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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL MOZAMBICO
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 12 marzo 1993

 

Signor Cardinale, Venerati fratelli nell’Episcopato,

1. Nei giorni passati a Roma, avete pregato sul sepolcro dei Principi degli Apostoli, testimoniando in questo modo l’unità di fede e di amore che lega ognuna delle vostre diocesi alla Chiesa Universale, presieduta nella carità dal Successore di Pietro, che siete venuti a visitare (cf. Gal 1, 18), cogliendo l’occasione per esporgli, direttamente e nella persona dei suoi collaboratori nei vari Dicasteri della Curia Romana, i problemi e le aspettative delle vostre Chiese locali. Devo confessarvi che, sulla base delle vostre relazioni scritte e dei colloqui personali, ho potuto in un certo senso tornare nel seno delle vostre comunità e rivivere con gioia e con nostalgia quell’abbraccio che il buon Dio ci ha concesso di scambiarci nel settembre del 1988, in occasione della visita pastorale nel vostro Paese, compiuta con il motto “Costruiamo la pace nella giustizia e nell’amore”. Conservate con sollecitudine questa ansia di pace e di fratellanza che il popolo mozambicano mi affidò allora. In questa nuova fase della storia del vostro popolo, lieto per la pace che si annuncia ma pieno di timore per le piaghe sociali che ancora sanguinano, desiderai ardentemente questa visita “ad limina”, come un’occasione significativa per elevare con voi al Cielo una gioiosa azione di grazie e per condividere fraternamente la speranza e il coraggio che ci viene dalla certezza che il Signore è con noi. Con questi sentimenti nell’anima, vi accolgo e vi saluto tutti, e nella vostra persona saluto i sacerdoti, i missionari, le religiose, i catechisti e gli animatori delle comunità cristiane, tutti i fedeli delle vostre diocesi e l’intero popolo del Mozambico. Ringrazio Mons. Paulo Mandlate, Vescovo di Tete e Presidente della Conferenza Episcopale, per le sue parole di saluto, che rispecchiano le aspirazioni, le sofferenze e i progetti del Popolo di Dio in Mozambico. Desidero salutare in modo speciale i Vescovi delle nuove diocesi di Chimoio e Nacala, rispettivamente Mons. Francisco Silota e Mons. Germano Grachane, augurandovi un fecondo ministero pastorale al servizio del gregge a voi affidato. L’erezione di queste nuove diocesi, oltre a rispondere alle esigenze di ristrutturazione delle circoscrizioni ecclesiastiche, costituisce anche un segno di quella crescita e maturazione della Chiesa locale che rappresenta una realtà consolante nella vostra Nazione.

2. La Chiesa in Mozambico ci appare oggi giustamente impegnata nel suo consolidamento. Così avete recentemente scritto alle vostre comunità cristiane: “In questo momento, il consolidamento della Chiesa locale si evidenzia come un compito necessario e improcrastinabile per tutti i suoi figli e per ognuno di essi” (Lettera Pastorale Consolidare la Chiesa Locale, conclusione). Quindici anni fa, obbedendo allo Spirito Consolatore e attenti ai segni dei tempi, optaste per la “costruzione di una Chiesa di base, di comunione e familiare, una Chiesa di ministeri” (Ivi, 11), mediante la libera creazione di piccole comunità cristiane che, con la grazia del Signore, si moltiplicarono in seno alle parrocchie e alle missioni, “per favorire l’iniziativa e la responsabilità di tutto il Popolo di Dio nel consolidamento della Chiesa locale” (Ivi, 12). Ringraziamo il Padre Celeste e il “Dio di ogni consolazione” (1 Cor 1, 3) per l’ammirevole eroismo che ha suscitato nel cuore dei credenti, così organizzati in comunità, con una menzione particolare per i suoi catechisti e animatori locali, che hanno saputo conservare la fede e alimentare la speranza cristiana delle popolazioni che erano state loro affidate.

