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VIAGGIO APOSTOLICO IN MADAGASCAR, LA RÉUNION, ZAMBIA E MALAWI

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI MALGASCI

Nunziatura Apostolica di Antananarivo (Madagascar)
Sabato, 29 aprile 1989

 

Carissimi fratelli nell’Episcopato.

1. Si realizza oggi il desiderio che portavate in voi da vari anni: la visita del Papa alla vostra Chiesa. Lo desideravo ardentemente anch’io. Ringrazio il vostro Presidente per le sue parole di benvenuto di questa sera. Ci eravamo soffermati sulle vostre preoccupazioni pastorali e sulle vostre speranze durante l’ultima visita “ad limina”, ma trovarmi con voi, nel cuore della vostra Chiesa, è una grazia per me. Faccio mie le tre ragioni che già san Paolo adduceva nell’esprimere ai Romani il suo desiderio di recarsi tra loro (cf. Rm 1, 11-15).

Mi è grato innanzi tutto essere testimone della vitalità religiosa delle vostre comunità cristiane, di fondazione ancora recente. Sono lieto di coglierne la testimonianza per portarla a Roma e alle altre Chiese.

Mi auguro che la mia visita dia nuovo slancio all’evangelizzazione che vi sforzate di portare avanti in tutti i campi, e sia d’incoraggiamento a coloro che vi collaborano.

Infine, in adempimento al compito che è proprio del successore di Pietro, vorrei contribuire a rinforzare la comunione che vi unisce alla Chiesa intera. La vostra posizione insulare, lontana da Roma, non deve assolutamente privarvi di questo scambio che caratterizza l’intero Corpo di Cristo. Al di là delle particolarità culturali dei popoli, siamo partecipi tutti della stessa fede, siamo chiamati ad organizzare la Chiesa, nella sua diversità, secondo le stesse strutture essenziali.

La Chiesa deve essere “comunione, al servizio della solidarietà di un popolo”, secondo il tema che avete scelto per questa visita pastorale. Voglio promuoverlo insieme a voi.

2. Innanzitutto, voglio rendere grazie insieme a voi, per tutti i frutti dell’evangelizzazione in terra malgascia.

Domattina lo faremo solennemente con tutto il Popolo di Dio di Antananarivo e del Madagascar, beatificando Vittoria Rasoamanarivo. Essa ha realizzato perfettamente, nella vita da laica sposata, poi vedova, ciò che Cristo attende dai suoi discepoli, ciò che la Chiesa attende dai battezzati. La sua perseveranza nella fede e la sua luminosità apostolica fanno grande onore al popolo malgascio. Ma non è l’unica. Pensiamo a fratel Raphael Louis Rafiringa e ad un intera fioritura di altri laici, di religiosi, di sacerdoti ed ancor più di religiose, figli di questa terra: sono segno che la Chiesa ha messo ormai salde radici da voi, con i suoi Pastori scelti nel suo seno.

Insieme a voi, come dicevo stamane ad Antsiranana, vorrei rendere grazie a Dio per i pionieri missionari, venuti da lontano. I gesuiti ed i lazzaristi avevano desiderato evangelizzare questa terra già nel XVII secolo, senza poter ancora fondare una Chiesa. Avete giustamente reso omaggio a padre Pierre Dalmond, considerato fondatore della Chiesa cattolica nel Madagascar centocinquant’anni fa, con mezzi poveri e con una perseveranza ammirevole. Da cent’anni sono venute come rinforzo numerose congregazioni di religiosi e di religiose. Oltre cinquecento sacerdoti espatriati prestano ancora il loro servizio. Si deve ammirare la fede di questi uomini e di queste donne, il loro sincero amore per i vostri connazionali, tutta la loro silenziosa dedizione. Se nel passato il loro arrivo coincise con la conquista, questo non deve offuscare i loro meriti. Il loro solo desiderio, infatti, era di condividere con voi la fede che avevano essi stessi ricevuta gratuitamente. Oggi la gioia di questi apostoli è di vedere che c’è chi dà loro il cambio.

Infine, ringraziamo Dio del fervore e dello slancio manifestati oggi dalla Chiesa malgascia. Le strutture della Conferenza Episcopale, il funzionamento delle sue commissioni e degli organismi collegati costituiscono altrettanti punti di riferimento necessari per molte attività ecclesiali dinamiche, come attestano il Sinodo nazionale del 1975, il simposio dei sacerdoti del 1978, il simposio dei giovani del 1985. Quello che importa, oltre queste attività, è la qualità della fede e dell’amore che esse devono mantenere.

