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VIAGGIO APOSTOLICO IN ESTREMO ORIENTE E A MAURITIUS

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I CAPI RELIGIOSI NELLA SALA RIUNIONI
DEL «TAMAN MINI INDONESIA INDAH»

Jakarta (Indonesia) - Martedì, 10 ottobre 1989

 

Eccellenza,
egregi ministri e membri del governo,
cari fratelli e sorelle.

Sono lieto di avere la possibilità di incontrarmi con voi, stimati responsabili delle maggiori comunità religiose rappresentate tra il popolo dell’Indonesia. Come Vescovo di Roma, successore dell’apostolo Pietro, cui Cristo ha affidato la responsabilità di tutti i suoi discepoli, sono venuto in Indonesia in questa visita pastorale per rafforzare la fede dei miei fratelli e sorelle cattolici (cf. Lc 22, 32). Sono venuto per incontrarli, per pregare con loro, e per assicurarli che essi sono una parte importante della Chiesa cattolica diffusa in tutto il mondo.

La mia visita non è tuttavia limitata ai cattolici dell’Indonesia. Questo Paese abbraccia, entro i suoi vasti confini, una quantità di genti, con una grande ricchezza di lingue e di costumi. Vi sono le tradizionali religioni indigene, che si possono trovare ancora in molti luoghi. Tradizioni religiose antiche quali il buddismo e l’induismo alimentano i propri fedeli con l’antichissima saggezza dell’Est. Anche il confucianesimo ha aggiunto la sua nota caratteristica, mentre l’Islam è diventato il sentiero religioso per la maggioranza degli Indonesiani. La Chiesa cattolica è presente in questo luogo da secoli, e può rendere grazie a Dio per la profonda fede di generazioni di cattolici indonesiani. Anche altre comunità cristiane hanno avuto una lunga storia in questa Nazione. Questa imponente eredità di tradizioni religiose è ampiamente riconosciuta come una dimensione significativa della vita dell’Indonesia come nazione, una eredità che invita ad un profondo rispetto da parte di tutti i cittadini.

Per questo motivo, sono lieto di salutare voi, rappresentanti di quelle comunità con le quali i cattolici indonesiani sono in stretto contatto. Io vengo a voi come uomo di pace, preoccupato come voi della crescita della pace e della vera armonia tra tutti i popoli della terra. Io vengo a voi come un uomo di fede che crede che tutta la pace sia un dono di Dio. È questa pace di Dio che “sorpassa ogni intelligenza” (Fil 4, 7), che io invoco sul popolo tutto dell’Indonesia.

Una delle principali sfide che deve affrontare l’Indonesia moderna è quella di costruire una società armoniosa dai diversi elementi che sono la fonte dall’attuale promessa della Nazione e della sua futura grandezza. I cattolici dell’Indonesia trovano una motivazione profonda per i loro contributi a questa impresa nella visione dell’armonia universale che la fede cristiana offre loro. Con la nostra fede nell’unico Dio, che è creatore del cielo e della terra, di tutto ciò che è visibile e invisibile, noi che seguiamo Cristo siamo ispirati a lavorare per il progresso della pace e dell’armonia tra i popoli.

Questa visione cristiana non è in alcun modo estranea alla visione di unità che costituisce la caratteristica di molte altre religioni. Molte tradizioni religiose vedono l’universo come un insieme organico, le cui parti sono legate insieme in un grande tessuto di relazioni. Da questa visione deriva il rispetto per la natura, la sensibilità nelle relazioni umane, un grande apprezzamento dell’amore e della collaborazione all’interno delle famiglie, un forte senso della giustizia e del riconoscimento dei diritti di ogni persona. La fede in Dio come creatore di tutte le cose è un forte stimolo a promuovere un dialogo rispettoso tra i fedeli delle varie religioni. Indubbiamente, “quando i Cristiani e i fedeli di altre religioni sono uniti nella loro fede nel Creatore, esiste una solida base per una comprensione reciproca e uno scambio pacifico” (Allocutio ad Indonesiae episcopos limina Apostolorum visitantes 7, die 20 maii 1989: Insegnamenti di Giovanni Paolo II XII, 1 [1989] 1290).

