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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN NORVEGIA, ISLANDA,
FINLANDIA, DANIMARCA E SVEZIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE L’INCONTRO ECUMENICO
NELLA SALA DI RE CRISTIANO IV

Castello di Akershus di Oslo (Norvegia)
Giovedì, 1° giugno 1989

 

Caro Vescovo Aarflot,
cari amici.

1. In questa gioiosa occasione il mio cuore è ricolmo di gratitudine e lode a Dio onnipotente, che ci ha riuniti nel nome del suo amato Figlio, Gesù Cristo.

Sono venuto in Norvegia innanzitutto per visitare i miei fratelli e le mie sorelle cattolici, per incoraggiarli e confermarli nella loro fede, così come Gesù ha pregato Pietro di fare per il suo gregge (cf. Lc 22, 32). Ma sono venuto anche in uno spirito fraterno di rispetto e amore per salutare tutti i cristiani, che attraverso la fede e il Battesimo sono rinati ad una vita nuova. Sono venuto qui come un fratello in Cristo, nella speranza che la mia visita possa essere per tutti i popoli un segno concreto dell’amore infinito di Dio.

Per questo motivo desidero ringraziare tutti voi, rappresentanti della Chiesa luterana e delle altre Chiese e comunità ecclesiali in Norvegia, per la vostra presenza qui. Sono particolarmente grato a lei, Vescovo Aarflot, per le sue cortesi parole di benvenuto questa sera e in modo particolare per la sua gradita lettera dello scorso anno, in cui mi ha detto che la visita del Papa in Norvegia era attesa con gioia e aspettativa. Poiché ella è stato uno degli osservatori ecumenici al Sinodo straordinario dei Vescovi tenutosi a Roma nel 1985 per celebrare il ventesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, lei ha contribuito alla preparazione del rapporto che gli osservatori hanno sottoposto al Sinodo. In esso si legge fra l’altro: “Desideriamo ringraziarvi per la fiducia che avete riposto nelle nostre Chiese. Non ci avete visti come estranei o rivali, e noi non ci siamo sentiti tali. Ci avete accolti come fratelli in Cristo attraverso la fede e il battesimo, anche se non ancora in comunione perfetta” (Information Service, SPCU, 60, 20). Oggi, in Norvegia, anche io posso dire di essere stato accolto non più come un estraneo o un rivale, ma come un fratello in Cristo, e di ciò mi rallegro moltissimo.

2. Il nostro desiderio di avvicinarci sempre di più è rafforzato dal fatto che protestanti e cattolici in Norvegia condividono un’eredità comune. Il Vangelo è stato portato qui secoli fa, assai prima degli avvenimenti del sedicesimo secolo. L’unica Chiesa fioriva in questo Paese, nutrita dalla testimonianza di cristiani impegnati quali il grande martire sant’Olav, al quale guardano sia cattolici che protestanti come fonte di ispirazione. Questa storia degli inizi e in stridente contrasto con il periodo successivo alla riforma, quando, per oltre quattrocento anni, fra amarezze e sospetti, i cristiani divisi si sono reciprocamente sbarrati le porte. Per tutti questi secoli siamo coesistiti nella separazione. Nonostante ciò rimaneva una certa comunione, anche se imperfetta (cf. Unitatis Redintegratio, 3).

La comune eredità di protestanti e cattolici in Norvegia - le loro radici comuni - è tanto più importante oggi, in quanto il movimento ecumenico crea nuove possibilità e una nuova speranza che un giorno possa essere ristabilita l’unità fra i seguaci di Cristo. Come afferma il Concilio Vaticano II: “Il Signore dei secoli . . . ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l’interiore ravvedimento e il desiderio dell’unione” (Unitatis Redintegratio, 1). Oggi con la grazia di Dio non cerchiamo altro che quella pienezza di unità fra i cristiani che Cristo voleva per la sua unica e sola Chiesa.

3. Il ristabilimento della comunione nella piena unità che perseguiamo, esige un impegno comune al compito ecumenico. Non posso mai abbastanza sottolineare quanto profondamente questo impegno sia divenuto una parte irrevocabile della vita della Chiesa cattolica. Il Concilio Vaticano II ne ha stabilito la direzione nel suo storico decreto sull’ecumenismo nel 1964. Il nostro nuovo Codice di Diritto Canonico ha cercato di applicare l’insegnamento conciliare affermando ancora una volta che “per volontà di Cristo” la Chiesa è impegnata a promuovere il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani (cf. Codex Iuris Canonici, can. 755, §1). Chiarisce inoltre che è dovere del Vescovo promuovere l’ecumenismo trattare con umanità e carità coloro che non sono in piena comunione con noi (cf. Codex Iuris Canonici, can. 383 §3). Il Sinodo straordinario dei Vescovi nel 1985 ha osservato che “l’ecumenismo si è iscritto profondamente e indelebilmente nella coscienza della Chiesa” (Synodi Extr. Episc. 1985, Relatio Finalis, II, C, 7).

Sono consapevole che fra i cristiani esistono diverse interpretazioni del significato e dello scopo del ministero del Vescovo di Roma, anche quando questo ministero è un servizio all’unità. Personalmente mancherei gravemente al mio dovere quale successore dell’apostolo Pietro se non cercassi costantemente e con forza di promuovere l’unità fra i cristiani. Lo faccio in obbedienza a Cristo che voleva l’unità fra i suoi discepoli e in risposta alla grazia dello Spirito Santo che è all’opera nel promuovere questa unità nel nostro tempo (cf. Unitatis Redintegratio, 1).

