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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A S.E. IL SIGNOR FERMIN RODRIGUEZ PAZ,
NUOVO AMBASCIATORE DI CUBA PRESSO LA SANTA SEDE

Venerdì, 3 marzo 1989

 

Signor ambasciatore.

ho ascoltato compiaciuto le gentili parole che lei ha avuto la cortesia di indirizzarmi presentando le lettere credenziali che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario di Cuba presso la Santa Sede. Dandole il mio cordiale benvenuto a questo atto solenne, mi è cosa gradita riaffermare davanti alla sua persona il sincero affetto che sento per tutti i figli della nazione cubana.

Desidero anche rispondere al deferente saluto che il Presidente del consiglio di Stato e del governo di Cuba, Fidel Castro Ruz, ha voluto farmi pervenire per suo tramite, e le chiedo di trasmettergli i miei migliori voti per la prosperità materiale e spirituale della Nazione.

Lei signor ambasciatore, ha fatto riferimento al supremo bene della pace e all’opera che questa Sede Apostolica realizzi per contribuire alla soluzione dei gravi problemi esistenti nella comunità internazionale, e per costruire un ordine più giusto che faccia del nostro mondo un luogo più fraterno ed accogliente, in cui i valori della convivenza pacifica e della solidarietà siano un punto di riferimento costante. Infatti la Chiesa, fedele al mandato ricevuto dal suo divino Fondatore, si impegna anche nella nobile causa del servizio a tutti i popoli senza distinzione, mossa unicamente dalla sua irrinunciabile scelta a favore della dignità dell’uomo e della tutela dei suoi legittimi diritti. Il carattere spirituale e religioso della sua missione le permette di portare a termine questo servizio al di sopra di motivazioni terrene o interessi particolari, poiché, come precisa il Concilio Vaticano II, “non è legata ad alcuna particolare forma di cultura umana o sistema politico, economico, o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e riconoscano realmente la vera sua libertà in ordine al compimento della sua missione” (Gaudium et Spes, 42).

La pace fra individui e popoli è un compito difficile a cui tutti dobbiamo collaborare generosamente. Essa non si raggiunge per la via della intransigenza né degli egocentrismi, siano essi nazionali, regionali o di blocchi. Al contrario, si otterrà se si alimenterà la fiducia, la comprensione e la solidarietà, che affratellano gli uomini che abitano questo mondo, creato da Dio affinché tutti possano usufruire dei suoi beni in forma equa.

Non mancano, senza dubbio, motivi di preoccupazione nell’ambito internazionale in generale, e dell’America Latina in particolare, a causa delle differenze e degli antagonismi che mettono l’uno contro l’altro alcuni paesi, che la geografia stessa, le radici culturali, la lingua e la fede cristiana hanno unito nel cammino della storia.

La Santa Sede - senza altra forza se non l’autorità morale che le conferisce la missione ricevuta a favore delle grandi cause dell’uomo - continuerà ad appoggiare tutte quelle iniziative volte a superare il confronto e a creare solidi fondamenti per una convivenza più stabile e pacifica.

Come fattore di instabilità che oggi incide negativamente nelle relazioni internazionali lei, signor ambasciatore, ha voluto menzionare il grave problema che pesa su molti popoli in via di sviluppo. A questo proposito la Santa Sede, con un documento della pontificia commissione “Iustitia et Pax”, ha voluto portare il suo contributo esponendo i criteri di giustizia, equità e solidarietà che ispirano iniziative a livello regionale e internazionale, con il fine di giungere a soluzioni accettabili che evitino il pericolo di frustrare le legittime aspirazioni di tanti paesi allo sviluppo che è loro dovuto. Di fronte alla grave sfida che oggi rappresenta il debito dei paesi in via di sviluppo, si rende necessaria la solidarietà.

Non si può dimenticare che molti problemi economici, sociali e politici hanno la loro radice nella assenza di quell’ordine morale a cui vuole giungere la Chiesa grazie alla sua opera educatrice ed evangelizzatrice. Perciò la Chiesa considera specifica missione propria “la necessaria applicazione del Vangelo in tutti gli ambiti della vita umana: nella società e nella cultura, nell’economia e nell’educazione” (Allocutio ad Cubae episcopos limina Apostolorum visitantes, 4, die 25 aug. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 2 [1988] 459). Di fronte alla profonda crisi di valori che tocca oggi istituzioni come la famiglia o ampi settori della popolazione come la gioventù, la fede cristiana, secondo lo spirito di riconciliazione e di amore, offre motivi di fondata speranza per il bene della comunità umana.

Desidero riaffermare, signor ambasciatore, la decisa volontà della Chiesa a Cuba di collaborare, secondo la propria missione religiosa e morale, con le autorità e le diverse istituzioni del suo Paese a favore di valori superiori e della prosperità spirituale e materiale della Nazione. A tale proposito dobbiamo congratularci per il clima di dialogo e di miglior comprensione che negli ultimi anni si sta realizzando fra la gerarchia ecclesiastica e le autorità civili. Ciò è stato evidenziato anche con le recenti visite di diverse personalità ecclesiastiche a Cuba, che lei ha voluto ricordare. Prego affinché i segni positivi che si stanno osservando, come ad esempio l’arrivo di un certo numero di sacerdoti e religiose per esercitare il ministero nelle comunità ecclesiali cubane, si sviluppino e consolidino ulteriormente, nel necessario quadro di libertà effettiva che richiede la Chiesa per poter compiere la sua missione evangelizzatrice.

É ugualmente incoraggiante il rispettoso dialogo con la cultura e le realtà sociali, che ha stimolato l’incontro nazionale ecclesiale cubano, che ha avuto luogo nel febbraio del 1986. Bisogna sperare che questo faciliti una presenza più attiva dei cattolici nella vita pubblica, contribuendo al grande impegno per il bene comune. Nella misura in cui costoro saranno fedeli agli insegnamenti del Vangelo, saranno anche sinceri difensori della giustizia e della pace, della libertà e dell’onestà, del rispetto nei confronti della vita e della solidarietà con i più bisognosi. Il cattolico cubano, cittadino e figlio di Dio, non può rinunciare a partecipare allo sviluppo della comunità civile, e neppure restare al margine del progetto sociale.

Signor ambasciatore, prima di concludere questo incontro, mi è gradito assicurarle la mia benevolenza ed il mio appoggio, affinché l’alta missione che le è stata affidata si possa compiere felicemente. La prego di farsi portavoce di fronte al presidente, il suo governo, le autorità ed il popolo cubano del più deferente e cordiale saluto del Papa, mentre invoco i doni dell’Altissimo su di lei, la sua famiglia ed i suoi collaboratori, e su tutti gli amatissimi figli della nobile nazione cubana.

 

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