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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN REMIGIO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Sabato, 9 giugno 1990

 

Alla popolazione del quartiere  

Pomeriggio di festa oggi a Colleverde per l’arrivo del Santo Padre. La visita pastorale alla parrocchia di San Remigio è colta dalla popolazione come occasione per riscoprire il senso dell’essere comunità e, ancora una volta, la bella e nuova chiesa si rivela unico punto di riferimento e di aggregazione in una zona forse anche gradevole a vedersi, certamente difficile da interpretare e da “vivere”. Sospesa tra le etichette di “Zona residenziale”, e “Quartiere satellite” se non addirittura “Quartiere dormitorio”, Colleverde stenta a trovare la sua esatta dimensione. Oggi pomeriggio si sono ritrovati tutti lungo le strade ad acclamare il Papa. Ad accogliere Giovanni Paolo II sono il Cardinale Vicario Ugo Poletti, il Vescovo del settore Monsignor Salvatore Boccaccio, il Parroco don Alfio e il Sindaco di Guidonia nel cui territorio comunale è ricompreso Colleverde. Dopo i primi saluti ai più vicini alle transenne il Santo Padre raggiunge il piccolo palco allestito al centro della piazza e riceve il saluto rivoltogli, a nome della comunità, dal Parroco. Alle parole di Don Alfio il Santo Padre risponde con il seguente discorso.  

Saluto tutti i presenti, saluto tutta la parrocchia di San Remigio che appartiene alla Chiesa di Roma, benché si trovi un po’ fuori dalla città, in un comune a parte, quello di Guidonia. Saluto i rappresentanti dell’amministrazione comunale e il signor sindaco. Il vostro parroco, dandoci il benvenuto ci ha detto: “Oggi la città di Roma dà il benvenuto agli sportivi del mondo”. Questo è vero, ma vorrei dire che anche noi siamo sportivi, e quando dico “noi” penso al card. vicario, penso a mons. Boccaccio, vostro vescovo. Analogamente, sono sportivi anche tutti i presenti, perché sono chiamati a ricevere, a ottenere un successo, così come ogni squadra di calcio è spinta a ottenere un successo sportivo immediato di cui, da un certo periodo, si parla molto sulla stampa e attraverso i mezzi di comunicazione sociale.

Ma l’altro sport, di cui ci parla san Paolo e tutto il Vangelo, si riferisce agli altri successi, agli altri premi che devono coronare la nostra vita in terra. Quei premi che noi dobbiamo ricevere dalle mani di Dio stesso. Lui che sa premiare, non nel senso diretto, immediato e transitorio, ma nel senso eterno, assoluto. A questo ci prepara il Vangelo e la Chiesa. È il ministero di tutti noi che siamo ministri della Chiesa, come il vostro parroco, i suoi collaboratori, come il card. vicario e i vescovi ausiliari di Roma, come il Papa, e cerchiamo di giocare bene questa partita, non di calcio, ma questa partita della grazia divina e della salute eterna, non solamente per noi, ma per tutti quelli che il Signore ci ha affidato, come nostri fratelli e sorelle, nella Chiesa universale di Cristo, nella Chiesa di Roma e anche in questa parrocchia.

Questi pensieri, dettati anche dal momento presente - oggi mi sembra che si giochi la prima partita di questo mondiale a Roma - questi pensieri mi hanno ispirato anche pensieri evangelici e pastorali come li troviamo nel Vangelo e soprattutto nelle Lettere di san Paolo. Auguro a tutti di capire quest’analogia, di introdurre questa analogia tra gli sforzi sportivi di questo mondo, per comprendere lo sforzo sportivo del mondo soprannaturale a cui tutti siamo chiamati a partecipare. Auguro questo a tutti i presenti e a tutti i componenti della parrocchia di San Remigio. Che il Signore ci dia le forze spirituali necessarie per attingere a questo successo perenne e definitivo a cui siamo chiamati in Cristo.  

