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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(1°-9 GIUGNO 1991)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI ESPONENTI DELLE COMUNITÀ EBRAICHE

Nunziatura Apostolica di Varsavia - Domenica, 9 giugno 1991

 

1. Gli incontri con i rappresentanti delle comunità ebraiche costituiscono un elemento costante dei miei viaggi apostolici. Tale fatto ha la sua eloquenza, poiché sottolinea nel suo genere l’unica comunione di fede che unisce i figli di Abramo, confessori della religione di Mosè e dei Profeti, con coloro che confessano anche Abramo il loro “padre nella fede” (cf. Gv 8, 39) e accolgono in Cristo, “figlio di Abramo e figlio di Davide” (cf. Mt 1, 1), anche tutta la ricchissima eredità di Mosè e dei Profeti.

L’incontro con gli Ebrei in terra polacca ha però ogni volta un significato speciale. Oggi desidero richiamarmi a tutto quello che dissi su questo tema già durante i precedenti incontri, e ciò che mi viene dettato dalla mia fede e dal mio cuore. In questo fatto coincide un passato, in un certo senso magnifico e allo stesso tempo tragico, della comune quasi millenaria storia in terra polacca, la responsabilità di confessori dell’unico Dio per l’oggi e la speranza per il futuro, mirante alla trasformazione del mondo mediante la rinascita e il rinnovamento dell’uomo aperto in pari misura alla voce di Dio e ai bisogni del prossimo.

2. Durante il mio ultimo incontro con i rappresentanti della comunità israelitica in Polonia nella sede dei Primati di Polonia, il 14 giugno dei 1987, incontro che ricordo con gratitudine e non senza commozione, espressi i pensieri e i sentimenti, con cui io stesso e penso la stragrande maggioranza dei Polacchi guardavamo impotenti a quell’orribile crimine che era stato compiuto contro tutta la nazione ebraica. A volte senza sapere bene che cosa stava succedendo, perché chi lo faceva cercava di nasconderlo. L’abbiamo vissuta - dicevo allora - “in uno spirito di profonda solidarietà con Voi. La minaccia contro di Voi è stata anche una minaccia contro di noi. Quest’ultima non si è realizzata nelle stesse dimensioni, non ha avuto il tempo per realizzarsi nelle stesse dimensioni.

Questo terribile sacrificio dello sterminio lo avete subito Voi, l’avete subito, si potrebbe dire, anche per gli altri che dovevano essere anch’essi sterminati”. Perciò mi unisco cordialmente alle parole che ho trovato nella Lettera dei Vescovi Polacchi del 30 novembre 1990: “La stessa terra che per secoli fu la Patria comune dei Polacchi e degli Ebrei, il sangue versato insieme, il mare delle orrende sofferenze, dei torti subiti dovrebbero non dividerci ma unirci. Questa unione la invocano da noi in modo particolare i luoghi dell’eccidio, e in molti casi anche le tombe comuni”. Il passato degli uomini non scompare completamente.

Così la storia polacco-ebrea, anche se sono tanto pochi gli Ebrei che abitano attualmente in terra polacca, è sempre molto realmente presente nella vita sia degli Ebrei come dei Polacchi. Lo feci osservare ai miei connazionali venuti a trovarmi a Roma, il 29 settembre 1990. “Il popolo che ha vissuto con noi per molte generazioni, - dissi allora - è rimasto con noi dopo questa terribile morte di milioni dei suoi figli e figlie. Insieme aspettiamo il Giorno del Giudizio e della Risurrezione” (Ciclo “Jasna Gora”).

3. Oggi sembra una cosa di non minore portata cercare, da ambedue le parti, di scorgere, di salvare e di ravvivare quel bene, che si operava tra noi (e infatti lungo secoli interi se ne faceva tanto). Ed è importante cercare la riconciliazione e l’amicizia nonostante il male, perché vi è stato anche molto male nella nostra storia.

Purtroppo il bene e il male, sono avvenuti tra noi, sono stati schiacciati da quell’eccidio, inconcepibile nel suo orrore, la cui vittima fu il popolo ebraico. Si può almeno dire, che crimine senza precedenti, quello di sterminare una nazione intera, fece inorridire l’Europa cristiana e la mobilitò a riparare i torti, recati attraverso i secoli agli Ebrei e a volte incisi nelle strutture del pensiero e del costume. Dopo un intervallo di duemila anni gli Ebrei hanno ottenuto finalmente il loro proprio stato. Le nazioni di civiltà cristiana hanno intrapreso il penoso lavoro di sradicare dalla propria mentalità ogni ingiusto pregiudizio nei riguardi degli Ebrei e di altre manifestazioni di antisemitismo.

In questo lavoro parteciparono attivamente le Chiese cristiane, tra esse anche la Chiesa cattolica.

Nell’ultimo anno la Chiesa universale, e anche la Chiesa in Polonia, celebrarono solennemente il 25° anniversario della dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate, che segna una svolta essenziale nel rapporto dei cristiani verso gli Ebrei. L’insegnamento del Concilio è stato in seguito sviluppato nei successivi documenti della Sede apostolica, come “Indicazioni e suggerimenti sull’introduzione in pratica della dichiarazione conciliare Nostra aetate”, del 1974, e “Gli Ebrei e il giudaismo nell’annuncio della parola di Dio e nella catechesi della Chiesa cattolica” del 1985. Con soddisfazione ho potuto constatare che tutti questi documenti della Chiesa, e anche l’insieme dell’insegnamento pontificio, sono stati, a cura dell’Episcopato polacco, tradotti e pubblicati anche in lingua polacca.

Sono lieto che alla raccolta di quei documenti ultimamente è stata aggiunta la menzionata Lettera dell’Episcopato Polacco del 30 novembre 1990. Oggi, dopo oltre venticinque anni dal Concilio Vaticano II, è giunto il tempo per intraprendere il particolare sforzo di attuare e di introdurre in pratica il magistero della Chiesa. Che il contenuto di questi documenti sia ispirazione per intraprendere sempre nuovi sforzi da parte di tutte le Chiese locali, e tra esse anche della Chiesa polacca, per il superamento degli ingiusti stereotipi, schemi e di reciproci pregiudizi sopravvissuti ancora qua e là, per mostrare, davanti al mondo di oggi, in cui la fede viene esposta ad una dura prova, la bellezza e le profonde verità di un solo Dio e Padre, che come tale vuole essere conosciuto e amato per mezzo di tutti i suoi figli.

Uno dei più importanti compiti della Chiesa è l’educazione delle giovani generazioni in uno spirito di reciproco rispetto, nella consapevolezza delle nostre comuni radici e dei nostri compiti nel mondo contemporaneo, ma anche nel conoscere la propria specificità e identità. Benedico di cuore tutti gli sforzi, che servono proprio questo scopo.

Con le parole del Salmista prego Dio Onnipotente, di insegnare a tutti i figli dell’Alleanza di compiere la sua volontà: “Insegnami a compiere il tuo volere, /perché sei tu il mio Dio” (Sal 143, 10).

Shalom!



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