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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA E UNGHERIA
(13-20 AGOSTO 1991)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI BAMBINI DEGENTI E AL PERSONALE SANITARIO

Ospedale pediatrico di Prokocim (Cracovia) - Martedì, 13 agosto 1991

 

Cari bambini, che abitate in questo Istituto per riacquistare la salute! Insieme con voi desidero innanzitutto salutare il Presidente della Repubblica con la Consorte, gli stimati Rappresentanti del Presidente degli Stati Uniti, presieduti dal Signor Ed Derwínski, e del Congresso americano guidati dal Signor Dante B. Fascell. Saluto i Membri del Consiglio Amministrativo della Fondazione “Project HOPE”, i rappresentanti del Consiglio Amministrativo Internazionale della medesima Fondazione, i Rappresentanti del Governo polacco e gli sponsorizzatori con le rispettive mogli. Saluto tutte le persone qui presenti. Saluto tutti i lavoratori dell’Istituto Polacco-Americano di Pediatria presso l’Accademia Medica a Cracovia e i Rappresentanti di quest’Accademia con il Rettore, professor Andrea Szczeklik, e tutti gli ospiti presenti.

1. Come è noto sono all’inizio della seconda fase del mio pellegrinaggio di quest’anno alla mia Patria. Questa volta dirigo i miei passi pellegrini a Jasna Gora, per incontrare, ai piedi della Regina della Polonia e Madre della Chiesa, i giovani che sono venuti da tutto il mondo in occasione della loro festa.

Pellegrinando da Roma a Czestochowa non potevo dimenticare Cracovia e il Colle di Wawel che è un vero Santuario della nostra storia. Tuttavia, la Provvidenza divina ha fatto sì che i primi passi sul sentiero di questo pellegrinaggio mi è stato dato di dirigerli all’ospedale e, precisamente, all’ospedale per i bambini, quindi ad un particolare Santuario della sofferenza umana, al mistero della sofferenza umana. Ringrazio, dunque, Dio per quest’incontro! Ringrazio gli Organizzatori e i Bambini per l’invito. La mia presenza in quest’ospedale non la considero come un semplice fermarsi, ma come una vera stazione, una stazione nel senso religioso ed ecclesiale; quindi come un incontro di persone umane con Dio, con un particolare mistero, per viverlo come una purificazione e per prepararsi alla stazione seguente.

Che cos’è che purifica di più ed avvicina al Dio Onnipotente e Santo, se non la sofferenza e il sacrificio dell’uomo innocente? Per pronunciare tali parole è necessario avere nel proprio cuore la Persona di Cristo, il Figlio di Dio, e il suo Mistero Pasquale; il Mistero della Redenzione . . . “Perché con la tua santa croce hai redento il mondo”. Ed è in tale spirito che San Paolo accetta le proprie infermità, necessità, oltraggi, persecuzioni, perché “la potenza (di Dio) . . . si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9). La debolezza umana inserita, mediante la fede, nel mistero di Cristo, diventa la sorgente della potenza di Dio.

Perciò l’Apostolo scrive: “quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12, 10).

Quindi la sofferenza dell’uomo, la sofferenza degli uomini, che non si può evitare, accolta nello spirito di fede, è la sorgente della potenza per chi soffre, e per gli altri, ed è la sorgente della potenza per la Chiesa, per la sua missione salvifica. Ed è per questo che apprezzo così tanto ogni incontro con i malati. Ed è per questo che conto così tanto sui frutti del loro dolore e della loro debolezza. Desidero trasmettere, ancora una volta, questa verità a voi, cari Bambini che siete qui nell’ospedale, ai vostri Genitori e a quelli che vi amano, che vi proteggono, che vi curano. La voglio trasmettere a tutti i miei Connazionali che soffrono nelle loro case, negli ospedali e nei diversi istituti, ed a tutti i malati e sofferenti del mondo intero. L’uomo teme la sofferenza, vuole respingerla, evitarla, così come temeva la passione e la morte Cristo stesso, e di questa ha non soltanto il diritto, ma anche l’obbligo.

Tuttavia, la sofferenza esiste nel mondo e ci affligge. Io so, cari Bambini, che voi e i vostri genitori desiderereste accogliermi nelle vostre case, o in una chiesa, o in una scuola, oppure nel campo da gioco, in buona salute e in piena abilità. Intanto mi avete invitato in un ospedale che temporaneamente sostituisce la vostra vera casa, affinché possiate ritornare sani a questa e alla vostra famiglia. Io vi auguro questa salute con tutto il cuore e prego per essa. Prego per il sano riflesso dei vostri occhi, per il sorriso pieno di gioia, per la felicità. Prego che, nonostante la malattia, voi vi sentiate bene in quest’ospedale, che troviate uomini che vi amino, che incontriate saggi medici, infermiere e infermieri premurosi, buoni amici e amiche.

