanti altri Paesi, questo si identificherà con un’evangelizzazione della vostra cultura, vale a dire un’evangelizzazione dei vostri costumi e delle vostre tradizioni, della vostra arte, della vostra musica, di tutte quelle doti innate e quei valori che sono propri della vostra società. Tutte queste cose, dovrebbero essere purificate e arricchite dalla luce e dalla forza del Vangelo.

Ma come si evangelizza una cultura? Come potete assecondare l’opera dello Spirito Santo in mezzo a voi? Si comincia con l’evangelizzare le genti, poiché la cultura è il prodotto di un popolo ed è plasmata dalla qualità del rapporto che si ha gli uni con gli altri e con Dio. E quindi il primo passo è evangelizzare come fece lo stesso Gesù cioè chiamando i popoli alla conversione. Ricordate le prime parole che Gesù pronunciò nel ministero della sua vita pubblica, parole che san Marco riporta nel Vangelo: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino” disse “convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15). La vita cristiana, infatti, implica una conversione costante. A tale riguardo può essere di grande aiuto accostarsi regolarmente al sacramento della Penitenza. Ogni aspetto della nostra vita personale e sociale deve essere purificato ed ispirato dalla verità e dall’amore di Cristo. Solo allora le leggi e le istituzioni della società, saranno rese conformi alle esigenze della giustizia e della dignità umana. Ci vuole tempo prima che i comportamenti e le abitudini si modifichino, e tuttavia essi possono essere cambiati. Con l’aiuto della grazia di Dio e il potere della morte e risurrezione di Cristo, ciascuno di noi può abbracciare il cuore e la mente di nostro Signore e Dio.

4. Cari fratelli e sorelle in Cristo: la missione che vi è stata affidata da Dio è veramente una missione vitale per la Chiesa e per il mondo, è una missione che senza dubbio vi porterà ad essere partecipi della croce di Cristo e al tempo stesso della sua resurrezione. Come ci rammenta san Paolo: “Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della Riconciliazione” (2 Cor 5, 18).

Non dobbiamo mai dimenticare questa verità: “Dio ci ha riconciliati con sé”. La nostra vocazione è cominciata come opera di Dio, come dono divino di riconciliazione e di comunione con lui. Grati per questo dono, non tralasciate alcuno sforzo per preservare e approfondire la vostra unione con Dio, soprattutto attraverso la preghiera quotidiana e la gioiosa imitazione di Gesù nella sua castità, povertà ed obbedienza. Questo è il segreto di un fecondo ministero in seno alla Chiesa; ed è la via che il beato Joseph Gérard ha seguito nel suo lungo servizio sacerdotale. Lo stesso Gesù ci ha detto: “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5).

La nostra comunione con Cristo scaturirà necessariamente dall’amorevole comunione degli uni con gli altri. Questo è il comandamento che Gesù ha dato ai suoi discepoli: “Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati” (Gv 15, 12). Tra i sacerdoti vi è una speciale fratellanza radicata nella loro ordinazione sacerdotale. È quindi naturale che essi si amino gli uni gli altri proprio come fratelli, che si sostengano vicendevolmente nel ministero della parola e del sacramento e che compiano sforzi costanti per incoraggiarsi gli uni gli altri attraverso la preghiera, la carità e l’aiuto reciproco.

Questo spirito di fraternità sacerdotale dovrebbe cominciare a manifestarsi già nel seminario. Infatti uno degli obiettivi della formazione sacerdotale è proprio quello di promuovere in ciascun seminarista le qualità umane e spirituali che gli permettano di essere attivo ministro di riconciliazione e un autentico fratello in Cristo per gli altri sacerdoti del suo presbiterato diocesano.

Certamente, la vita religiosa offre numerose opportunità per crescere non soltanto nell’amore di Dio, ma anche in quello degli altri. La preghiera comune e l’apostolato collegiale sono soltanto due esempi di come i religiosi vivano una vita comunitaria, radicata nella carità reciproca. Ancora più importante per un profondo spirito di fratellanza è “l’unità di mente e di cuore” che è alimentata dal comune perseguimento della santità, dal comune carisma e dal comune impegno, per la vita, di seguire Cristo conformemente al Vangelo e alle costituzioni dei loro specifici Istituti.

Come “prescelti” da Dio e quali servitori della Chiesa, tutti voi, sacerdoti e seminaristi, suore e fratelli religiosi, siete chiamati a costruire e a rafforzare l’unità di tutti i credenti in Cristo. Talvolta sono necessari sforzi particolari per promuovere una fruttuosa collaborazione tra il clero e i religiosi o tra i diversi istituti religiosi. I laici devono essere considerati autentici fratelli e sorelle in Cristo, con un ruolo vitale nella missione della Chiesa e con il diritto di avere la nostra amicizia e il nostro incoraggiamento. E nessun ministero in seno alla Chiesa può dare frutti duraturi se non viene portato avanti nella fedele collaborazione con i Vescovi locali, in comunione con la Chiesa universale.

Miei fratelli e sorelle: concluderò questo discorso facendo mia l’esortazione di san Paolo a Timoteo: “ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te . . . Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro . . . ma soffri anche tu insieme con me per il Vangelo, aiutato dalla forza di Dio” (2 Tm 1, 6-8).

Non vergognatevi dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro!

Con la parola e con le azioni, di fronte al mondo date testimonianza della buona novella di nostro Signore Gesù Cristo.

Che la Vergine santissima e il beato Joseph Gérard vi aiutino con le loro preghiere e la loro protezione celeste.

Che Dio vi benedica tutti.



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