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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL MICHIGAN E DELL
OHIO
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 24 aprile 1993

 

Cari fratelli in Cristo,

1. Nell’amore del Signore risorto vi do il benvenuto, vescovi degli Stati Uniti provenienti dal Michigan e dall’Ohio, in occasione della vostra visita “ad limina”. In questi giorni di gioia pasquale per la Chiesa prego affinché la vostra vita e il vostro ministero testimonino con forza sempre maggiore il fatto che “Cristo è risuscitato dai morti” (1 Cor 15, 20). In tal modo sarete autentici testimoni e insegnanti della fede, e compirete veramente la missione che vi è stata affidata in quanto membri del Collegio episcopale. Il popolo di Dio ha bisogno, ora e sempre, di poter contare sulla chiara testimonianza della fede dei vescovi della Chiesa: “Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, manteniamo la ferma professione della nostra fede” (Eb 4, 14).

Riuniti qui presso la tomba di Pietro, che il Signore dopo la risurrezione ha confermato nel ruolo di rafforzare i fratelli (Gv 21, 15-19), siamo uniti in una comunione che è fraterna e gerarchica. Questa unione in Cristo si estende per abbracciare il clero, i religiosi e i laici delle vostre Chiese locali. Con voi lodo lo Spirito Santo per i doni e i servizi che egli ispira loro, e per il suo potere di unire tutti in una meravigliosa unità (cf. 1 Cor 12, 4).

2. Con fede nello stesso Spirito continuiamo le nostre riflessioni sulle sfide pastorali che la Chiesa nel vostro Paese deve affrontare. Partendo da ciò che dissi lo scorso mese al primo gruppo di vescovi con riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica, desidero ancora una volta sottolineare il significato per la vita della Chiesa di una conoscenza più vasta delle verità del Credo, l’espressione della fede della Chiesa, la garanzia della sua apostolicità e della sua unità dottrinale. Non è possibile pensare alla Chiesa senza pensare al suo Credo, alle sue verità che devono essere professate da coloro che desiderano restare all’interno dei vincoli della sua comunione visibile. Di conseguenza, all’interno della comunione dell’unica Chiesa di Cristo, ogni Chiesa particolare deve rimanere salda nell’autentica dottrina cattolica, e in particolare attraverso l’insegnamento del vescovo.

La crescita e la vitalità della Chiesa, la sua capacità di santificare e di trasformare, il suo servizio verso la famiglia umana e la sua diffusione missionaria dipendono tutti dalla tutela della verità che le è stata affidata (cf. 1 Tm 6, 20). Il Concilio Vaticano II ricorda ai vescovi che uno dei loro principali doveri è quello di proporre loro “l’intero mistero di Cristo...” e di additare insieme “la via, da Dio rivelata, che conduce alla glorificazione di Dio... ” (Christus Dominus, 12). La rivitalizzazione e l’autentico rinnovamento a cui il Concilio ha chiamato i vescovi, i sacerdoti e i diaconi nel ministero della Parola, sia come predicazione che come catechesi, implica non solo un adattamento alle esigenze dei tempi, ma anche – come ha indicato chiaramente il Concilio – il fatto che tutti dovrebbero tutelare la dottrina, insegnando ai fedeli a difenderla e a diffonderla (cf. Christus Dominus”, 12).

3. Questo è un punto importante poiché fra i modi in cui la grazia di Cristo ci tocca, singolarmente e insieme nel corpo mistico, la parola dell’annuncio ha un significato particolare. Una predicazione falsa o superficiale non servirà a far rivivere il mistero. Essa non condurrà alla fede, alla grazia e al sacramento. Non promuoverà la realizzazione della salvezza ottenuta “per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta e per sempre” (Eb 10, 10). Vi esorto a considerare attentamente i valori essenziali in gioco. I tempi sono maturi per concentrare i vostri sforzi pastorali, pianificati, sentiti e colmi di preghiera, sulla riappropriazione e sull’approfondimento delle abbondanti ricchezze della tradizione cattolica. Questo sforzo enorme, parte essenziale della “nuova evangelizzazione”, avrà esito positivo soltanto se sarà affiancato da un nuovo fervore, soltanto se incarnerà uno stile di vita pastorale che in tutte le cose si conforma al modello del buon pastore (cf. Pastores dabo vobis, 18). Se la “nuova evangelizzazione” consiste nel portare frutti duraturi (cf. Gv 15, 16), è prima necessario valutare obiettivamente la situazione attuale. Solo allora potremo assicurare una risposta corretta a ciò che lo Spirito Santo sta dicendo alle Chiese oggi (cf. Ap 3, 22).