Nei momenti più difficili, quando vi sentirete male, oppure sarete malinconici, guardate a Cristo crocifisso che è risorto. La sua Madre stava sotto la Croce. A questa Madre, che è la nostra, mi reco domani a Jasna Gora e vi porterò ad Essa; porterò le vostre sofferenze, preghiere e desideri, e tutto ciò che io desidero per voi.

2. Ecco noi ci troviamo nelle grandi strutture ospedaliere che sono nate dall’amore e dalla solidarietà umana. Qui viene fatto tanto bene. Restituire all’uomo la salute, restituire l’uomo alla vita. Tutto questo è il segno evangelico della vita eterna e della vocazione dell’uomo in Dio a questa vita.

Così faceva Cristo utilizzando la potenza divina, così fate anche voi, utilizzando la scienza, le capacità e la saggezza umane, accompagnate dalla grazia. Per questo il vostro Istituto, così come tutti i simili luoghi, è un segno che rende testimonianza alla dignità e al valore della vita umana; segno della sollecitudine per questa vita e, in un certo senso, è il segno umano della piena dimensione di tale vita.

Questo Istituto, accanto al suo significato essenziale detiene ancora un ruolo speciale di simbolo. Esso è sorto più di 25 anni fa, nei tempi dell’allora accentuata divisione del mondo. È sorto malgrado le differenze ideologiche che hanno diviso il mondo e perfino nonostante l’ostilità fomentata in questi ultimi tempi tra l’Oriente e l’Occidente. Dirò meglio, quest’opera è stata realizzata al di sopra di tutto questo, e insieme con le altre, essa deve parlare, ad alta voce, a noi e a tutti gli uomini del mondo. Il bene dell’uomo è diventato più forte di tutto ciò che gli è contrario. La solidarietà degli uomini ha vinto le divisioni e le ostilità.

Per questo desidero esprimere qui la mia gratitudine, desidero dare il mio specifico omaggio ai coraggiosi iniziatori di quest’opera, a quelli che l’hanno realizzata e a quelli che la stanno sviluppando. Sono spiritualmente presenti in questo momento, davanti ai nostri occhi tutti i bambini che in questo ospedale hanno riacquistato la salute e felicemente sono ritornati alle loro case e alla vita normale! Grazie, quindi, e lode prima alla “Polonia” americana in mezzo alla quale è nata quest’idea e ha trovato l’appoggio da parte dei membri della camera dei rappresentanti.

Non è possibile nominare qui tutte le persone che in questo campo si sono particolarmente distinte. Ricorderò quindi soltanto un membro del Congresso, eminentemente politico che ha coperto le alte cariche statali, un uomo che si è dedicato tanto per la “Polonia” americana, il Signor Clement J. Zablocki di Milwaukee. Io l’ho conosciuto personalmente e l’ho insignito di un’alta onorificenza pontificia.

Sono cresciuti i bisogni e si è sviluppato anche l’ospedale.

A questo sviluppo ha contribuito direttamente anche il Governo degli Stati Uniti. È una cosa caratteristica che all’apertura della costruzione dell’Istituto di riabilitazione assistette il Signor Clement Zablocki, e l’inaugurazione di questo ospedale è stata fatta dal Vicepresidente degli Stati Uniti l’allora Signor George Bush. Prego i suoi Rappresentanti qui presenti di trasmettere al Signor Presidente le espressioni del mio riconoscimento e della mia gratitudine. Nel corso dell’ingrandimento di questo Centro di cura, grande e moderno, a Prokocim, il principale appoggio è stato offerto dalla Fondazione americana: Project Health Opportunity to People Everywhere che è stata designata dal governo degli Stati Uniti come sponsor dell’Istituto di pediatria dell’Accademia di Medicina a Cracovia. Le prime lettere di questo nome compongono una parola molto significativa: HOPE = speranza. Il Presidente della Fondazione è il suo fondatore, qui presente con la sua consorte, il Dott. William B. Walsh. Così come il Direttore del programma polacco è suo figlio, il Dott. John, un fedele amico della Polonia, il quale mette tutto il suo cuore nel lavoro a favore dei bambini. Molto interessanti sono gli inizi e la storia di questa Fondazione che si presenta come la storia della sensibilità umana ai bisogni di un altro uomo. Lo sfondo di questa storia rimane sempre la parabola di Cristo del buon Samaritano. Basta dire che il Project HOPE porta avanti circa cento programmi di cui uno abbraccia la Polonia, e nel futuro intende diffondersi agli altri paesi: la Cecoslovacchia, l’Ungheria, i Paesi Baltici, la Iugoslavia, la Bulgaria e la Romania. “Dio ricompensi e aiuti”. Evidentemente in tutta quest’opera partecipano anche le diverse organizzazioni e le singole persone; in essa vengono investiti sia i fondi pubblici che privati. Non possiamo, quindi, che nominare anche i meriti della Polonia, del Governo e delle istituzioni a diverso livello, come anche della stessa Accademia di Medicina di Cracovia e del Direttore dell’Istituto Polacco-Americano di Pediatria, il Professor Jan Grochowski, qui presente. Chiedo scusa se nomino soltanto alcuni.

