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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II DURANTE LA VISITA
AL PONTIFICIO SEMINARIO ROMANO MAGGIORE AL LATERANO

Sabato, 4 febbraio 1989

 

Carissimi.

Siamo venuti oggi in questo seminario romano; siamo venuti pellegrini presso la Madonna della fiducia, patrona di questa casa, di questa scuola, di questo seminario. Siamo venuti anche in attesa di un nuovo concerto che appartiene già alla buona tradizione della festa seminaristica della patrona, la Madonna della fiducia. Ed abbiamo ricevuto un grande dono, un grande regalo: un racconto sintetico su san Giovanni Battista, che era una voce nel deserto, che era un profeta, e più che un profeta: era un testimone e un martire. In questo racconto cantato abbiamo potuto rivivere tutti insieme la parte, l’eroica parte da lui avuta nella missione di Gesù, nella missione del Messia. Ringraziamo profondamente per questa sintesi musicale-evangelica suggestiva, profonda. Certamente, in questo caso l’arte ci è servita per trovarci insieme in queste profondità della missione di san Giovanni Battista, il precursore.

Permettete che mi soffermi sull’inizio, sulle prime domande con cui si presentavano a Giovanni, sulle rive del Giordano, i vari gruppi di persone: “Che cosa dobbiamo fare?”. È una domanda fondamentale per ciascuno di noi, in diversi momenti della vita, ma direi una domanda importante specialmente negli anni della giovinezza. “Che cosa dobbiamo fare?”. La stessa domanda fu rivolta più tardi da un giovane a Gesù Cristo. L’uomo vive con questa domanda. È significativa questa domanda per la persona umana, per ogni uomo e per ogni donna, per ogni giovane, per ogni ragazzo, per ogni ragazza. Possiamo dire che questa domanda spiega, costituisce la dimensione personale dell’uomo e della donna; spiega e costituisce la dimensione teologica della nostra vita. Non possiamo vivere senza una risposta a questa domanda.

Come abbiamo ascoltato, Giovanni Battista ha fatto sue diverse risposte, poi lui è scomparso, da martire. Ma Gesù ha dato risposte definitive, non solamente per i tempi della sua azione messianica, della sua vita: è lui, Gesù, colui al quale indirizziamo anche oggi le stesse domande. L’uomo non può vivere senza queste domande certamente generiche o anche molto concrete, ma sempre contenute entro il carattere generico e semplice delle domande che abbiamo ascoltato nel testo odierno. Nessuno di noi può vivere solamente di domande: se le pone e se si apre ad esse, vuole ricevere una risposta. Risposta che è necessaria; non si può creare un vuoto: l’intelligenza umana, il cuore umano, la vita umana, deve essere riempita da una risposta, risposta convincente, soddisfacente, definitiva.

Sono convinto che questa casa, che si chiama seminario romano, è un ambiente in cui si vive con questa domanda e in cui si è sentita sempre più profondamente una risposta convincente: una risposta che dà un indirizzo, un senso a tutta la nostra vita. E così, con tutti voi qui presenti, seminaristi e ospiti, giovani, con tutti voi, vorrei affidare queste domande alla patrona di questa casa, la Madonna della fiducia. Ecco, abbiamo questa fiducia se veniamo qui, o seminaristi, o ospiti o quanti frequentano questa casa nella prospettiva di una vocazione cristiana, soprattutto sacerdotale e religiosa, ma anche per la vita di famiglia. La Madonna della fiducia: veniamo a lei per aprirci con questa domanda e speriamo di essere ascoltati e di essere gradualmente riempiti della risposta vera, giusta, la risposta che può dare un indirizzo, un senso a tutta la nostra vita.

In questo giorno dedicato alla Madonna della fiducia auguro a tutti i presenti una tale risposta da parte di lei che è la fiducia di cui abbiamo bisogno. Ella ci potrà aiutare a trovare una risposta decisiva e illuminante per tutta la nostra vita.

Ancora una volta ringrazio per questo concerto tutti gli artisti e il compositore-direttore. Posso dire infine che, come sempre, anche quest’anno il concerto è stato per noi fonte di ispirazione. Grazie.


Nella Sala dei Papi, Giovanni Paolo II si incontra poco dopo con i seminaristi e i loro superiori. Dapprima ascolta il breve saluto rivoltogli dal Rettore, quindi risponde con le seguenti parole.  

Cosa posso dire al vostro nuovo rettore? Posso dire che nessuno di noi studia per essere rettore; né studia per diventare Vescovo; tanto meno da Papa. Noi studiamo e, nello stesso tempo, siamo studiati. E chi ci studia con occhio molto attento, molto amabile, è lo Spirito Santo. E se ci dice anche nella Sacra Scrittura che lui costituisce i Vescovi, si potrebbe dire anche, per analogia, che costituisce anche i rettori dei seminari.

Questo viene giustificato specialmente in questo seminario in cui l’anno scorso vi era un rettore diventato poi Vescovo. Si vede allora che questi studi dello Spirito Santo vanno avanti insieme.

