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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI AMMINISTRATORI COMUNALI CAPITOLINI

Sabato, 20 gennaio 1990

 

Onorevole signor sindaco, signori componenti della Giunta
e del Consiglio comunale di Roma!

1. Si rinnova oggi il tradizionale e sempre gradito incontro, che offre a voi l’occasione di porgere al Papa gli auguri per il nuovo anno e a me di ricambiarli con tutto il cuore.

Le sono grato, signor sindaco, per il nobile indirizzo che ha voluto rivolgermi a nome anche dei suoi collaboratori. Prendo atto con compiacimento dei propositi di generosa dedizione al servizio di questa amata Città che, anche per la singolare missione ad essa riservata dalla Provvidenza, presenta alcuni problemi amministrativi particolarmente delicati e complessi.

Quest’incontro avviene all’inizio non soltanto dell’anno, ma anche del vostro mandato di amministratori, essendo recente il vostro insediamento in Campidoglio. Ciò conferisce alla presente circostanza uno speciale significato, giacché l’avvio di un nuovo ciclo di attività amministrativa comporta sempre un rilancio dell’impegno di lavoro, nella prospettiva di precisi obiettivi da raggiungere.

Il Vescovo di Roma, che ormai da lungo tempo intrattiene un dialogo aperto con i responsabili della vita politica cittadina, s’avvale volentieri dell’odierna opportunità per porgervi i suoi voti di concorde e proficuo lavoro a vantaggio dell’Urbe e del suo progresso materiale e morale conformemente alla vocazione storica e alla funzione secolare, che le sono proprie.

2. Parlo a ragion veduta di “dialogo”, perché tra l’Autorità ecclesiastica e quella civile, pur nel rispetto delle peculiari sfere di competenza, devono instaurarsi rapporti non semplicemente di buon vicinato, ma di fattiva e costante collaborazione, tali da consentire ad entrambe di recare un contributo effettivo alla soluzione dei molteplici problemi propri di una grande metropoli. La Chiesa, infatti, lungi dall’assumere atteggiamenti di distacco o addirittura di antagonismo, si sente invece parte viva della comunità civile, al cui bene globale intende concorrere, forte della propria ispirazione ideale, unitamente alle altre comunità, strutture e organizzazioni dell’Urbe.

Nell’esortazione apostolica Christifideles laici (n. 42), che ho dedicato alla “vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo”, ho espresso il convincimento che “stile e mezzo per il realizzarsi di una politica che intenda mirare al vero sviluppo umano è la solidarietà”. Tale solidarietà - come avevo già detto nell’enciclica Sollicitudo rei socialis (n. 38) - “non è un sentimento di vaga comprensione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone vicine e lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti”.

3. Questa, illustri signori, è la norma di fondo, a cui deve ispirarsi ogni amministratore della cosa pubblica: favorire tra i cittadini una solidarietà che sia davvero sollecitudine per la totalità dei componenti la comunità urbana nella totalità delle loro esigenze autenticamente umane. È proprio di questa solidarietà che ha bisogno Roma per affrontare i suoi problemi antichi e nuovi, per dare risposte forti e valide a quella crisi di identità che rischia di pregiudicarne la nobilissima missione e di sfigurarne il volto.

La solidarietà deve valere, innanzitutto, tra le persone, le famiglie, i ceti sociali, perché senza una grande e rinnovata tensione alla compattezza tra i cittadini non può esserci un vero progresso. La solidarietà deve poi sussistere tra le generazioni, perché ogni stagione della vita ha un suo contributo da offrire all’edificazione di una migliore convivenza. La solidarietà deve inoltre instaurarsi tra i cittadini e gli stranieri, perché Roma continui ad essere un punto di riferimento nel dialogo tra popoli e culture diverse. La solidarietà, infine, va promossa tra parte e parte del territorio urbano, tra il centro e la periferia, come anche tra l’ambito proprio della città e quello più vasto, e pur col primo intimamente connesso, della provincia e dell’intera regione.

4. Un forte impegno civile, che si ispira a una simile visione della solidarietà, potrà ben orientare l’esame e l’eventuale elaborazione di quei nuovi assetti istituzionali, che ella, signor sindaco, ha voluto evocare e che da molte parti sono ritenuti necessari per un più efficace governo di Roma, che è, al contempo, capitale della Nazione italiana e centro della cristianità.

