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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI
SU
«MICHELANGELO E LA SISTINA»

Sabato, 31 marzo 1990

 

Illustri signori!

1. Si rinnova oggi in coloro che visitano la volta restaurata della Cappella Sistina lo stupore che fu già dei contemporanei allorché il Papa Giulio II mostrò loro gli affreschi di Michelangelo. Si tratta di una singolare emozione estetica, che non può non suscitare un intenso sentimento di gioia e di sorpresa, tanta è l’eccezionalità dell’opera compiuta dal sommo artista.

La pittura di Michelangelo, nella sintesi d’arte realizzata nella Sistina, ci stupisce, incanta e, nello stesso tempo, ci induce a ricercare le idee ispiratrici dell’intero capolavoro, sia quelle connesse con la sua fede cattolica, sia quelle derivate dalle vicende esteriori e interiori della sua vita.

Le pitture della Cappella Sistina riassumono infatti tutto l’itinerario dell’uomo, considerato nei punti salienti della storia della salvezza: un cammino nel quale l’umanità è raffigurata in tutte le sue espressioni: da quelle bibliche, nel racconto della Genesi, nelle figure dei profeti, degli antenati di Cristo, e negli altri episodi più significativi del Vecchio Testamento, a quelle pagane, ricordate nelle Sibille, a quelle interiori dell’uomo, raffigurate nelle espressioni complesse delle immagini ornamentali e decorative.

Il tutto, come è ben evidente, si esprime in un contesto che fa ricordare forme estetiche probabilmente non estranee all’ambiente culturale dell’epoca, non ignaro del pensiero medievale, che definiva la bellezza come “integritas, sive perfectio; debita proportio, sive consonantia; et iterum claritas; unde quae habent colorem nitidum praeclara dicuntur” (Summa theologiae, I, 39,8).

2. Nell’incontrarmi con voi in questa circostanza desidero rinnovare il mio compiacimento per questo simposio di studi, che vuole informare accuratamente sullo stato dei lavori e intende ricercare, mediante documenti, notizie e confronti, le decisioni più opportune per il prossimo restauro della parete del Giudizio Universale.

Non è mia intenzione entrare nel merito dei problemi tecnici e dei criteri da seguire in tale delicata opera. Voi ben sapete che tutto il mondo guarda con grande interesse a quanto si sta compiendo qui. È giusto, perciò, procedere dopo ampia consultazione, poiché si tratta di capolavori che appartengono alla cultura universale, la cui salvaguardia e il cui ripristino all’originario splendore interessano l’intera umanità. Vi esprimo il mio incoraggiamento per la vostra ricerca, particolarmente grato a quanti vi si prodigano con intelligenza e amore.

3. L’interesse della Santa Sede per l’arte non può essere oggi diverso da quello che animò i miei predecessori, che nel corso dei secoli si sono fatti mecenati e promotori di grandi opere. Con chiara intuizione essi compresero che la cultura costituisce un servizio all’umanità, e che l’arte, come la scienza e la filosofia, sono depositarie della verità eterna. Nel Rinascimento poi i Papi, consapevoli che la loro epoca costituiva una svolta culturale, fecero sì che essa si esprimesse all’interno della Chiesa, diventando i promotori dell’apertura umanistica, mediante la scelta di collaboratori che avrebbero espresso le grandi linee maestre della componente culturale di quegli anni.

4. Nella sua arte Michelangelo esprime con chiarezza il dramma, l’esperienza complessa della sua epoca segnata da difficili vicende ecclesiali e politiche, e da provvidenziale rinascita spirituale, ad opera anche e soprattutto di grandi santi e riformatori. I due capolavori della Sistina, pur lontani tra di loro nel tempo, sono uniti da un’unica ispirazione religiosa, che riflette le angosce di una religiosità tormentata, ma non priva di una fondamentale speranza. Infatti nello stupore attonito dei “santi” del Giudizio Universale l’immagine della Vergine, accanto al Cristo, è segno di speranza e di fiducia.

La pietà di Michelangelo si coniuga con una fede non certo semplice; ma egli - con una granitica devozione a Pietro, al quale dedicò le sue ultime fatiche alla celebre Cupola - seppe stabilire un nesso profondo tra la singolarità del proprio genio e l’idea ispiratrice, cioè il suo pensiero fondamentale circa il valore della vita umana, raffigurata nel suo inizio con il tema della creazione, e nel suo ritorno a Dio, mediante il Giudizio Universale, dominato dalla imponente figura del Cristo giudice e redentore. Ed è, questo, un messaggio tanto attuale anche oggi, che ci fa riflettere e ci edifica.

Con questi pensieri formulo cordiali auspici per tutti voi, mentre imparto la mia benedizione apostolica.

 

© Copyright 1990 - Libreria Editrice Vaticana

 



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