Ai bambini  

Come tutti i quartieri nuovi anche Colleverde offre il magnifico spettacolo di una florida gioventù. Nella chiesa sono radunati i tanti bambini che animano la vita quotidiana di questa zona e il fragore del loro entusiasmo non manca di imporsi su tutti gli altri avvenimenti di questa prima parte della visita. Solo quando il Santo Padre prende posto dinanzi all’altare e uno dei bambini si accosta al microfono, la chiesa si “riempie” di un “sano” silenzio. Daniele saluta il Santo Padre. La fine delle scuole, gli esami, il tempo delle vacanze sono gli argomenti affrontati dal Santo Padre nella sua risposta.  

Sia lodato Gesù Cristo. Con queste parole saluto tutti i presenti, iniziando la visita pastorale nella vostra parrocchia. Con queste parole saluto i bambini, i giovani, gli alunni delle scuole elementari e medie, forse anche qualcuno in età prescolare, i vostri insegnanti, i vostri genitori, le vostre suore, che qui sono parecchie. Ho pensato, ascoltandovi, che c’è ancora la scuola in questo mese di giugno, ma che già si avvicina un periodo più piacevole, quello delle vacanze. È una buona cosa andare a scuola, ma è bene anche andare in vacanza. Vi auguro buone vacanze, ma prima vi auguro buoni esami, per terminare la scuola con un esito positivo. Io non dubito che lo farete. Vorrei solamente aggiungere che noi tutti siamo in una scuola, non solamente voi ragazzi, non solamente i vostri fratelli e le vostre sorelle maggiori, ma tutti noi presenti, il card. vicario, mons. Boccaccio, il vostro parroco e il Papa. Tutti ci troviamo in una scuola.

Voi sapete quale scuola è? è la scuola di Cristo che abbraccia tutti i periodi della vita, dall’inizio alla fine. È una scuola da cui dobbiamo sempre imparare, in cui dobbiamo sempre progredire e in cui dobbiamo anche fare piccoli esami, in diversi momenti della vita, esami che non si fanno esteriormente per iscritto, ma interiormente, nella nostra coscienza, con le nostre opere buone o meno buone, con la nostra preghiera, con la nostra pratica delle virtù, soprattutto della carità. Bisogna allora sempre vincere l’egoismo. Siamo sempre e ogni giorno in questa scuola che è discreta. E chi ci insegna, il nostro Maestro, come sappiamo è buono, umile di cuore, ma d’altra parte è anche un Maestro esigente. Se leggiamo il Vangelo capiamo che c’è un Maestro esigente, ma che sempre esige ciò che è bene per ciascuno di noi, un bene anche temporale, ma soprattutto un bene eterno. È un Maestro che ci insegna con il suo Vangelo, con le sue parole, con i suoi gesti, con i suoi segni. Ci insegna soprattutto con la sua croce, con la sua risurrezione, con il suo sacrificio. Ci insegna in modo incomparabile con l’Eucaristia. Con la santissima Eucaristia ci insegna che egli è vicino a ciascuno di noi, che è con noi e in noi. Ci insegna a trasformarci con il suo corpo e il suo sangue.

Vi auguro buoni esami e buone vacanze, ma vi auguro soprattutto di fare sempre progressi in questa scuola di Cristo. Questo è il mio augurio per i giovani e per i ragazzi della parrocchia di San Remigio. Mi ha detto mons. Boccaccio che è una parrocchia molto giovane e si vede perché ci sono molti ragazzi. Grazie a Dio c’è una grande speranza che si deve realizzare e questo dipende dal modo in cui stiamo nella scuola di Cristo e dal modo in cui facciamo i nostri esami interiori davanti a Cristo.

Al Consiglio pastorale  

Dopo la celebrazione della Messa il Santo Padre si intrattiene con i parroci della Prefettura, con le numerose suore che prestano il loro servizio all’interno della comunità di San Remigio e con i membri della Giunta comunale di Guidonia i quali gli donano due artistici candelabri. Successivamente ha luogo l’incontro con i membri del Consiglio pastorale della parrocchia, inaugurato dall’indirizzo d’omaggio di una rappresentante. Il Santo Padre così risponde.  