4. Da recenti pubblicazioni della vostra Conferenza e dalle nostre conversazioni avvenute durante questa visita “ad limina”, emerge chiaramente che molti di voi percepiscono un rafforzamento del catechismo come uno dei compiti più importanti che la Chiesa si trova ad affrontare negli Stati Uniti. In alcuni luoghi i giovani non hanno ricevuto un’istruzione adeguata sulle verità fondamentali della fede. I genitori spesso non sono in grado di adempiere al loro ruolo di primi educatori nella fede. Persino ad adulti istruiti alcune volte manca la capacità di formulare la loro fede in relazione alle numerose questioni sorte a causa della grande diversità di opinioni presenti nella società. I pastori possono essere inclini a delegare una parte troppo grande della loro responsabilità di insegnamento. Le organizzazioni catechistiche professionali e i centri di formazione per catechisti a volte non sono in grado di riconoscere l’inefficacia di quei programmi e di quelle pubblicazioni che non danno abbastanza importanza al contenuto della fede. Sono stati adottati alcuni metodi in cui il “fides quae creditur” viene troppo trascurato. Mi rivolgo ad ognuno di voi personalmente, e a tutto il corpo dei vescovi, per affrontare questa sfida. Il Catechismo della Chiesa Cattolica sarà un validissimo strumento e un indispensabile punto di partenza per aiutare voi e i fedeli ad affrontare le sfide attuali con l’inesauribile ricchezza del Vangelo (cf. Lettera ai sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 1993, n. 2).

Anche voi riconoscete che mantenere il carattere ecclesiale delle istituzioni più importanti – in primo luogo le grandi strutture educative, sanitarie e i servizi sociali, di cui i cattolici americani sono giustamente orgogliosi – pone la Chiesa negli Stati Uniti di fronte a sfide sempre maggiori. I cambiamenti nel clima culturale della nazione esigono che tali istituzioni siano più attive nel promuovere la propria identità cattolica e quindi nell’assolvere le proprie responsabilità nei confronti della Chiesa e della società (cf. Incontro con i responsabili dell’Educazione cattolica superiore, New Orleans, 12 settembre 1987, n. 3). Se la missione e l’orientamento nell’ambito di tali istituzioni hanno seguito in modo troppo acritico modelli secolari, voi, vescovi, dovete esortarli a ritrovare di nuovo la perenne freschezza del Vangelo.

5. Le precedenti generazioni dei cattolici statunitensi hanno fatto dei grandi sacrifici per costruire un sistema di scuole parrocchiali che ha prodotto successi incommensurabili nel trasmettere la fede e nell’offrire un’eccellente esperienza educativa. Questo è stato reso possibile dall’illimitata dedizione di tanti religiosi, religiose e laici, e approfitto dell’occasione per ringraziare tutti coloro che si dedicano così generosamente a questo compito e a questa missione. Queste scuole, basate su una filosofia educativa in cui fede, cultura e vita vengono armonizzate, si integrano nella missione evangelizzatrice e catechizzante della Chiesa (cf. Congregazione per l’Educazione cattolica, La dimensione religiosa dell’educazione in una scuola cattolica, n. 34, 7 aprile 1988). Allo stesso modo, esse sono portatrici di un grandissimo valore sociale, nella misura in cui trasmettono dei sani principi etici e morali, il primato della persona e una solidarietà universale e concreta con coloro che si trovano nel bisogno. I vostri sforzi, nonostante le difficoltà finanziarie e gli avvicendamenti della popolazione, per mantenere la presenza delle scuole cattoliche nelle aree urbane e per essere al servizio delle minoranze e degli immigranti appena arrivati, dimostrano il fermo impegno delle diocesi e delle comunità religiose per una solidarietà multiculturale come esigenza dell’amore evangelico. La vostra guida pastorale è ora richiesta al fine di riconfermare la comunità cattolica nella “profonda convinzione che le scuole cattoliche devono esistere per il bene della Chiesa” (Vescovi statunitensi, “In Support of Catholic Elementary and Secondary Schools”, 14 novembre 1990, n. 1).

