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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLE FILIPPINE
IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Lunedì, 19 novembre 1990

 

Cari fratelli vescovi.

1. Per la terza volta quest’anno ho la gioia di incontrare un gruppo di vescovi delle Filippine in occasione della loro visita “ad limina”. La vostra presenza richiama davanti ai miei occhi il temperamento amichevole e affettuoso del vostro popolo e il loro modo gioioso di vivere la fede della quale sono stati rigenerati in Gesù Cristo per divenire: “la stirpe eletta il, sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo di Dio” (1 Pt 2, 9). Nella comunione che ci unisce nel servizio apostolico non dobbiamo mai smettere di ringraziare Dio per il suo disegno di grazia amorevole, manifesto nella santità e nel servizio generoso che contraddistinguono la vita di molti dei vostri preti, religiosi e laici.

“Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva” (1 Pt 1, 3).

2. Negli incontri con altri gruppi di vescovi filippini mi sono sempre raccomandato che la guida pastorale sia rivolta ad aiutare la gente ad acquisire una conoscenza più profonda degli insegnamenti della Chiesa, affinché il messaggio del Vangelo possa continuare a permeare ed elevare la società filippina. Il mio invito provocatorio si rivolge in maniera particolare al settore della formazione sacerdotale, ma anche alla preparazione spirituale e dottrinale di guide laiche adatte alle quali sia affidato il compito particolare di applicare le verità e i valori del Vangelo alle realtà della vita economica, sociale e culturale della nazione. L’“evangelizzazione” di un popolo comprende le forme popolari ed esteriori di esprimere la devozione in modi di vita basati su motivi religiosi, ma deve andare anche oltre, al cuore vero del comportamento umano, alla spiegazione dei problemi umani alla luce di Cristo e a un rinnovamento interiore personale nella “nuova vita” che trae origine dal vero Spirito di Dio.

Per “nuova vita” si intende vita nel corpo di Cristo che è la Chiesa. Essa abbraccia ogni individuo battezzato nella vita della grazia. Ma non è solo una questione privata. La natura ecclesiale e cattolica della vita cristiana deve essere chiaramente presentata al fedele, soprattutto di fronte a tattiche contenziose di organizzazioni e sette con le quali esiste di solito solo poca possibilità, se non nessuna, di dialogo, e che rappresentano spesso un serio ostacolo agli sforzi ecumenici. Come vescovi capite che la responsabilità propria nelle attività di conversione di questi gruppi sta proprio nel rinnovamento sincero delle vostre stesse comunità, per mezzo del quale esse divengono più fraterne, più attente alla situazione reale dei loro membri, più vive nel loro amore e nella loro amicizia testimoniando di più la loro professione di fede (cf. Sects and new religious movements: Pastoral Challenge, 3. 1).

L’ “Anno catechistico nazionale” che sta ormai volgendo al termine dimostra che avete completamente preso a cuore il compito di favorire un programma di istruzione della dottrina cattolica, più ricco e articolato. Vi esorto a proseguire l’intento di questo anno anche in altri modi, cercando di utilizzare tutte le risorse disponibili per approfondire la formazione cristiana del vostro popolo.

3. Un altro argomento di conversazione con i gruppi dei fratelli vescovi, venuti in precedenza, è stato quello sulla grave minaccia dei valori tradizionali della società filippina, sulla quale anche voi avete pubblicato spesso lettere pastorali e relazioni. Questa perdita di valori è divenuta evidente in un aumento dell’inquietudine personale e sociale che, a sua volta, può essere spesso rintracciata nelle serie difficoltà in cui viene a trovarsi la famiglia. La vostra visita mi permette di condividere la vostra profonda ansia pastorale per le condizioni della famiglia e quindi di confermarvi il mio assenso per il vostro desiderio di rafforzare e difendere la famiglia come la cellula vitale prima di una società giusta e armoniosa. Un’attenta meditazione sullo stato reale dell’amore coniugale e della vita familiare rivela qualcosa dell’ineffabile mistero della grazia di Dio, come essa si generi e manifesti il suo potere nella vita della gente.

Ho trattato questo aspetto nell’esortazione apostolica Familiaris consortio (n. 12) quando in particolare ho scritto che: “La parola centrale della Rivelazione, “Dio ama il suo popolo”, viene pronunciata anche attraverso le parole vive e concrete con cui l’uomo e la donna si dicono il loro amore coniugale. Il loro vincolo di amore diviene l’immagine e il simbolo dell’alleanza che unisce Dio e il suo popolo. E lo stesso peccato, che può ferire il patto coniugale diviene immagine dell’infedeltà del popolo al suo Dio . . .”. Più fedelmente si preserva il matrimonio e si permette alla grazia sacramentale di portare frutti, più completamente le coppie e le famiglie, e quindi la società, rifletteranno la presenza amorevole di Dio in mezzo a loro. La società filippina è stata veramente benedetta da Dio con un profondo senso della famiglia.

