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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL BRASILE
IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Lunedì, 21 maggio 1990

 

Cari fratelli nell’episcopato.

1. La vostra presenza qui mi rallegra molto. Sono lieto di accogliervi e darvi il mio affettuoso benvenuto a questo incontro collegiale, dopo quelli individuali, in occasione della visita “ad limina Apostolorum” della vostra regione pastorale Nord. A voi, pastori zelanti, il mio fraterno saluto nella comunione ecclesiale e l’espressione della mia preghiera “perché il nome di Nostro Signore Gesù sia glorificato in voi e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio” (2 Ts 1, 12).

Negli incontri di questi giorni ognuno di voi mi ha riferito delle speranze e delle aspettative del popolo di Dio che è nella vostra regione ecclesiastica. Ma è evidente che il principio e il fondamento di ogni analisi e di ogni iniziativa pastorale è soprattutto la proclamazione della parola di Dio, perché sia sempre meglio ascoltata, meditata e vissuta, nella catechesi, nella liturgia e nella vita cristiana. Vorrei invitarvi, in modo particolare, a meditare oggi con me su uno degli aspetti più importanti della vita ecclesiale, che interessa ognuno di voi e tutta la Chiesa che è in Brasile. Mi riferisco alla vita religiosa.

2. Tutti sappiamo che l’evangelizzazione del Brasile si fa soprattutto attraverso i religiosi, che sono arrivati in questo Paese nella seconda metà del XVI secolo. Così fu con i Gesuiti e dopo con i Carmelitani, i Benedettini, i Francescani, e altri ancora. Ai religiosi dobbiamo attribuire anche il grande merito della rivitalizzazione cristiana in Brasile nel secolo scorso. Oggi la presenza dei religiosi nei quadri della Chiesa in Brasile continua ad essere altamente significativa. Potrei ora ripetere a voi ciò che ho detto loro a San Paolo il 3 luglio 1980: che la loro “presenza è per la Chiesa del Brasile non il superfluo di cui si può fare a meno, ma una necessità vitale”.

3. Vorrei ora riproporre alla vostra sollecitudine pastorale alcuni aspetti particolarmente importanti di questa qualificata presenza e attività. Sono i seguenti: a) I religiosi in quanto testimoni specifici della santità della Chiesa; b) I religiosi nel loro rapporto con i Pastori. I religiosi costituiscono, innanzitutto, una testimonianza qualificata della santità della Chiesa. Lo sono in virtù della loro vocazione e consacrazione religiosa. Poco tempo fa, nella mia visita pastorale all’arcipelago di Capo Verde, parlando ai religiosi e alle religiose nella città di Praia, ho sottolineato che “la santità personale nella “Chiesa evangelizzata” è presupposto fondamentale, è condizione insostituibile perché si possa avere la Chiesa evangelizzatrice . . . (perché) solo nella misura in cui la Sposa di Cristo si lascia amare da lui e lo riama essa diventa madre feconda nello Spirito” (25 gennaio 1990). Questa permanente ricerca della santità personale, in quanto costituisce precisamente la prima e fondamentale missione di ogni religioso, è anche un indispensabile arricchimento per tutta la Chiesa, la quale “è consapevole che, nell’amore che Cristo riceve dalle persone consacrate, l’amore dell’intero corpo viene indirizzato in maniera speciale e eccezionale verso lo Sposo, che in pari tempo è capo di questo corpo” (Redemptionis donum, 14). È precisamente questa ricerca permanente della santità che conferisce alla vita religiosa la sua identità propria e gli assegna un posto ben preciso nella Chiesa; non certo nel livello delle strutture, ma “nella linea dei carismi, e più esattamente nel dinamismo di quella santità che è la vocazione primordiale della Chiesa” (3 luglio 1980).

4. A voi, carissimi fratelli nell’episcopato, tocca l’onorevole e gravoso compito di curare con zelo il fondamentale carisma della vita religiosa, promuoverlo amorevolmente e proteggerlo, secondo le sue caratteristiche proprie (Mutuae relationes, 9). Alla vostra sollecita attenzione e alla vostra cura fraterna, desidero affidare oggi la vita religiosa in Brasile. Il primo dovere del religioso e della religiosa è di non dimenticare la peculiare originalità di ciascuna delle famiglie religiose. Non deve pretendere, perciò, di ridurle a un modello unico di vita comunitaria, inserita negli ambienti popolari. Per la Chiesa è ugualmente importante la vita contemplativa e il lavoro dei religiosi e delle religiose nell’educazione, nella cura dei malati e in altre forme di azione apostolica. Qualunque sia l’impegno del religioso e della religiosa nell’ordine temporale, non potrà mai prescindere da quella dimensione spirituale che deve informare tutta la sua esistenza, chiamata a dare testimonianza di Cristo ai fratelli. I religiosi, più che gli altri, sono testimoni vivi dei consigli evangelici. Perciò non si può ridurre la missione profetica globale della vita religiosa a un impegno esclusivo in progetti, anche meritevoli, solamente di promozione sociale.