Vorrei ripetere il consiglio che un giovane della vostra parrocchia mi ha dato prima della celebrazione. Con insistenza mi ha ripetuto: “Santità, devo ribadire che noi non siamo un gruppo a sé, ma che apparteniamo alla Chiesa universale”: io penso che tutti lo sappiano, ma lui lo diceva con tale insistenza e una frase era profondamente teologica: “non siamo un gruppo a sé”. Ciò tocca non solamente la struttura della Chiesa particolare e universale, universale attraverso il particolare. La vostra parrocchia fa parte della Chiesa universale attraverso la Chiesa di Roma, la diocesi. Ma quella frase tocca ancora più profondamente il mistero della santissima Trinità. Non siamo un gruppo a sé, ma siamo per gli altri nella dimensione della Chiesa. Così anche il mistero di Dio consiste nella Trinità, cioè nell’essere il Padre per il Figlio, il Figlio per il Padre, il Padre e il Figlio per lo Spirito Santo, nell’essere divinità e l’assoluto della perfezione. Ma non sarebbe perfezione assoluta dell’amore se non ci fosse questa donazione, questa reciprocità, appunto la Trinità. Così si capisce che Dio vuol dire amore. Dio è amore perché è Trinità. Realismo dell’amore, Dio, come amore, sia nella Trinità. Noi, la Chiesa, facciamo parte non solamente della Chiesa particolare e universale, ma partecipiamo anche al mistero di Dio. È questo il senso ultimo, la dimensione più profonda del nostro essere cristiani, del nostro essere parrocchia, del nostro essere Chiesa di Roma, del nostro essere Chiesa universale. Noi partecipiamo alla vita trinitaria di Dio che è amore.  

Alle comunità neocatecumenali e alle comunità eucaristiche  

Nel teatro parrocchiale sono raccolti i componenti delle comunità neocatecumenali con la consueta corona di numerosissimi bambini. Non mancano le canzoni, né gli “assalti” dei bambini al Santo Padre il quale tra l’altro come sempre mostra di gradire l’affetto dei più piccini. Poi i discorsi. Quello dei neocatecumenali cui il Santo Padre così risponde.  

Grazie per queste relazioni, ma vorrei soffermarmi sulle parole che il vostro parroco ha usato nella sua introduzione. Ha detto: “Qui si trovano le diverse esperienze”. Io ho pensato di trovare le esperienze diverse di uomini e donne, ma le parole usate dal vostro parroco erano molto giuste. Davvero qui si trovano le diverse esperienze, o ancora meglio, si trova una somma delle esperienze personali che si può definire esperienza cristiana. Questa esperienza cristiana è una realtà, molto graduale, perché in diverse persone, in diversi ambienti è molto scarsa. Ma ci sono persone, ci sono ambienti in cui questa esperienza diventa ricca. Il nostro cristianesimo, il nostro essere cristiani, comincia dal battesimo. Il battesimo come oggi viene offerto ai bambini è un’esperienza che riguarda più che altro la famiglia, ma per vivere questa esperienza ci vuole un ritorno. Questo ritorno è ciò che favoriscono i neocatecumenali. Dicono a ciascuno: “tu sei un cristiano, devi tornare al tuo battesimo, devi prepararti un’altra volta a questo battesimo che hai ricevuto. Devi farti catecumeno, e devi, con questo catecumenato, giungere a quella esperienza del battesimo che hanno avuto i primi cristiani, che ha avuto san Paolo”.

Sono stupende le parole di san Paolo sul battesimo. L’esperienza cristiana è prima di tutto esperienza del battesimo e ciò ci porta verso tutti i sacramenti, ma soprattutto verso l’Eucaristia. L’Eucaristia è il sacramento che nella pratica della vita cristiana parrocchiale è più vissuto, è un’esperienza vissuta anche con i bambini che si preparano alla prima Comunione. C’è una preparazione, c’è un approfondimento, si sente ciò che, sotto le specie del pane e del vino, vuol dire Eucaristia, ciò che Cristo ci ha lasciato come Eucaristia: se stesso, come dono, come cibo. Certamente, l’esperienza cristiana è soprattutto l’esperienza eucaristica e se essa comincia con l’esperienza del battesimo quest’ultimo ci porta verso l’esperienza eucaristica.