3. Senza abbandonare quella prima opzione, che continuerà senza dubbio a rivelarsi necessaria per poter giungere ad un’autentica personalizzazione della fede e ad una valida e profonda inculturazione mozambicana del Vangelo, eccovi ora lanciati verso “una meta centrale e qualificante dell’attività missionaria” (Redemptoris missio, 48): il consolidamento della Chiesa locale, che passa certamente attraverso la valorizzazione delle forze locali, con l’assunzione da parte delle stesse di responsabilità sempre maggiori nell’orientamento e nell’attività pastorale, a livello diocesano o nazionale. Tuttavia, in questa fase di crescita e di maturazione, costituisce un prezioso aiuto la presenza e l’azione di tanti missionari venuti da fuori, che rendono visibile tra di voi la vocazione missionaria della Chiesa, e la cui azione è diretta precisamente alla fondazione e al consolidamento della Chiesa locale. È necessario, inoltre, unire gli sforzi e lavorare insieme alle forze locali e a quelle adottive, per rendere sempre più solide le strutture ecclesiali già esistenti e per portare il primo annuncio del Vangelo a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo. In questa linea di pensiero, vi esorto all’aiuto reciproco, affinché ogni diocesi venga dotata di un vero e proprio presbiterio diocesano, valido e necessario punto di riferimento tanto per i sacerdoti e i diaconi incardinati che per coloro che, da fuori, sono venuti ad aggiungersi a loro. Come ho scritto nell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, “Il rapporto con il Vescovo nell’unico presbiterio, la condivisione della sua sollecitudine ecclesiale, la dedicazione alla cura evangelica del Popolo di Dio nelle concrete condizioni storiche e ambientali della Chiesa particolare sono elementi dai quali non si può prescindere nel delineare la configurazione propria del sacerdote e della sua vita spirituale” (n. 31). Pertanto ogni sacerdote, sempre fedele al suo carisma vocazionale, cerchi di regolare il proprio ministero secondo un profondo senso della Chiesa e una testimonianza di una stretta collaborazione e adesione al piano pastorale, la cui direzione spetta all’Ordinario della diocesi e, a livello nazionale, alla Conferenza Episcopale. Cari Fratelli nell’Episcopato! Accompagnate i vostri sacerdoti “con particolare sollecitudine”, sforzandovi di ascoltarli come i vostri collaboratori e consiglieri più diretti nella riunificazione e nella cura del gregge del Signore. Nelle situazioni estreme in cui vivono le vostre diocesi, non lasciateli privi dei “mezzi e delle istituzioni di cui hanno bisogno per promuovere la vita spirituale e intellettuale” e senza provvedere “al loro onesto sostentamento e assistenza sociale” (cf. CIC, can. 384), affinché la preoccupazione di queste cose non finisca per distrarli dal “loro assiduo impegno nella preghiera e nel ministero della parola” (cf. At 6, 2-4).

4. Ho potuto constatare, dalla lettura delle vostre relazioni, che la Chiesa in Mozambico, parlando in generale, attraversa un momento felice per quanto riguarda il numero dei candidati al sacerdozio e alla vita consacrata negli istituti religiosi maschili e femminili. A questa confortante e promettente realtà vocazionale deve corrispondere un rinnovato impegno nel discernimento dei chiamati e nella loro adeguata formazione spirituale ed ecclesiale. La promozione del clero locale, nel quadro di una visione ampia e generosa dei vari carismi e ministeri, dovrà costituire ancora per molti anni una priorità nelle vostre preoccupazioni di Pastori. Conosco la sollecitudine con cui seguite i vostri Seminari, ai quali, in questo momento, rivolgo il mio pensiero affettuoso e pieno di speranza. Portate un saluto particolare del Papa a tutti i seminaristi mozambicani, in particolare a quelli che già si trovano nei vostri Seminari Maggiori, verso i quali giustamente si rivolgono gli sguardi supplicanti delle comunità cristiane senza pastore. Fate in modo, cari Fratelli, che i superiori dei Seminari possano dedicarsi a tempo pieno al compito nobile ma esigente di preparare i sacerdoti secondo il Cuore di Dio (cf. Pastores dabo vobis, 82): presbiteri conformati a Cristo Capo e Pastore della Chiesa e animati da una grande carità pastorale, autentici “uomini di Dio”, umanamente maturi, consapevoli della chiamata al celibato per il Regno di Dio, e dotati di una solida formazione intellettuale e teologica per annunciare fruttuosamente il Vangelo della salvezza. Per i religiosi e le religiose in generale vanno la mia e la vostra gratitudine e stima, perché, durante questi anni di autentica emergenza nazionale, hanno dovuto correre dietro a tutto e a tutti, in un atteggiamento di abbandono filiale alla Provvidenza divina. Speriamo in Dio che la normalizzazione della vita in Mozambico permetta a ogni consacrato, nella fedeltà al carisma che gli viene dal Fondatore, di impegnarsi fruttuosamente nelle attività alle quali la sua Famiglia Religiosa si sente particolarmente chiamata, nell’immenso campo del servizio evangelico e della multiforme attuazione delle opere di misericordia. Un frutto visibile della vitalità ecclesiale della vostra Chiesa locale sono le consacrazioni diocesane; ma, talvolta, nella loro definizione e attuazione, sono sorte delle ambiguità che potrebbero risultare pregiudiziali per il popolo cristiano e, in modo speciale, per le vocazioni stesse. La vita religiosa costituisce, ovunque, un dono di Dio alla sua Chiesa, e, come tale, dovrà essere accolta, rispettata e amata. Nell’impegno della missione, che vi compete, di discernere i sentieri dello Spirito, cercate di aiutare ognuna delle chiamate a identificare e dare pieno compimento ai disegni di Dio a riguardo.