A voi, come pastori solleciti della Chiesa, tocca la missione di seguire tutte le iniziative apostoliche dei religiosi, segnalando le eventuali deviazioni e orientando con chiarezza allo scopo di far loro riprendere e promuovere sempre la genuina natura della vita religiosa. Vi raccomando in modo speciale di aiutare i religiosi e le religiose a mantenere coraggiosamente la fedeltà al carisma dei fondatori. Così, aiuteranno la Chiesa ad arricchirsi sempre di più con la bellezza e la varietà di tutti questi carismi. Ognuno di loro è, infatti, il frutto meraviglioso di una peculiare esperienza dello Spirito di Dio. Allo stesso modo, raccomando qui alla vostra attenzione personale e alla vostra paterna sollecitudine la promozione degli Istituti di Vita Contemplativa, la cui presenza nella Chiesa diventa più importante quanto più grandi sono le necessità pastorali del popolo.

5. In secondo luogo vorrei sottolineare l’unità intima tra l’azione pastorale dei religiosi e la missione specifica che voi avete ricevuto come pastori del popolo di Dio, che dobbiamo incrementare. Voi ricorderete, certamente, le direttive del Concilio Vaticano II nella Christus Dominus (nn. 11, 28, 34 e 35). Ricorderete anche gli orientamenti contenuti nel capitolo 6° della Mutuae relationes. Sarà bene che Voi tutti riflettiate su di esse.

Indubbiamente, la presenza numerosa e l’azione competente dei religiosi e delle religiose nel panorama della Chiesa in Brasile non solo raccomanda ma può facilitare una collaborazione sempre più stretta e un senso sempre più profondo dell’unità ecclesiale. A questo proposito, vorrei ricordare la grande responsabilità che ognuno di voi ha nei confronti del lavoro pastorale svolto dai religiosi e dalle religiose nella vostra diocesi, e quella che avete insieme ogni volta che i religiosi esprimono direttive per la loro azione pastorale in Brasile, tramite i loro organismi (Christus Dominus, 34-35). Non è necessario ricordare che l’esenzione della quale godono molte famiglie religiose riguarda soltanto la loro disciplina interna e non il lavoro apostolico esterno. Anzi, il senso più profondo di tale esenzione sarebbe quello di creare legami più diretti tra questi religiosi e il Papa, affinché egli possa contare su di loro in modo più diretto per qualsiasi missione nella Chiesa Universale.

Credo sinceramente che è importante, e addirittura indispensabile, soprattutto un contatto permanente, un dialogo fraterno e un orientamento sicuro di ognuno di voi con i superiori religiosi degli Istituti che operano nelle vostre diocesi. Così, sarebbe molto più facile l’inserimento dell’azione pastorale dei religiosi nelle vostre direttive pastorali. Sappiamo bene quale sofferenza vi sia per tutto il corpo di Cristo e per il successore di Pietro quando si verificano tra i religiosi atteggiamenti o manifestazioni di poco apprezzamento nei confronti del magistero e degli orientamenti della Chiesa, sia della Chiesa universale che dei pastori locali. Molti di questi svolgono il loro ministero in mezzo a molte sofferenze personali e tanta incomprensione, senza mai venir meno nella loro unione e fedeltà al successore di Pietro, centro visibile dell’unità della Chiesa di Gesù Cristo.

6. La mia raccomandazione finale è questa: che si crei nell’ambito delle vostre diocesi un clima di intima unione dei cuori e di fraternità consolatrice, tra voi e il vostro presbiterio, nel quale si trovano innumerevoli religiosi che con voi collaborano, e tra i pastori e le religiose, che con instancabile entusiasmo contribuiscono all’edificazione del regno di Dio. Cari fratelli nell’episcopato: con queste considerazioni di carattere pastorale desidero affidarvi tutti alla protezione di Nostra Signora, Madre della Chiesa. Che la santissima Vergine vi conduca nel vostro generoso lavoro apostolico per la formazione delle nuove generazioni. Che la Madonna interceda per voi affinché non vi manchi mai chi si consacri con generosità alla predicazione del Vangelo e alle opere di carità in favore degli umili, dei poveri, dei sofferenti.

A voi e a tutti i fedeli delle vostre comunità diocesane, imparto di cuore la benedizione apostolica, invocando sui vostri propositi e progetti pastorali l’aiuto del Signore, sommo ed eterno pastore.

 

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