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VISITA PASTORALE A PISA, VOLTERRA E LUCCA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I RAPPRESENTANTI DELLA CHIESA LOCALE

Cattedrale di Volterra - Sabato, 23 settembre 1989

 

Venerato fratello nell’Episcopato,
carissimi fratelli e sorelle!

1. A tutti il mio saluto cordiale insieme con un vivo ringraziamento per questa calorosa accoglienza. Nell’esprimere la mia riconoscenza a monsignor Vescovo per le elevate parole con cui ha autorevolmente presentato questa chiesa e il generoso servizio che in essa svolgete, carissimi sacerdoti, religiosi, religiose e laici impegnati, desidero innanzitutto manifestare a ciascuno di voi il mio affetto e la mia stima. Voi siete coloro che hanno accolto nel sacerdozio l’invito di Cristo ad essere pescatori di uomini (cf. Lc 5, 10), che hanno scelto nella vita religiosa di essere testimoni di un amore consacrato all’intensa ed esclusiva amicizia con Cristo (cf. Gv 13, 12-17), che sentono il dovere, quali laici responsabili, di farsi fermento evangelico (cf. Lc 13, 21) nelle situazioni ordinarie di vita e di lavoro.

Sono venuto a Volterra per ricalcare le orme dei miei predecessori, che con questa comunità hanno avuto singolari rapporti: le orme di san Lino, l’immediato successore di Pietro, che voi considerate quale principale patrono, perché vostro concittadino; poi quelle degli altri Pontefici romani che ebbero frequenti contatti coi vostri pastori fin dai primi secoli dell’espansione cristiana ed operarono, con vicende alterne nel contesto di tempi tanto diversi dai nostri; infine, le orme del Papa che qui trascorse parte della sua giovinezza quale alunno delle Scuole Pie: Giovanni Maria Mastai Ferretti, che fu poi chiamato alla Sede di Pietro col nome di Pio IX.

Tali vincoli conservano anche per me tutto il loro valore ed oggi sono qui tra voi per confermare l’unità profonda della Chiesa romana e del suo Vescovo con la vostra comunità, nella realtà del Corpo mistico di Cristo, che “ben compaginato e connesso” (Ef 4, 16) è sacramento di carità e di grazia, in mezzo al mondo, al quale ha il compito di annunciare con coraggiosa coerenza le parole del divin Maestro.

2. In questo spirito di comunione desidero ripetere per voi le parole, fonte di intimo conforto, che l’apostolo Pietro scriveva per le comunità cristiane del suo tempo, e che san Lino echeggiò fedelmente durante il suo servizio nella Sede romana: “Fissate ogni speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si rivelerà” (1 Pt 1, 13).

Questa esortazione vorrei che fosse sempre presente al vostro animo, carissimi, per sostenervi nelle fatiche e nelle vicissitudini dell’apostolato. Tanto la vita sacerdotale, infatti, quanto quella religiosa e laicale, è soggetta alle molte prove che nascono dalle tipiche sfide del nostro tempo.

Impegnati in ministeri difficili, che si rivelano spesso avari di successi visibili, molti sacerdoti, religiosi e laici si chiedono quale sia oggi il loro ruolo, quale la loro identità nel presente contesto sociale; oppure, quali siano le vie nuove che occorre cercare e sperimentare, per riconvertire a Dio una società che sembra averlo perduto o dimenticato o messo volutamente in disparte.

Pietro ci dice che bisogna fissare la speranza nella grazia. La speranza, appunto, perché il Signore ci ha lasciato come eredità la promessa della sua vittoria sul male e del finale convergere degli occhi di tutti sul suo mistero di crocifisso e risorto per la comune salvezza.

Occorre fissare la speranza nella grazia, cioè nella costante, misteriosa invisibile ma reale, azione di Dio nelle anime. Grazia è il cammino che Dio stesso percorre con ciascuno, segnando di inviti, di richiami, di intimi impulsi ogni suo passo sulle strade delle più diverse esperienze. Grazia è il senso di amarezza e di vuoto, che lasciano le evasioni verso “paesi lontani” per sperperarvi le proprie sostanze (cf. Lc 15, 13). Grazia è, soprattutto, la nostalgia della casa paterna e la spinta interiore che Dio suscita nell’animo di chi è sviato, affinché si rimetta in cammino per ritornare, pentito, fra le braccia del Padre (cf. Lc 15, 17-20).

Vi esorto a confidare nella forza vittoriosa della grazia, a coltivare la speranza in essa senza timori, senza perplessità, senza interpretazioni riduttive. Non fermatevi ai risultati appariscenti. Non sta in essi l’ultima Parola di Dio sulle vicende umane. Siate ottimisti nonostante tutto, perché il Signore sa quello che fa anche quando voi seminate nel pianto. Egli vuole adoperare il povero lavoro dei “servi inutili” che siamo noi (Lc 17, 10), quale segno e testimonianza della sua misericordia.

Per vivere in questo spirito occorre, però, saper accogliere innanzitutto in se stessi i suggerimenti interiori della fede e della carità ed orientare il proprio sforzo verso la conquista di un’autentica santità personale.

Il discorso intorno alla santità dei ministri di Dio, delle anime consacrate e dei laici deve essere ribadito e tenuto presente sempre, essendo questo l’essenziale obiettivo della nostra vita e condizione importante dell’efficacia soprannaturale dell’apostolato.