Voglio augurare al nuovo rettore di essere felice in questo seminario. Mi diceva che la sua esperienza era diversa; proviene dalla parrocchia. Ecco, il seminario è una parrocchia, la parrocchia più importante di tutte le parrocchie della Chiesa di Roma e da cui tutte le altre parrocchie dipendono; dipendono il futuro, lo sviluppo, la vita cristiana, spirituale e pastorale dipende da questo seminario.

Non solamente il Sinodo diocesano passa attraverso il seminario, ma passa la Chiesa di Roma e il suo futuro attraverso questo seminario. Per questo voglio dire a monsignor rettore, in risposta alle sue parole che lui è entrato in una casa dove la maestra principale è la Madonna della Fiducia. Allora può essere fiducioso, può avere fiducia. Tutto andrà bene con l’aiuto di lei.

Auguro così tutto il bene ai componenti del Seminario Romano, agli educatori e soprattutto al rettore che guida tutta la comunità.

“Ad multos annos”.

Un altro momento di intensa comunione con i giovani del Seminario Romano, il Papa lo vive con la cena consumata nel refettorio insieme con i seminaristi. Poco prima di recarsi nella Cappella della Madonna della Fiducia per la recita del Rosario che la Radio Vaticana trasmette in diretta, il Santo Padre ascolta le parole che a nome dei suoi compagni gli rivolge un diacono proveniente dalla città polacca di Thorun, in diocesi di Pelplin.
Sollecitato dalle parole del giovane, Giovanni Paolo II così risponde.
 

È veramente una “agape” spirituale: prima il concerto ed ora abbiamo ascoltato più che un discorso; abbiamo ascoltato una improvvisazione teologico-poetica molto bella e profonda. Vi ringrazio per tutto questo e per la buona accoglienza. Il Cardinale vicario viene qui in seminario ogni settimana. Io posso venire una volta all’anno e per me questo privilegio di stare insieme con voi è ancora più grande. È un privilegio perché vengo qui per ringraziare il Signore di ogni vocazione sacerdotale che in questo ambiente, in questo seminario, trova la sua accoglienza, la sua maturazione, la sua crescita, il suo compimento. E questa è una grande grazia del Signore, dello Spirito Santo. È bene che oggi il nostro incontro sia anche legato con il primo sabato del mese: possiamo recitare il rosario come speciale ringraziamento per la fiducia che la madre, la Madonna della fiducia, ci dà attraverso questo seminario: così possiamo guardare con fiducia e con speranza al futuro.

Ci sono grandi bisogni nella Chiesa, anche in quella di Roma. Dappertutto, la Chiesa dopo un periodo un po’ critico, contestatario, si vede impoverita specialmente nel campo sacerdotale: mancano sacerdoti in varie parti del mondo e questo crea diverse conseguenze, diverse difficoltà per le Chiese locali. Tra l’altro, per esempio, nei paesi americani, specialmente in America Latina, questo dà spazio ad una grande offensiva delle sètte: si presentano perché mancano i sacerdoti, possono riunire i fedeli cattolici per farli pregare con loro, perché mancano i sacerdoti. Questa gente desidera avere un sacerdote, e se la media per l’America Latina è di un sacerdote per diecimila fedeli si capisce bene che è molto difficile servire le comunità, servire le anime. Questo lo dico come Vescovo di Roma. Il Vescovo di Roma porta infatti con sé, certamente, la conoscenza e le sollecitudini delle diverse Chiese, di tutto il mondo, le loro preoccupazioni, le loro speranze. Tra queste preoccupazioni e speranze, le vocazioni si trovano al posto prioritario. Così, ringraziando per ciascuna delle vocazioni che hanno trovato il loro posto, il loro ambiente, in questo seminario romano vorrei anche insieme con voi pregare per le vocazioni. Si deve pregare molto, così come ci ha suggerito Gesù stesso: “Pregate il Signore della messe”.

A voi tutti che vi preparate al ministero sacerdotale auguro di trovare, nella vostra preparazione e poi nel ministero stesso, non soltanto una personale gratificazione, ma anche ciò che si ama chiamare “auto-realizzazione”. Oggi le persone, i giovani sono molto bisognosi di questa auto-realizzazione, ne parlano molto. La capiscono qualche volta in modo un po’ sviato. Questa nostra auto-realizzazione umana non si trova se non attraverso Gesù Cristo, attraverso il dono di se stessi: questa è la formula cristiana, così antica come il Vangelo stesso, introdotta poi nel documento Gaudium et Spes del Vaticano II. L’uomo, essendo l’unico essere che Dio ha voluto per se stesso, non può realizzarsi se non attraverso il dono di se stesso. In questo senso vi auguro una auto-realizzazione sacerdotale. E questa partecipazione che vi offre il seminario sia per voi già una iniziazione a quello che deve essere in futuro il vostro sacerdozio, il ministero sacerdotale: amore per le anime e, attraverso di esse, amore per Cristo che ci ha amato senza misura.

Vi auguro anche una buona Quaresima: che sia molto fruttuosa.

 

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