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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL TERMINE DELLA RIUNIONE DEI PRESIDENTI
DELLE CONFERENZE EPICOPALI

Martedì, 9 aprile 1991

 

1. Con tutto il cuore saluto voi, cari fratelli nell’Episcopato, che a nome ed in rappresentanza delle rispettive Conferenze Episcopali siete venuti a Roma, per studiare insieme importanti problemi concernenti la Sede apostolica.

Ho accolto volentieri la proposta di questa iniziativa, suggerita dai miei Collaboratori, e vi ringrazio per la vostra disponibilità e per il contributo dei vostri consigli e delle vostre proposte, che sono tanto più validi in quanto provengono dalla ricca e illuminata esperienza di Pastori sparsi in tutto il mondo.

Questa iniziativa è incoraggiata dall’esempio della Chiesa primitiva, nella quale troviamo una delle prime espressioni concrete di comunione tra le Chiese particolari e la Chiesa Universale: intendo alludere alle collette organizzate da San Paolo nelle Chiese da lui fondate a favore della Chiesa Madre di Gerusalemme (cf. Gal 2, 9-10; 1 Cor 16, 1-4; 2 Cor 8, 1-24; At 11, 30).

È questo, infatti, il senso del convegno di questi giorni e di quanto in esso avete trattato: permettere alla comunione ecclesiale, che unisce tutte le componenti del Corpo Mistico di Cristo in un vincolo reale e organico, di esprimersi anche nella dimensione di caritatevole e solidale aiuto materiale.

Esso è chiesto affinché la Curia Romana possa servire meglio e compiere più facilmente la sua missione e la sua diakonia alla Chiesa intera.

Alla base dell’aiuto chiesto alle Chiese particolari c’è anche una esigenza di giustizia, alla quale alludeva San Paolo quando, riferendosi alla colletta in favore dei poveri della Chiesa di Gerusalemme fatta dalle comunità di Macedonia ed Acaia, affermava: “L’hanno voluto perché sono ad essi debitori; infatti, avendo i pagani partecipato ai loro beni spirituali, sono in debito di rendere un servizio sacro nelle loro necessità materiali” (Rm 15, 27).

Se è vero, infatti, che la comunione è vincolo di fede e di carità, che stabilisce legami che vanno al di là delle norme giuridiche, essa ha pure bisogno di concrete espressioni di quella sollecitudine che ogni Vescovo deve avere per la Chiesa Universale e quindi per gli altri Organismi centrali che operano a beneficio dell’intera Comunità ecclesiale.

Il contributo economico alla vita e all’azione della Santa Sede va visto altresì come esigenza di condivisione dei beni, al fine di esprimere concretamente l’unità del Corpus Ecclesiarum.

2. Nei tempi passati, anche quando non esisteva più uno Stato Pontificio, le modeste entrate della Santa Sede bastavano a coprire le spese. In questi ultimi tempi, invece, con le nuove esigenze pastorali e di servizio, e con la necessità di retribuire secondo i principi della giustizia sociale i collaboratori, aumentati notevolmente di numero al fine di rispondere alle nuove necessità della Sede apostolica, si sono accresciuti i bisogni finanziari in proporzione tale che non è più possibile farvi fronte, neppure destinando a questo scopo le offerte dell’Obolo di San Pietro.

Alle necessità del governo centrale della Chiesa si assommano quelle, anch’esse in continuo aumento, di intere popolazioni e Chiese particolari, al limite di estrema indigenza, che hanno diritto ad attendersi un gesto concreto di carità dal Papa, cui corrisponde l’altissimo compito di “universo caritatis coetui praesidere” (Lumen Gentium, 39).

A nessuno di voi sfugge quanto sia indispensabile rispondere alle iniziative di promozione e di studio, richieste dalla situazione della Chiesa e del mondo, e non dovervi rinunciare a causa della mancanza di mezzi economici. È vero che dobbiamo procedere con rigorosi criteri di austerità e di povertà, ma, allo stesso tempo, dobbiamo provvedere quanto è indispensabile per lo svolgimento del lavoro, pur affidandoci alla Provvidenza, che non lascerà mancare il necessario alla Chiesa e a chi ha il compito di guidarla.

3. In questi due giorni voi siete stati informati sui principali aspetti dell’organizzazione economica della Santa Sede e sulle esigenze finanziarie che l’attività della Curia Romana comporta. Avete potuto chiedere chiarimenti ed ottenere spiegazioni, come anche esprimere riflessioni e proporre suggerimenti che saranno attentamente valutati dai Dicasteri interessati.

La riunione di questi giorni può segnare l’inizio di nuovi importanti sviluppi della comune sollecitudine di tutti i Vescovi affinché siano assicurati i supporti materiali necessari per il servizio della Santa Sede alla Chiesa universale e all’umanità tutta se vi farete portavoci di queste istanze in seno alle vostre Conferenze Episcopali, in modo che i Vescovi possano ricercare e trovare le soluzioni più appropriate.

In ogni epoca tale sollecitudine è stata contrassegnata da spirito di solidarietà e di condivisione, e si è manifestata con forme di attuazione rispondenti alle particolari esigenze e alla mentalità del tempo. Il nuovo Codice di Diritto Canonico, frutto del Concilio Ecumenico Vaticano II, indica ora a noi, anche in questo, una via sicura su cui procedere nelle presenti circostanze.

A voi, venerati fratelli ed a tutti i Vescovi delle vostre Conferenze Episcopali -che riceveranno da voi un’opportuna informazione circa questa riunione, e che anzi saranno chiamati a continuarla ed a portarla a positiva conclusione -va il mio fraterno augurio di bene, che accompagno con una particolare benedizione apostolica, che ora di cuore imparto a voi e a tutti i fedeli delle vostre Comunità diocesane.

 

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