3. In quali direzioni deve svilupparsi questo dinamismo? Deve servire innanzi tutto l’evangelizzazione, con tutta la ricchezza di significato esposta nell’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi (cf. Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 17-39); l’annuncio e la messa in atto del messaggio di salvezza di Gesù Cristo per gli uomini e le donne del Madagascar, così come sono caratterizzati dalla loro cultura.

In occasione della visita “ad limina” (Ad Madagascariae episcopos sacra Limina visitantes, 3, die 21 maii 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 2 [1987] 1724ss.), avevamo menzionato i diversi stadi e settori dell’evangelizzazione. Una parte delle vostre diocesi è piuttosto sguarnita, sotto tutti i punti di vista, e numerosi sono i Malgasci che non hanno avuto una vera iniziazione alla fede. Rimane ancora da realizzare soprattutto qui, ma anche altrove, una prima evangelizzazione. Incoraggio quelli che vi si impegnano, Malgasci e stranieri; e spetta senza dubbio a voi richiamare a questa responsabilità missionaria nei confronti dei loro fratelli, i cristiani malgasci che hanno ricevuto i primi doni della fede. Del resto sembra necessario e giusto un aiuto reciproco tra diocesi.

Vi sta a cuore che la buona Novella tocchi le persone nel più profondo del loro essere, tenendo conto della loro lingua, della loro saggezza quale la esprimono molti proverbi, del loro senso di Dio e dei loro vincoli con gli antenati, dei loro costumi familiari e sociali, in una parola, della loro cultura. I lazzaristi avevano preso una notevole iniziativa nel comporre un catechismo in lingua malgascia già nel 1657. L’intera Bibbia è stata pubblicata in malgascio nel 1835. Ma l’inculturazione è un’opera molto più complessa che la traduzione linguistica; giustamente prestate ad essa molta attenzione. Il Concilio Vaticano II ha incoraggiato gli sforzi in questo senso. Presso di voi le prime generazioni cristiane, delle quali Vittoria è simbolo, hanno accolto il Vangelo nella sua radicalità, come era stato portato loro. I valori evangelici hanno potuto trasformare allora poco a poco e rinforzare il senso religioso e i valori umani quali la bontà, la pazienza o la solidarietà di cui l’anima malgascia è quasi naturalmente impregnata. Nell’opera di inculturazione, il dialogo tra la Chiesa universale e le altre Chiese africane è importante affinché l’originalità del messaggio cristiano sia salvaguardata, con la sua struttura teologica ed etica. La riflessione che state facendo nell’ottica dell’assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sarà molto importante per la nuova evangelizzazione in tutta questa regione del mondo.

La preoccupazione per l’inculturazione non sostituisce, anzi richiama ed orienta tutti gli impegni di formazione, profonda e sistematica, e cioè contemporaneamente: catechesi dei bambini, catechesi dei giovani studenti di liceo, formazione continua degli adulti. Mi auguro che le scuole cattoliche svolgano la loro missione d’insegnamento globale beneficiando degli aiuti pubblici giustificati dai servizi resi alla società. Avete festeggiato i vent’anni del Centro nazionale catechistico, che ha potuto dare una formazione a numerosi catechisti diplomati. Voglio citare anche le trasmissioni cattoliche. Ecco esempi di una pastorale prioritaria perché la fede metta radici. L’attrazione delle sètte mette in evidenza la fragilità del sentimento religioso quando questo è mancante di riflessione, di nutrimento.

4. La fede è inseparabile dalla etica cristiana. È il vasto campo della formazione delle coscienze: è incombenza della Chiesa, e di voi tutti specialmente, che siete stati costituiti dottori e guide per il Popolo di Dio. La vostra parola profetica potrà dare il gusto dei veri valori. E questo servizio è d’importanza capitale per la società nel suo insieme, le cui mutazioni comportano molti pericoli. Consideriamo soprattutto l’etica familiare e l’etica sociale. Siete intervenuti sull’argomento con coraggio e con chiarezza nei vostri documenti. Mi auguro che i vostri connazionali ne riprendano gli insegnamenti e s’ispirino ad essi nella loro vita.

Per quanto attiene la famiglia, conosco il vostro documento del 22 novembre 1988 sul rispetto della vita. Richiamate con fermezza il piano di Dio sull’amore coniugale e la procreazione; proponete una pianificazione familiare naturale, rifiutate “l’imperialismo della contraccezione”, e ancor più l’aborto, che del resto è contrario alla saggezza malgascia e alla legge civile. V’incoraggio vivamente a continuare a formare le coscienze su questo punto fondamentale. Iniziative come il Movimento di Promozione Familiare (FTK) potranno contribuire a questa pastorale.