Questo tipo di dialogo e di scambio rispettoso può svolgere un ruolo essenziale nella costruzione di una società politica unificata. Desidero esprimere la mia speranza che i credenti dell’Indonesia manifestino quel profondo rispetto per gli altri che può promuovere un’armonia duratura tra i diversi popoli di questa Nazione.

A questo proposito mi sono di conforto gli ideali e le strutture pratiche stabilite dalla costituzione indonesiana del 1945 concernenti la libertà di ogni cittadino di professare la religione di sua scelta e di godere della libertà di credo. È insegnamento della Chiesa cattolica che questo diritto alla libertà religiosa si fondi sulla dignità stessa della creatura umana creata da Dio (cf. Dignitatis Humanae, 2). La libertà religiosa è veramente un fondamentale diritto umano, un diritto di cui dovrebbero godere tutte le comunità religiose, oltre che tutti gli individui. Pertanto, è molto importante che questo diritto venga tutelato, “che lo Stato possa effettivamente garantire e promuovere l’osservanza della libertà religiosa, particolarmente quando, accanto alla grande maggioranza che segue una religione, esistano uno o più gruppi minoritari di un’altra fede” (Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum, pro a. D. 1989, 8, die 8 dec. 1988: Insegnamenti di Giovanni Polo II, XI, 4 [1988] 1788).

Egregi amici: oggi più che mai il mondo è diventato sensibile all’aspirazione di tutti i popoli ad essere liberi, a sperimentare la libertà di vivere in accordo con i dettami della coscienza, a cercare la verità senza costrizione, e ad esprimere le proprie convinzioni in una società che promuova il progresso autentico e un dialogo costruttivo tra gente di fede diversa. È vero che questa aspirazione alla libertà, se non viene guidata e regolata dalla sensibilità verso i valori spirituali e i principi oggettivi della moralità umana, può degenerare in un permissivismo che costringe più che liberare. Ma questo è precisamente il motivo per il quale tutti i credenti dovrebbero promuovere la causa della vera liberazione, fornendo quella visione spirituale che deve di fatto ispirare ogni autentica crescita verso la libertà. In un senso molto concreto, si può affermare che la responsabilità della costruzione di una società basata sulla cooperazione, sulla tolleranza e sull’unità nell’ambito della diversità ricade sulla attuale generazione come un compito sacro, e che i capi religiosi dell’Indonesia hanno una sostanziale responsabilità a questo proposito.

Così anche i giovani dell’Indonesia. Per questo motivo faccio appello ad essi con le parole che indirizzai ai giovani musulmani del Marocco nel 1985. “Normalmente”, dissi loro, “i giovani guardano al futuro, aspirano ad un mondo più giusto e più umano . . . (Ma) i giovani possono costruire un futuro migliore solo se prima pongono la loro fede in Dio e se si impegnano a costruire questo nuovo mondo secondo il piano di Dio, con sapienza e fiducia”. (Allocutio Albae domi, in Marochio, ad iuvenes muslimos, 6. 4, die 19 aug. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2 [1985] 501 s. 500).

Questa non è una sfida da poco. Di fatto, il progetto di lavorare insieme in una collaborazione rispettosa, comporta spesso l’adozione di nuove prospettive, mettendo da parte tensioni od ostilità passate e guardando al futuro. Ognuno di noi è chiamato ad adottare un atteggiamento di generoso servizio l’uno verso l’altro e in favore di tutti. Come ha insegnato ai cattolici il Concilio Vaticano II: “non possiamo invocare Dio Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni” (Nostra Aetate, 5).

In una società culturalmente varia, “trattare gli altri da fratelli” significa vivere nel dialogo. Questo dialogo può esprimersi in varie forme. “Prima di ogni altra cosa, il dialogo è un modo di agire, un atteggiamento e uno spirito che guida la propria condotta. Esso comporta interesse, rispetto e ospitalità nei confronti del prossimo” (Secret. pro Non Christianis “Notae quaedam de Ecclesiae rationibus ad asseclas aliarum religionum”, 1984, n. 29: AAS 76 [1984] 824). In altre parole, esso comporta ciò che spesso viene chiamato il “dialogo di vita”, in cui le persone si adoperano a vivere in uno spirito aperto e amichevole, condividendo le gioie e i dolori, i problemi e le preoccupazioni umane.