5. Mi congratulo con voi per il modo ammirevole con cui avete saputo preservare, guidare e assistere, molte volte a rischio della vita stessa, il vostro gregge. Ora che la pace comincia a permettere una lenta normalizzazione della vita, maggiori possibilità e nuove sfide reclameranno la presenza e la missione evangelizzatrice della Chiesa in Mozambico (cf. Redemptoris missio, 37), in particolare per contribuire alla riconciliazione di un intero popolo alla ricerca della sua anima nazionale; aiutare il ritorno dei profughi e degli sfollati; difendere la gioventù, facile preda dell’immediato, poiché sprovvista di valori e modelli perenni; creare comunità fraterne e dinamiche nei centri urbani, che generano anonimato umano e apatia cristiana; diffondere la Buona Novella tra tutti i gruppi etnici e le diverse aree del Mozambico, dove ancora mancano comunità capaci di garantire un chiaro segno di presenza cristiana... Dio sarà accanto a voi, amati Fratelli, in questo arduo compito di assistere con sollecitudine – di persona o attraverso i sacerdoti, i religiosi, le religiose e altri collaboratori impegnati nella pastorale – queste moltitudini immense, bisognose di tutto, ma in particolare di reincontrare la speranza e la ragione di essere della propria vita, che solo Gesù Cristo potrà dare loro.

6. In questi anni difficili, i fedeli laici del Mozambico sono stati messi alla prova nella loro fedeltà al Vangelo, e Dio li ha considerati degni di Lui, nel chiamarli a migliaia come capi apostolici delle Sue comunità di base e essi hanno dimostrato grande consapevolezza della loro appartenenza a Cristo e della loro missione nella Chiesa. Ma è necessario guardare al futuro. E ciò richiederà che i laici si irrobustiscano come testimoni di Gesù Cristo nella società, fino al punto di “raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità che sono in contrasto con la parola di Dio e con il disegno della salvezza” (Evangelii nuntiandi, 19). Con la vostra Lettera Pastorale Momento Nuovo, avete voluto offrire le giuste direttive ai cattolici e agli uomini di buona volontà per questa crescita evangelica della cultura e della vita del Mozambico. Facendo eco alle vostre esortazioni, vorrei esortare soprattutto i fedeli laici a rendersi consapevoli e ad assumere coraggiosamente il loro ruolo nella vita sociale e politica del Paese, secondo i principi e i criteri proposti dalla dottrina sociale della Chiesa. Nel contesto di una cultura di violenza e morte, risplendano i laici come convinti testimoni dell’Eterno Vivente, il Signore Gesù Cristo, impegnati nel rispetto e nella difesa della vita e della dignità umana. Sappiano denunciare i guadagni illeciti, la corruzione e gli interessi di gruppo, e accettino di partecipare agli incarichi pubblici e di condividerli con autentico spirito di servizio e con senso di responsabilità per il bene comune. La democrazia del Mozambico, basata sulla dignità e sull’uguaglianza fondamentale delle persone e dei gruppi nel rispetto dei loro diritti e doveri, potrà in tal modo trovare i capi e i professionisti idonei che, privilegiando l’arte del dialogo e la pratica della giustizia sociale, riusciranno a porre fine a tanti anni di rivalità, inasprite fino a giungere al sangue e alla morte e renderanno possibile lo sviluppo integrale e generale del Paese.