Ma qualsiasi adeguamento amministrativo, che le forze politiche decidano di attuare, sarà per sé insufficiente ad assicurare l’effettiva soluzione delle difficoltà vecchie e nuove di cui risente e soffre la vita cittadina, se mancherà il sostegno dei valori morali, sui quali deve reggersi ogni ordinata convivenza. Tali valori hanno la loro fonte nella dignità della persona umana, creata a immagine di Dio, e nel trascendente destino a cui egli l’ha chiamata.

La Chiesa, esperta qual è in umanità, sa di poter recare, al riguardo, un significativo contributo, attinto all’insegnamento perennemente valido del suo divin fondatore, Gesù Cristo. In una società tentata di porre nella ricerca dei beni materiali e nell’indiscriminata soddisfazione di qualsiasi desiderio o pulsione il criterio supremo delle proprie scelte, la Chiesa sente il gravissimo dovere di richiamare ai suoi figli e, in generale, a tutti gli uomini di buona volontà quei valori di ordine spirituale, nei quali soltanto l’essere umano può trovare l’appagamento pieno delle sue aspirazioni più profonde.

Per la sua millenaria tradizione di civiltà, arricchita e nobilitata dalla rivelazione cristiana, Roma deve sentire la fierezza di non essere seconda a nessun’altra città nel rispondere a quella urgenza, direi anzi a quella sfida di saldi valori morali, a cui le persone più sensibili prestano oggi rinnovata attenzione.

5. La comunità cristiana, che vive e opera nella Città, intende assumere pienamente le proprie responsabilità in questo impegno di ripresa morale, da cui dipende in larga misura il raggiungimento di quelle mete di giustizia e di progresso, che sono nei desideri di tutti. A questo fine essa sta preparando il Sinodo pastorale diocesano, nel quale vuole mettersi in ascolto della Città per coglierne con ampia e profonda analisi di carattere socio-religioso, attese e frustrazioni, disagi e speranze, così da poter offrire un apporto costruttivo nella ricerca delle soluzioni.

I problemi che si intravedono sono numerosi e gravi. Molti di essi sono anche annosi e, come tali, a tutti ben noti: la carenza di alloggi, ad esempio, che intralcia il cammino delle famiglie in formazione e si proietta come ombra minacciosa su quelle sottoposte a sfratto; la disoccupazione, che continua ad affliggere in larga misura il mondo giovanile, colpendo in modo particolare i soggetti più deboli; la dolorosa situazione di solitudine, di emarginazione e persino di abbandono di un gran numero di poveri, di anziani, di immigrati; le disfunzioni dei servizi socio-sanitari, da tante parti lamentate, ma lungi ancora dall’essere corrette; la congestione del traffico, che rende difficile la circolazione, creando gravi disagi ai cittadini; le barriere urbane, con le difficoltà che ne derivano per i disabili; il progressivo degrado ambientale, che suscita crescente allarme nella pubblica opinione; il fenomeno sempre più preoccupante della criminalità, particolarmente giovanile . . . E non parlo di altri problemi di ordine spirituale e morale, che come tali più sollecitano e preoccupano la Chiesa in quei settori che sono di sua più diretta e specifica competenza. Agli uni e agli altri il prossimo Sinodo romano dovrà rivolgere le sue attenzioni e premure.

Quel che occorre, comunque, è di coordinare le forze e di agire con tempestività e decisione. Se la città è fatta per l’uomo, nulla può essere trascurato o rinviato di quanto può contribuire a dare ad essa un volto a misura d’uomo. Roma, poi, che per la sua storia civile e religiosa vanta un patrimonio di valori unico al mondo, deve impegnarsi per offrire agli abitanti e ai visitatori spazi di arricchimento spirituale e stimoli per l’elevazione sul piano etico e autenticamente umano.

6. Confido, illustri signori, che in queste mie riflessioni voi vorrete scorgere l’amore profondo che nutro per questa Città e il desiderio sincero che mi muove a recare un contributo al vostro non facile lavoro di amministratori.

Con questi sentimenti rinnovo a voi e ai vostri collaboratori i miei auguri cordiali, mentre invoco le benedizioni di Dio su tutti i cittadini e gli ospiti dell’Urbe, per i quali auspico un anno di operosa concordia e di ordinato progresso nella giustizia, nella libertà, nella pace.

 

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