Ma vi è anche il “dialogo delle azioni”: la collaborazione per lo sviluppo integrale di tutti i cittadini. A questo può essere aggiunto l’importante dialogo dello scambio teologico, per il quale i partners mirano a progredire nel rispetto e nella comprensione delle reciproche eredità religiose, e ad apprezzare i reciproci valori spirituali. E infine, vi può essere il dialogo della esperienza religiosa, per il quale le persone radicate nelle proprie tradizioni religiose condividono le loro ricchezze spirituali, come la preghiera e la contemplazione (cf. Secret. pro Non Christianis, Notae quaedam de Ecclesiae rationibus ad asseclas aliarum religionum, 1984, n. 29-35: “l. c.” pp. 824-825).

In questo contesto, una particolare questione merita attenzione. È la questione della verità stessa, delle sue esigenze verso coloro che credono, e della sua necessità per un dialogo sincero e improntato al rispetto. A meno che questi problemi non vengano affrontati apertamente e onestamente, non sarà possibile una collaborazione duratura e feconda tra credenti.

La voce della coscienza impegna la persona umana al livello più profondo per pensare e per agire in accordo con la verità. Agire contro la propria coscienza sarebbe tradire sia la verità che noi stessi. Pertanto non ci si potrà mai aspettare dai credenti che compromettano la verità che sono chiamati a promuovere nelle loro vite. Tuttavia una salda adesione alla verità delle proprie convinzioni non implica in alcun modo l’essere chiusi agli altri. È piuttosto un invito ad aprirsi al dialogo che abbiamo già descritto. Questo per due motivi.

Anzitutto, la conoscenza della verità ci impegna a condividere il dono che abbiamo ricevuto con gli altri. Nella sacra Bibbia, i cristiani leggono che “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (cf. 1 Tm 2, 4). La Chiesa cattolica è profondamente convinta che la verità, ovunque essa sia, può servire come cammino verso l’unico Dio, il Padre di tutti. Per questo motivo, essa non respinge nulla che sia vero e sacro nelle altre religioni (cf. Nostra Aetate, 2). La Chiesa tuttavia non vacilla nella sua convinzione che Gesù Cristo, l’eterno Figlio di Dio, è “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6) e la definitiva Rivelazione di Dio all’umanità. Eppure, nel compito di servire la fede che ha ricevuto, e in uno spirito di rispetto e di dialogo, la Chiesa non esita a collaborare con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per l’elevazione spirituale e morale del genere umano e per il sorgere di una società umana, giusta e pacifica.

Il dialogo improntato al rispetto ci permette inoltre di essere arricchiti dalle loro domande e forzati ad approfondire la nostra conoscenza della verità. Lungi dal reprimere il dialogo o dal renderlo superfluo, la fedeltà alla verità della propria tradizione religiosa per sua stessa natura rende il dialogo con gli altri sia necessario che fecondo.

Qui in Indonesia, la fondazione da parte del ministero per gli affari religiosi di un foro nazionale per la comunicazione e il dialogo tra le religioni può essere vista come un passo positivo. Il grande compito di servire la verità vi invita ad unirvi nella cooperazione. Io offro le mie preghiere per il successo e per la fecondità nel tempo del buon lavoro che avete iniziato.

Cari fratelli e sorelle: ogni giorno che passa, l’unità della famiglia umana diventa sempre più visibile, anche quando questa unità viene drammaticamente minacciata dalle forze della guerra, della violenza e della repressione. Dove vi sono valori spirituali quali il rispetto reciproco, la collaborazione pacifica e la riconciliazione, non solo viene rafforzata l’unità dei gruppi, ma la vita di intere nazioni può essere mutata e il corso della storia cambiato.

La sfida è nostra. Adoperiamoci insieme per la comprensione reciproca e la pace. A nome di tutta l’umanità, facciamo causa comune nel salvaguardare e promuovere quei valori che costruiranno la salute spirituale e morale del nostro mondo. Serviamo con generosità il volere di Dio, così come noi lo conosciamo, in uno spirito di dialogo, rispetto e collaborazione.

Dio vi benedica tutti con la sua pace!

 

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