Benefici innumerevoli sono il risultato del calore delle relazioni umane, della bontà e della solidarietà effettiva con gli altri generate da una tradizione di vita familiare solida. Oggi la Chiesa è chiamata a difendere questa eredità preziosa, specialmente in circostanze difficili, quali quelle in cui voi operate tra così tante famiglie. La responsabilità pastorale di affrontare le difficoltà avrà origine dall’amore evangelico che alimenta il vostro ministero. Amare la famiglia significa saperne apprezzare i valori e le possibilità, promuovendoli sempre, significa individuare i pericoli e i mali che la minacciano, per poterli superare; significa adoperarsi per crearle un ambiente che favorisca il suo sviluppo. È una suprema forma di amore quella di ridare alla famiglia cristiana le ragioni per aver fiducia in se stessa, nelle proprie ricchezze di natura e di grazia, e nella missione che Dio le ha affidato (cf. Familiaris consortio, 86).

Poiché il benessere della comunità civile dipende dalla solidità delle sue famiglie, si deve sperare che, accanto alla Chiesa, molte istituzioni, compreso il Governo, le scuole e i mezzi di comunicazione sosterranno la vita della famiglia e “devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti - economici, sociali, educativi, politici, culturali - di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità (Familiaris consortio, 45).

4. Avete pubblicato di recente una lettera pastorale riguardante la maternità e la paternità responsabili. L’interesse primario e più importante della Chiesa, considerando l’accelerazione e decelerazione della crescita della popolazione, è che la volontà di Dio a favore della persona e della famiglia sia pienamente rispettata, vale a dire che tutto sia fatto entro i parametri della libertà di coscienza, della decisione responsabile delle coppie e dei principi di moralità sessuale e familiare.

Siete coscienti del vostro serio dovere di difendere questi principi e di annunciare e promuovere il diritto morale relativo al controllo della popolazione. A livello pastorale è importante che il vostro insegnamento in questo settore delicato sia comunicato in modo chiaro e adeguato ai vostri preti, così che essi a loro volta possano illuminare le coppie di sposi sui loro diritti e doveri. I cattolici non dovrebbero esitare a difendere pubblicamente l’insegnamento della Chiesa sul ruolo prioritario delle coppie di sposi e dei genitori, in particolare nelle questioni decisive relative all’accoglienza generosa dei bambini. Così facendo essi sostengono i valori fondamentali della libertà e della responsabilità a favore di tutta la società.

All’origine dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la procreazione, nonché delle risposte della Chiesa sul problema della popolazione, è la fiducia immensa nelle possibilità delle stesse coppie di sposi di raggiungere un amore pienamente maturo e rispondente alla verità del piano di Dio su di esse.

Nel settembre scorso, durante la mia visita pastorale in Burundi, ho insistito sulla responsabilità primaria dei genitori nelle decisioni sulle loro famiglie: “È loro compito vivere una paternità responsabile e generosa, accogliere i figli che desiderano e che pensano di poter allevare. Questo implica un grande rispetto degli sposi l’uno per l’altro, una padronanza della loro vita intima, un amore che custodisce una stima costante per la donna nella sua capacità di essere madre” (Omelia a Gitega, 6 settembre 1990, n. 6). La Chiesa ha una “buona novella” da annunciare che riguarda il matrimonio e la famiglia, un insegnamento di speranza e di amore vero di cui il mondo ha un bisogno estremo.

5. Siete ben consapevoli che, come padre e pastore, il vescovo è il primo responsabile della cura pastorale della famiglia. Questo è un settore al quale egli deve consacrare tempo, personale e risorse, e soprattutto tutto l’appoggio e l’incoraggiamento personale a coloro che lo assistono nell’apostolato della famiglia. Dovrete stare attenti a non trascurare l’importanza fondamentale degli aspetti spirituali di questo sforzo pastorale. Farete il vostro dovere promuovendo la preghiera di famiglia e il ricevimento frequente dei sacramenti come mezzi sicuri per salvaguardare e rafforzare la vita cristiana della famiglia.

Tra le pratiche religiose che la Chiesa ha talvolta raccomandato, ho piacere di ricordare ciò che il Papa Paolo VI ha scritto riguardo al Rosario in famiglia: “Ci piace pensare, e sinceramente auspichiamo, che quando l’incontro familiare diventa tempo di preghiera, il Rosario ne sia espressione frequente e gradita” (Marialis cultus, 54: Familiaris consortio, 61). In un Paese come le Filippine, rinomato per la sua devozione a Maria, sapete per esperienza quanto tale pratica del Rosario conduca a Cristo e a una vita cristiana più impegnata.

6. Cari fratelli vescovi, le circostanze in cui le vostre chiese locali sono chiamate a vivere, crescere ed espandersi sono diverse e difficili. In molti casi la povertà e la violenza raggiungono estremi tali da compromettere seriamente gli sforzi tesi a favorire lo sviluppo e la ricerca di un’esistenza più umana. Il bene comune è spesso subordinato a interessi personali. La riconciliazione e la pace sembrano lontani da raggiungere. Non scoraggiatevi dall’ampiezza e dalla serietà del compito che dovete assumervi: “La Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione” (Gaudium et spes, 10).

Confidando che la Chiesa nelle Filippine possa progredire come un pellegrino in un paese straniero . . . fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunciando la croce e la morte di Dio finché egli si rivelerà vincendo pazientemente e amorevolmente i dolori e le difficoltà che la affliggono dall’interno e dall’esterno.

Possa la Benedetta Vergine Maria, Madre e Modello della Chiesa, guidarvi nel vostro ministero e incoraggiarvi a rimanere sempre fedeli al “fardello” che la Chiesa ha posto sulle vostre spalle. “Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (Rm 12, 12).

Con la mia benedizione apostolica.

 

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