Grazie a una tale collaborazione e solidarietà siamo arrivati in questo momento ad un’ultima parte di questa grande iniziativa portata a termine dal Project HOPE, cioè al Centro Ambulatorio di Cura dei Bambini, che ho benedetto poco fa e che porterà il nome del grande amico della Polonia, già nominato, di Clement Zablocki. E questo non è ancora la fine, poiché ci sono ancora i nuovi progetti di un ulteriore sviluppo di questo Centro. Sono stato informato, tra l’altro, della costruzione di un albergo per genitori e bambini. Cari fratelli e sorelle, tutto questo è particolarmente significativo perché ci dice quanto si prendono in considerazione in quest’ospedale i molteplici bisogni della persona umana, di un bambino, i suoi bisogni fisici e spirituali.

Questo ci dice che con l’applicazione delle conquiste più moderne della scienza e della tecnica qui si tiene conto anche delle esigenze dell’antropologia integrale.

Che Dio benedica quest’opera e tutte le altre simili ad essa.

3. Gentili Signori e Signore, cari fratelli e sorelle consentitemi alla fine di condividere con voi alcuni ricordi e riflessioni.

Sin dall’inizio del mio servizio pastorale mi sono legato all’ambiente medico e all’intero ambiente del servizio alla sanità. In mezzo ai presenti oggi vedo le persone che ho conosciuto agli inizi del mio lavoro pastorale. Ci sono anche quelli che ho incontrato come arcivescovo di Cracovia. Ci sono, infine, anche i giovani che incontro per la prima volta. Ho desiderato e desidero ricordare a tutto il personale di servizio sanitario la loro grande vocazione che proviene dal servizio all’uomo infermo. Nella Lettera apostolica Salvifici doloris, sul senso cristiano della sofferenza umana, ho scritto: “questo è “da buon samaritano” la professione del medico e dell’infermiera, o altre simili! In ragione del contenuto “evangelico”, racchiuso in essa, siamo inclini a pensare qui piuttosto ad una vocazione, che non semplicemente ad una professione” (Ioannis Pauli PP. II, Salvifici Doloris, n. 29). Non c’è alcun dubbio che il lavoro del medico, dell’infermiere, ogni lavoro in mezzo ai malati è un servizio a Cristo: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).

Il carattere dell’aiuto portato ad un malato, della cura di esso, fa si che abbiamo a che fare non tanto con una professione, quanto con una vocazione, che grazie alla sua nobiltà e ai suoi ideali è vicina alla vocazione sacerdotale. Per realizzare una tale vocazione hanno un ruolo enorme i valori religiosi. Essi rafforzano nei medici e in tutte le persone addette ai malati, lo spirito di un autentico servizio nei riguardi dei pazienti, mobilitano all’agire in favore di una esecuzione sempre più degna della professione e richiamano al maggior senso di responsabilità per il bene che è stato loro affidato, che è l’uomo.

Quindi, la vita religiosa detiene un ruolo importante nel compiere il servizio del medico e quello di cura in generale dei malati. E qui c’è il posto per quella che è chiamata la pastorale delle persone che si dedicano al servizio dei malati. Essa vuole portare a loro la conoscenza approfondita del Vangelo e di tutta la dottrina della Chiesa, e aiutarli nella loro formazione morale e spirituale.

Ringrazio, ringrazio ancora una volta tutti. Ringrazio i bambini per il programma che mi hanno preparato, e ringrazio la piccola rosa che è caduta dal cestino e nonostante tutto... mi ha fatto gli auguri. Ringrazio calorosamente per gli auguri e prima di tutto per il sacrificio della vostra sofferenza. Vi porto con me a Jasna Gora, almeno da lontano, alle Giornate Mondiali della Gioventù che non sappiamo ancora dove saranno celebrate. Vi benedico con tutto il mio cuore!



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