La santità è la pienezza ed il culmine di ogni vita cristiana, il traguardo a cui sono chiamati i fedeli di qualsiasi condizione. Essa è il fondamentale messaggio del Concilio Vaticano II a tutto il Popolo di Dio (cf. Lumen Gentium, 40). Orbene, che sarebbe se tale invito, se il “precetto” della santificazione personale non fosse adeguatamente apprezzato da coloro che servono il Signore nel sacerdozio, nella vita religiosa, nell’apostolato laicale? Che sarebbe di noi, se non facessimo della via della perfezione e della santità l’impegno fondamentale della nostra esistenza?

3. Desidero rivolgere una speciale parola di apprezzamento a voi, cari sacerdoti, per la generosità con cui affrontate i problemi pastorali tipici di questo vostro territorio, nel quale le distanze, spesso notevoli, e la scarsità delle forze disponibili rendono il “pondus diei” (cf. Mt 20, 12) particolarmente oneroso.

L’incremento delle vocazioni si pone, pertanto - e voi lo avvertite vivamente - come un’esigenza prioritaria della pastorale diocesana. Ciascuno di voi si impegni generosamente in essa, non dimenticando che la testimonianza della gioia con cui svolge il proprio ministero e il clima di fraternità che coltiva con gli altri sacerdoti e soprattutto con il Vescovo sviluppano una forte presa sull’animo giovanile.

Poiché, tuttavia, lo sbocciare della vocazione è innanzitutto dono di Dio, una nuova fioritura di vite totalmente consacrate al Regno sarà frutto principalmente della solidarietà orante di tutti coloro che condividono la medesima missione: i sacerdoti, i religiosi, le suore dedite alle opere caritative ed educative. Siano soprattutto le anime consacrate alla contemplazione a sentirsi, nella preghiera, parte viva di tale pastorale, e siano le famiglie di coloro che operano nelle organizzazioni di apostolato dei laici le prime ad attestare quanto apprezzino il dono della vocazione, chiedendola a Dio per qualcuno dei loro figli quale segno di predilezione e di grazia.

4. Una parola anche a voi, cari religiosi e religiose, per esortarvi a vivere in pienezza la vostra scelta di vita, attuando l’unità non solo all’interno delle vostre comunità, ma anche con le varie istanze della Chiesa locale. Rendetevi disponibili alla collaborazione con i programmi pastorali della diocesi. Tale collaborazione, evidentemente, non può non esprimersi secondo il carisma proprio di ciascuno di voi, ma, nel contempo, la fedeltà al carisma, per quanto importante e significativo esso sia, non deve impedirvi di corrispondere, quando sia possibile, a certe urgenti o gravi necessità della diocesi. L’autonomia e la vita interna dei vostri istituti, in sé valide e legittime, non possono mai farvi dimenticare che la finalità operativa delle vostre comunità resta sempre inscritta nel contesto del servizio alla Chiesa locale.

Un servizio particolarmente utile, che voi potrete rendere, sarà di fare delle vostre comunità dei forti e vivi centri di spiritualità. Come non vedere, infatti, lo stretto legame che intercorre tra la vita religiosa e quella “vita secondo lo Spirito”, della quale parla san Paolo? Il religioso e la religiosa devono essere eminentemente quell’“uomo spirituale” (1 Cor 2, 15), “guidato dallo Spirito di Dio” (Rm 8, 14), del quale parla l’Apostolo. Con la vostra vita povera, semplice, fraterna, distaccata dalle cure e dagli affanni del mondo, rilucente dell’esperienza del trascendente, voi potete e dovete essere un costante richiamo alla superiorità dei valori dello spirito ed alla ricerca dell’“Unico Necessario” (Lc 10, 42).

5. E voi laici, abbiate sempre coscienza della vostra dignità e della vostra responsabilità. Sentitevi membra vive del Corpo di Cristo e testimoniate francamente il Vangelo. Siate “sale della terra” e “luce del mondo”, assumendo di buon grado gli impegni della vita politica e sociale, adoperandovi poi per adempierli con sincera umiltà, in spirito di servizio.

“Non conformatevi alla mentalità di questo mondo” (Rm 12, 2); vogliate, invece, curare per voi stessi e specialmente per le nuove generazioni una solida formazione cristiana, secondo quanto ho avuto modo di indicare nell’esortazione apostolica Christifideles Laici, ricercando sempre una stabile base spirituale, una sana scuola dottrinale e una onesta attenzione ai valori umani (Christifideles Laici, cf. 60). Coltivate le forme aggregative per vivere la comunione ecclesiale (cf. Christifideles Laici, 29). Raccomando in particolare l’Azione Cattolica (cf. Christifideles Laici, 31), da cui la Chiesa volterrana in passato ha raccolto preziosissimi frutti e dalla quale ne attende altri, e abbondanti, in futuro.

6. Auspico che questa vostra Chiesa di Volterra sia veramente una famiglia: la famiglia di Dio! Il numero ridotto di abitanti e la distribuzione in piccole comunità parrocchiali vi offrono una preziosa possibilità di conoscenza reciproca e di più immediata collaborazione. I vantaggi di ordine ecclesiale che ne derivano sono evidenti: vi è possibile un continuo dialogo diretto con il Vescovo, una effettiva e pronta partecipazione di tutti ai fatti della vita quotidiana nelle varie comunità, una capillare attenzione nel servizio di carità che deve sempre contraddistinguere la vita di Chiesa, una celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti più attivamente partecipata. Fate tesoro di questi vantaggi e rimanete sempre “un cuor solo e un’anima sola” (At 4, 32).

Nell’affidare questi miei voti all’intercessione della Vergine Maria, di san Lino e di tutti i santi Vescovi della vostra Chiesa, invoco su di voi il conforto della gioia che “nessuno vi potrà togliere” (cf. Gv 16, 22), perché germina dall’amore di Cristo.

A tutti ed a ciascuno la mia benedizione!

 

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