Da parte sua, la Chiesa luterana di Norvegia ha dato allo stesso modo contributi significativi al movimento ecumenico. Un riconoscimento speciale va tributato alla memoria del Vescovo Berggrav e del professor Einer Moland, due grandi campioni dell’ecumenismo. Più recentemente - a Stavanger nel 1985 - la Chiesa luterana di Norvegia ha ospitato l’assemblea plenaria della commissione sulla fede e l’ordine. Questa non è stata soltanto un’espressione di generosa ospitalità, ma anche la manifestazione di una crescente consapevolezza del fatto che, nonostante la fede cristiana metta radici nelle culture individuali, essa trascende anche ogni distinzione di razza e nazione.

4. L’impegno all’ecumenismo è anche un impegno alla preghiera e al dialogo. In carità, fiducia e sincerità fraterna, senza interpretare erroneamente le nostre importanti differenze, cerchiamo attraverso il dialogo nella preghiera di raggiungere la pienezza di comunione. Nel far ciò noi impariamo ad apprezzare la reciproca diversità e le esperienze uniche di vita cristiana. Cerchiamo di giungere ad una pienezza di amore e di verità: nelle parole di san Paolo, “secondo la verità nella carità” (Ef 4, 15). Solo in questo modo il dialogo teologico può produrre frutti durevoli.

Al termine del Concilio Vaticano II, nel suo discorso di commiato agli osservatori delegati, Papa Paolo VI disse che “quale risultato del Concilio noi abbiamo iniziato nuovamente ad amarci l’un l’altro, conformemente alle parole di Cristo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35; cf. Pauli VI Allocutio in Basilica S. Pauli extra Moenia, die 4 dec. 1965)”. Ma la pienezza dell’amore che perseguiamo attraverso il dialogo implica anche pienezza di verità. “Per loro io consacro me stesso” dice Gesù. “Perché siano anch’essi consacrati nella verità” (Gv 17, 19). L’unità nell’amore dovrebbe condurre all’unità nella fede, unità nella verità di Cristo.

Il dialogo sulla piena verità della fede è fondamentale per la questione della nostra condivisione dell’Eucaristia. I cattolici credono fermamente che la celebrazione dell’Eucaristia è la suprema espressione della fede della Chiesa. Ma quando nella liturgia il celebrante si rivolge alla comunità dicendo: “Proclamiamo il mistero della fede”, cattolici e protestanti devono riconoscere che non possiamo ancora proclamare una fede comune nel mistero dell’Eucaristia e della Chiesa. La posizione cattolica sulla condivisione dell’Eucaristia non intende offendere i nostri compagni nel dialogo. Piuttosto essa è un’espressione della nostra profonda convinzione, radicata nella nostra dottrina e in sintonia con un’antica pratica, che l’Eucaristia può essere condivisa soltanto da quanti sono in piena comunione fra loro.

Il problema della condivisione eucaristica non può essere risolto prescindendo dalla nostra comprensione del mistero della Chiesa e del ministero al servizio dell’unità. Tutti questi problemi sono in rapporto fra loro. Attendiamo con ansia il giorno - e dobbiamo pregare e lavorare duramente per raggiungerlo in cui, professando insieme l’unica fede in Cristo ricevuta dagli apostoli, potremo condividere il suo Corpo e il suo Sangue di nuovo quali membri della stessa famiglia di fede. Così avrebbe dovuto essere dalle origini. Questo deve essere l’obiettivo comune del dialogo e lo scopo della nostra costante preghiera.

Il dialogo inoltre ci aiuta a trovare i fondamenti della comune testimonianza cristiana nel mondo e dell’azione comune per alleviare le sofferenze dell’umanità e per promuovere la giustizia e la pace. E mia preghiera che il popolo cristiano della Norvegia, nonostante le sue divisioni, continui ad essere unito nell’alleviare le sofferenze e nel promuovere l’autentico sviluppo dell’umanità quale parte della sua comune testimonianza al Vangelo.

Sono lieto di apprendere che diversi dialoghi bilaterali e multilaterali vengono portati avanti oggi in Norvegia. Desidero menzionare in particolare il dialogo fra la Chiesa luterana di Norvegia e la Chiesa cattolica, che è dovuto all’iniziativa personale del Vescovo Aarflot. Questo foro di discussione è dedicato allo studio di documenti emanati dalla Commissione Internazionale del Dialogo luterano/cattolico che da molti anni è occupata nello studio di temi di grande importanza ecumenica sia per i luterani che per i cattolici. Giunto alla sua terza fase, il dialogo attualmente si sta occupando degli importanti problemi della giustificazione, ecclesiologia e sacramentalità. I risultati di questo dialogo devono successivamente essere valutati ufficialmente dalle autorità che hanno promosso il dialogo. Questo è un passo di importanza vitale che i partecipanti al dialogo internazionale hanno richiesto più di una volta.

5. Cari fratelli e sorelle, cari amici in Cristo: nella sua lettera agli Efesini, san Paolo li sollecitava ad essere zelanti “cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace, (perché vi è) un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Padre di tutti”(Ef 4, 3-6).

Questo passaggio viene oggi proclamato a noi: nelle nostre Chiese, nel nostro insegnamento, nella preghiera personale e nella meditazione dei discepoli di Cristo ovunque. Dobbiamo accoglierlo come una sfida ecumenica e allo stesso tempo come un’affermazione della nostra vocazione cristiana. Che le parole di san Paolo possano condurci ad una comunione di fede ancora maggiore, ad una più profonda pienezza di amore e verità, affinché, superando ogni divisione, possiamo essere del tutto uno in Cristo.

Vi ringrazio ancora una volta per il vostro cordiale benvenuto e prego affinché gli sforzi positivi che state compiendo al servizio del Signore per promuovere l’unità dei cristiani, possano portare abbondanti frutti, per amore del Vangelo del nostro Signore e salvatore Gesù Cristo. La grazia e la pace siano con tutti voi. Amen.

 

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