6. Desidero inoltre ribadire quello che già dissi a New Orleans ai responsabili dell’Educazione cattolica superiore: “La più grande sfida è e rimarrà quella di preservare e rafforzare il carattere cattolico dei vostri collegi e università: quello stesso impegno istituzionale verso la parola di Dio proclamato dalla Chiesa Cattolica” (12 settembre 1987, n. 9). La comunità accademica cattolica in quanto tale, e non solo i singoli che ne fanno parte, è chiamata a sposare questa visione, senza false dicotomie tra il ruolo della ragione e quello della rivelazione, tra la libertà accademica e Le esigenze di un’identità cattolica. La chiamata ad essere cattolici implica un rapporto con l’insegnamento della Chiesa in tutti gli aspetti della vita di tale istituzione: nelle implicazioni etiche e morali del suo insegnamento, la testimonianza dell’integrità intellettuale e della condotta deontologica dei suoi docenti, nonché i modelli di bontà, disciplina e conoscenza offerti agli studenti.

In certi casi, il vescovo locale può rafforzare l’identità cattolica di un Collegio o di una Università tramite il suo ruolo giuridicamente riconosciuto nella gestione interna dell’istituzione. In altri casi, i vescovi devono adempiere a questa grave responsabilità indirettamente, attraverso il personale consacrato o laico implicato. In ogni caso, le istituzioni cattoliche devono riconoscere il ruolo del vescovo come supremo maestro della fede nella diocesi. Come ho sottolineato nel corso della mia ultima visita pastorale negli Stati Uniti, i vescovi non devono essere visti come “operatori esterni, ma come partecipanti alla vita dell’Università Cattolica”. Come pastori dell’intero popolo di Dio affidatovi, voi sostenete equamente, incoraggiate e, quando necessario, offrite una correzione fraterna a coloro che sono impegnati nella nobile causa dell’educazione cattolica superiore.

7. Infine, vorrei dire qualche parola sui servizi sanitari e sociali nel vostro compito pastorale. Dando testimonianza all’inalienabile dignità della persona umana e condividendo con compassione le sofferenze dei malati e degli anziani, coloro che sono impegnati in questi servizi portano una testimonianza efficace dell’amore del “buon samaritano” (cf. Salvifici doloris, 29). Il mantenere, ma ancor più il rendere fiorenti tali istituzioni, proprio in quanto cattoliche, è un compito che richiede determinazione e coraggio. Nella Chiesa, e nella società nel suo insieme sono necessarie un’ulteriore spiegazione e una migliore formazione riguardo alla loro identità cattolica e il loro specifico contributo al bene comune. I cristiani impegnati nella ricerca medica, nell’assistenza sanitaria e nei servizi sociali hanno bisogno di un fermo sostegno per poter resistere a pressioni che mirano a far loro tollerare o a coinvolgerli direttamente in pratiche immorali che compromettono la vera dignità della persona umana. Inoltre, i vescovi dovrebbero incoraggiare tutti coloro che si dedicano ad alleviare la sofferenza umana a vedere la propria attività come una forma eminente di amore cristiano. L’ispirazione evangelica del loro servizio non deve essere oscurata o minata dalla crescente “industrializzazione” del sistema sanitario.

8. Cari fratelli vescovi, il vostro ministero abbraccia in modo speciale la nascente generazione dei cattolici statunitensi, il giovane popolo delle vostre diocesi, che ha il diritto di aspettarsi che voi, e le loro famiglie, scuole e parrocchie, trasmettiate loro i il tesoro di una fede piena e autentica. Penso con gioia al momento in cui incontrerò molti di loro in occasione della Giornata mondiale della gioventù, in agosto, a Denver. La preparazione spirituale che vi conduce a tale evento avrà importanti conseguenze per la realizzazione del fine che noi tutti perseguiamo: che Cristo, la via, la verità e la vita, venga proclamato al mondo della gioventù. È Gesù Cristo, e nessun altro, che risponde alle aspirazioni più profonde dei giovani nella loro esigenza di un mondo di verità, giustizia e pace. Vi esorto a continuare ad essere degli entusiasti sostenitori dell’incontro di Denver.

Ci sono così tanti compiti pastorali impegnativi che vi attendono nell’avvicinarsi del prossimo millennio cristiano. La Chiesa negli Stati Uniti sta sperimentando un periodo di sfida particolare. Le sue istituzioni sono chiamate ad incarnare in modo sempre più completo la verità liberatrice del Salvatore (cf. Gv 8, 32). I cattolici americani affrontano la sfida di essere rinnovati nella loro “obbedienza nella fede” a Cristo e alla sua Chiesa (cf. Rm 1, 5; 16, 26). Nelle mie preghiere affido voi insieme ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose e ai laici delle vostre diocesi a Maria, Madre del Redentore.

Possa il Signore risorto sostenere i vostri decisi sforzi per rimanere sempre fedeli alla missione e al ministero affidatovi quando avete ricevuto la pienezza del sacerdozio. Con la mia apostolica benedizione.

 

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