Nel campo civico e sociale, nel 1987 abbiamo parlato di un serio deterioramento del clima morale e sociale. Tutti questi mali sono ben conosciuti e ormai spesso denunciati. Tanto più urgente è una ripresa. Possano i responsabili politici reagire contro tutto ciò che mina il coraggio di lavorare e l’onestà, la sicurezza e la pace, il senso del bene comune e l’etica del servizio, il progresso sociale e l’unità nazionale! E possa la vostra lettera pastorale del novembre 1987 dal titolo “Per il risanamento della nazione” suscitare presso i vostri connazionali un’azione concreta e perseverante! Sì, bisogna promuovere la giustizia, ma bisogna anche portare sollievo oggi stesso all’indigenza, come s’impegna a fare la vostra Caritas. Bisogna promuovere anche la salute. Bisogna lottare contro l’analfabetismo. Bisogna incoraggiare gli “animatori di sviluppo”.

5. Per realizzare l’evangelizzazione e ispirare la promozione umana di cui abbiamo parlato adesso, non mancherete di fare appello a tutte le forze vive della Chiesa.

I fedeli laici, nel Madagascar, hanno assunto sin dall’inizio il ruolo importantissimo che incombeva loro sia nei compiti ecclesiali che nel rinnovamento delle strutture della società. Hanno formato dei “Comitati di Chiesa”. Possono collocarsi senz’altro nella linea della recente esortazione apostolica. Parlerò su questo argomento domani. Incoraggiateli. Create dei militanti nei vari ambienti, anche quelli operai e rurali, date loro delle possibilità di formazione spirituale e di discernimento.

So bene che lo smarrimento dei giovani vi preoccupa in particolar modo; il loro grande numero rende tanto più preoccupanti i problemi della qualità dell’insegnamento e della disoccupazione. Ma i giovani cristiani hanno anche coraggio e salute spirituale - possono essere apostoli come all’epoca di Vittoria.

Mi rallegro con voi per l’aumento del numero di religiosi, e particolarmente di religiose malgasce. È un bellissimo segno per la vita apostolica e per la vita contemplativa.

Tutto questo non deve in alcun modo diminuire i vostri sforzi per preparare un clero più numeroso, desideroso di competenza e di santità. Questa formazione è per voi una preoccupazione fondamentale, dalla quale dipende il futuro della Chiesa e la qualità dell’apostolato dei laici stessi. Vedete con gioia aumentare sensibilmente le vocazioni; questo fenomeno è senza dubbio dovuto in buona parte alla qualità cristiana delle famiglie, ma anche alla pastorale delle vocazioni, alla mobilitazione dei cristiani nella preghiera, e al contributo specifico dei piccoli seminari e dei noviziati, a condizione che il discernimento vi sia correttamente esercitato nella scelta e nelle motivazioni dei candidati.

Per quanto riguarda i grandi seminari, vi siete orientati verso case decentrate in ciascuna provincia, con uno statuto speciale per l’Istituto Superiore di Teologia di Ambatoroka (ISTA). I motivi di questa scelta sono facili da capire. Resta tuttavia intatto il problema di fornire a questi seminari superiori, insegnanti e direttori spirituali competenti. Anche con la soluzione prospettata di professori specializzati itineranti, rimane indispensabile che gli accompagnatori spirituali rimangano costantemente vicini agli studenti. Possiate convincere i vostri sacerdoti, secolari o religiosi che siano, della bellezza di quel ministero che consiste nel formare futuri sacerdoti!

Per quanto riguarda i sacerdoti delle vostre diocesi, vi incoraggio a fare di essi un presbiterio unito e fraterno, dove secolari e religiosi vivano in armonia. Sarete attenti alle situazioni di solitudine o allo scoraggiamento che le condizioni del loro ministero potrebbero creare. In contraccambio, chiedo ai sacerdoti, specialmente a quelli espatriati, di collaborare lealmente con voi.

Accanto alle forze cattoliche vive, sono attive altre comunità cristiane. L’ecumenismo va promosso, dicevo poco fa nella cattedrale. Abbiamo infatti una testimonianza comune da dare, nei confronti di coloro che non conoscono Cristo e di fronte ai gravi problemi dello Stato. Nel Nord, il dialogo interreligioso con i musulmani trova anche esso una sua collocazione, sempre nella chiarezza.

Effettivamente, dobbiamo innanzi tutto e soprattutto pregare lo Spirito Santo, che ci è stato trasmesso attraverso l’imposizione delle mani nel momento della nostra ordinazione episcopale: egli dimora in noi. Lui solo può far sì che il nostro ministero porti un sovrappiù di santità nel nostro popolo; lui solo mantiene in noi la speranza, perché dobbiamo continuare a seminare, sapendo che la messe non ci appartiene. Ma se saremo fedeli, la messe non mancherà. Con l’apostolo Pietro, vi dico: “Fatevi modelli del gregge” (1 Pt 5, 3). E vi benedico con tutto il cuore.



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