È necessaria l’esperienza. Possiamo ricevere i sacramenti non vivendola, non entrando nella profondità del mistero che viene celebrato. Ci vuole questa esperienza, questo aspetto sperimentale della vita cristiana e sono molto grato per tutti questi movimenti che fanno crescere e abbondare l’esperienza cristiana e i diversi aspetti della vita cristiana di un battezzato, che portano verso la profondità della vita cristiana. Così l’uomo diventa più aperto a Dio, capisce le proporzioni e le sproporzioni, capisce cosa vuol dire, la conversione radicale, capisce cos’è il peccato, cosa significa essere giustificato per la grazia, cosa significa l’abisso della misericordia, dell’amore, della Trinità, del dono di Dio. Attraverso tutte queste esperienze basate sui sacramenti, c’è sempre l’esperienza della preghiera. Anche la preghiera può essere rituale, prima di una profonda esperienza, superficiale, che resta alla superficie dei nostri pensieri, del nostro impegno, della nostra personalità. Ma entrando con la preghiera più profondamente nella comunione con Dio, la preghiera stessa diventa abbondante, una cosa splendente, insolita. Le nostre preghiere si devono approfondire, si devono vivere, bisogna farne un’esperienza per non eliminare ciò che la preghiera è, che vuole essere, ciò che Dio ci offre attraverso di essa.

Ringrazio Dio che nella vostra parrocchia ci siano queste esperienze, che portano avanti ciò che è essenziale per la vita della parrocchia, perché essa non è solo una struttura amministrativa, ma la vita, la partecipazione alla vita divina, la partecipazione, attraverso Cristo e lo Spirito Santo, alla vita trinitaria. Vi auguro che la parrocchia possa continuare su questa strada e che i movimenti e le esperienze qui rappresentate possano contribuire a questo progresso.  

Ai giovani  

Nella chiesa, infine, l’incontro conclusivo con i gruppi giovanili rapidamente presentati al Papa dal parroco Don Alfio. Il Santo Padre, nonostante la visita si sia protratta già oltre l’orario previsto non vuole far mancare ai giovani la sua attesa parola.  

È bello essere giovani. È bello avere l’esperienza della giovinezza in diversi modi. Qui, ad esempio, ci sono gli scouts, ci sono altri gruppi meno marcati dalla loro uniforme, anche se tutti siete marcati dalla caratteristica interna del cristiano, dal Battesimo, dalla Cresima. Ma la giovinezza diventa più bella quando, durante il suo cammino, si incontra Cristo e si cammina con lui. Questo vi auguro di cuore e non è un augurio formale, è un augurio personale. Non c’è altro che ci può dare la salvezza. È una verità dogmatica, ma anche una verità, direi, empirica. Nessun altro può dare alla vita umana, a cominciare dalla giovinezza, il suo pieno significato, la sua piena dimensione, mostrargli i suoi orizzonti e aiutare nella lotta spirituale che ciascuno di noi, e specialmente i giovani, dobbiamo intraprendere. La vita umana è anche una lotta. Si dice lotta esistenziale, ma soprattutto è una lotta spirituale, fra il bene e il male. Vincere il male, diventare sempre più confermato nel bene: in tutto questo Cristo è un amico, un Salvatore che accompagna noi tutti, che ci ama e del cui amore disinteressato siamo sicuri.

Vi lascio questa consegna di incontrare Cristo e di camminare insieme con lui. La parrocchia e le sue diverse esperienze giovanili vi insegneranno più dettagliatamente come fare. I vostri padri spirituali, i vostri maestri, ve lo insegneranno. Io vorrei solamente confermare tutti voi con questa consegna.

 

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