7. Questa presenza socio-politica di laici preparati e formati secondo il Vangelo troverà la sua scuola necessaria e il suo banco di prova nella famiglia. Questa è visibilmente in crisi, non soltanto a causa della degenerazione derivata dalla guerra e della crescente invasione di controvalori, che stanno scavando un abisso tra genitori e figli in tanti focolari, ma anche a causa dell’educazione amorale, alla quale sono stati educati molti di coloro che ora hanno l’età per formare una famiglia. Nei vostri rapporti, cari Fratelli, ho potuto misurare con quanta attenzione vi siete interessati a questo settore, cercando di moltiplicare gli sforzi per ricostruire il senso della famiglia e per educare tutti alla difesa della sua unione, fecondità e stabilità. Continuate ad accompagnare con particolare sollecitudine i giovani del Mozambico. Questo è il loro momento, per il quale la Nazione non ha potuto o non ha saputo prepararli. Ora dovranno crescere in fretta, perché il Mozambico non può rimanere indietro. Essi sono stati costretti a fare la guerra; oggi i giovani del Mozambico andranno a fare volontariamente la pace. Comincino con la propria famiglia: cerchino e amino i genitori, se ancora possono incontrarli, imparino da essi la saggezza africana di sempre, che rispetta affettuosamente Dio e la vita umana dal suo inizio al suo termine naturale. Imparino a rispettare secondo il volere di Dio il proprio corpo, le proprie inclinazioni e la propria capacità di amare un’altra persona con uguale dignità e vocazione divina per insieme richiamare alla vita il futuro del Mozambico. Possa tutto ciò essere generato nella stabilità di un focolare, benedetto dal matrimonio, uno e indissolubile!

Signor Cardinale! Amati Arcivescovi e Vescovi del Mozambico!

8. Ora che è stata firmata la pace, scritta con il sangue e la sofferenza di un popolo esausto, con la preghiera dei credenti e con i laboriosi consensi di buona volontà, accogliete questa fragile primavera. Essa è sbocciata dalla fede in un Dio e Padre comune e potrà fruttificare e consolidarsi soltanto mediante il perdono generoso e la reciproca fiducia tra i Suoi figli del Mozambico, che hanno avuto il coraggio di riconoscersi fratelli. Questa è l’ora del consolidamento della pace che impegna tutti affinché rispettino con serietà gli accordi firmati. Voglio in questo momento esortare tutte le parti in causa a proseguire, con l’aiuto delle Istanze Internazionali, il cammino dell’attuazione degli Accordi firmati. Bisogna farlo senza indugio: i poveri non possono attendere. La pace continua a essere minacciata... Che le speranze di tutto un popolo, sprofondato nella miseria e nelle mortali sofferenze, non vengano deluse! La Chiesa in Mozambico non può abbandonare i suoi concittadini in questa nuova fase della costruzione della pace. Come ho detto alla Nazione nella mia Visita apostolica, «la presenza e l’attività della Chiesa in una determinata società non costituiscono mai una cooperazione o un’assistenza giunte “da fuori»” (Discorso di arrivo, n. 7). Essa, di fatto, non è estranea al Paese. Ha pagato un pesante tributo, vedendo cadere tanti dei suoi figli, per rimanere accanto al popolo martirizzato; essa è stata la prima istituzione a “proporre cammini di riconciliazione e di dialogo per giungere a una pace autentica”, e in essi “si è impegnata profeticamente” (cf. Discorso alle Delegazioni firmatarie dell’Accordo generale della Pace, 5 ottobre 1992), come il popolo del Mozambico le riconosce pienamente. Non si è trattato di singole persone, ma è stata la Chiesa intera e solidale che ha sofferto, ha pregato e si è adoperata per la pace. Non chiede nessuna ricompensa o privilegio, chiede uno spazio reale e concreto che, per diritto naturale e storico, le compete nella vita della Nazione, come coscienza morale e lievito di riconciliazione del popolo del Mozambico. Con raddoppiata fiducia, pongo questo “momento nuovo” del vostro destino nazionale ai piedi della Vergine Maria, Regina della Pace e Madre comune di tutti gli abitanti del Mozambico.

Come pegno dell’assistenza divina e dei doni dello Spirito Santo, vi imparto di tutto cuore la benedizione apostolica e vi chiedo di trasmetterla ai sacerdoti, ai missionari, alle religiose e a tutti i fedeli così come a tutto il caro popolo del Mozambico.

 

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