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VISITA PASTORALE IN SICILIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II 
AI SACERDOTI E AI RELIGIOSI NELLA CATTEDRALE

Agrigento - Domenica, 9 maggio 1993

 

Carissimi fratelli e sorelle!

1. È motivo di grande gioia per me pronunciare queste parole, lodare Gesù Cristo davanti a voi, essere qui con voi, essere con la Chiesa di Agrigento. Saluto tutti i presenti, tutti quelli che rappresentano la Chiesa ministeriale di Agrigento, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici impegnati nel loro apostolato nelle parrocchie della diocesi di Agrigento. Con affetto saluto il vostro Pastore, il carissimo Mons. Carmelo Ferraro, saluto il Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo, vostro Metropolita. Saluto tutti i Vescovi presenti, Vescovi siciliani e Vescovi ospiti, e poi tutti i Presbiteri, preziosi e solleciti collaboratori nel ministero episcopale del vostro Vescovo Carmelo; saluto i Diaconi, che esprimono sacramentalmente la dimensione di servizio propria di tutta la Chiesa; i Religiosi e le Religiose, che il Signore ha scelti come gioiosi annunciatori della radicalità evangelica, attraverso il dono totale della propria vita a Dio e ai fratelli. Saluto gli sposi, che riflettono nella loro intima comunione di vita l’amore sponsale di Cristo per la sua Chiesa, votandosi all’impegnativa missione di educare i figli secondo il cuore di Dio. Saluto quanti esercitano i più diversi ministeri, soprattutto i laici, che generosamente si prestano per il bene delle Comunità parrocchiali, come pure i membri delle aggregazioni ecclesiali e degli organismi diocesani impegnati nell’evangelizzazione e nella testimonianza della carità. È bello vedere qui raccolta ogni componente della Chiesa agrigentina. È un singolare spettacolo di comunione, quasi uno squarcio di cielo in questa Cattedrale dedicata all’Assunzione di Maria. Ci sembra di rivivere qualcosa del suggestivo ideale della prima comunità cristiana descritta dagli Atti degli Apostoli: uomini e donne che vivevano come “un cuor solo e un’anima sola”, assidui nell’ascolto degli Apostoli, nell’unione fraterna, nella frazione del pane (cf. At 2, 42). È con quel modello ideale che ci dobbiamo costantemente misurare, specialmente in questo scorcio di secolo, mentre ci prepariamo ai compiti e alle responsabilità del terzo Millennio cristiano. Come potrebbe infatti incidere la nostra parola evangelizzatrice, se non fosse innanzitutto una testimonianza di comunione? Gesù lo ha detto con chiarezza: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35).

2. La Chiesa in effetti riscopre l’essenza della sua missione come “diakonìa” rituffandosi costantemente nell’amore. Tutto in essa converge al servizio. Non fu questo lo spirito che pervase il Concilio Vaticano II? Lo sottolineava efficacemente il mio venerato predecessore, Paolo VI, quando affermava: “Tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità. La Chiesa in un certo modo si è dichiarata ancella dell’umanità” (Insegnamenti di Paolo VI, III, 1965, p. 730). Nell’ora magnifica e drammatica della storia che stiamo attraversando, mentre si intravedono i germogli di una nuova primavera del Vangelo, è bello riflettere sui doni del Signore, per accoglierli con cuore aperto e generoso. Mi piace questa mattina farmi eco tra voi delle parole dell’apostolo Paolo, che ai Corinzi scriveva: “A ognuno è data una manifestazione particolare dello Spirito a utilità di tutti” (1 Cor 12, 7). Ed ai Romani diceva: “Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi” (Rm 12, 6). È importante dunque imparare a riconoscere i doni del Signore, per lodarlo e ringraziarlo, e per assumere in modo responsabile il nostro posto nella missione affidataci dalla Provvidenza divina.

3. Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Agrigento! Voi avete dinanzi a voi un compito di grande rilievo. Siete una Chiesa di antiche origini, arricchita da una gloriosa schiera di Santi. Voi sapete bene che l’annuncio del Vangelo è una sfida per ogni generazione, sfida tanto più impegnativa in questo nostro tempo di trapasso culturale, in cui i valori tradizionali vengono facilmente messi in discussione in nome di un mortificante relativismo ideale ed etico, che toglie senso vero alla vita e rischia di soffocare la speranza. La storia della vostra Diocesi ha già conosciuto una “rievangelizzazione”, operata efficacemente nove secoli orsono dal Vescovo san Gerlando e che voi opportunamente state commemorando con un decennio di celebrazioni. Oggi è necessaria un’impresa simile a quella da lui compiuta, adattandone ovviamente le forme alle esigenze dell’epoca attuale. L’obiettivo è sempre lo stesso: si tratta ancora una volta di annunciare Gesù, il Redentore dell’uomo, confessandolo come “Via, Verità e Vita” (Gv 14, 6), presentandolo come il “centro del genere umano, la gioia di tutti i cuori e la pienezza delle loro aspirazioni” (Gaudium et spes, 45). A voi, carissimi Fratelli e Sorelle, è affidato questo annuncio: diventate sempre più una Chiesa ministeriale, per essere sempre di più una Chiesa missionaria.

4. Una preoccupazione dominante dovrà caratterizzare il vostro compito di evangelizzazione: porre il lievito evangelico nell’intimo della vita e della cultura, perché l’accoglienza del Vangelo plasmi i sentimenti e orienti i comportamenti. È facile, infatti, specialmente nelle regioni di antica tradizione cristiana, che la fede si riduca ad una superficiale verniciatura, incapace di incidere in profondità nella vita. E così si spiega il deplorevole e diffuso fenomeno di una pratica religiosa poco illuminata, che convive con atteggiamenti scarsamente evangelici. Fede e vita non possono camminare su due binari paralleli. L’annuncio cristiano mira a fare “uomini nuovi”. È pertanto un annuncio che si fa carico dell’interezza dottrinale, senza sconti e dimenticanze. A tal fine può risultare utile alla vostra azione evangelizzatrice una matura riscoperta della parola di Dio ed una approfondita e sistematica conoscenza dell’insegnamento ecclesiale, quale è stato autorevolmente riproposto dal recente Catechismo della Chiesa Cattolica. Ma accanto alla preoccupazione dottrinale, i catechisti, gli educatori, i genitori cristiani, sono chiamati a comunicare un messaggio vitale e coinvolgente, che porti a conoscere Dio facendone in qualche modo esperienza nel contesto della comunità. È qui il mandato di una catechesi rinnovata, di cui si ha oggi urgente bisogno.

5. So che vi state già attivamente adoperando in questo senso. Ne sono prova gli sforzi di rinnovamento compiuti in preparazione di questa mia visita. Anche il Papa serve a qualche cosa nella Chiesa. Alcuni dicono che serve a riparare le strade... Ma io dico che questa parola è molto buona perché ha anche un senso metaforico. Sappiamo bene chi ha “riparato” le strade, chi ha gridato di “riparare” le strade”. Chiesa di Agrigento, prosegui con fiducia nel cammino intrapreso. Lasciati condurre dallo Spirito di Dio. Non ti arrestino gli ostacoli che inevitabilmente troverai lungo la strada. “Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo” (Gv 16, 33): te lo ripete il Signore della vita immortale. Lo ripeto anch’io a voi, Sacerdoti, Religiosi e Religiose, perché riscoprendo la vostra appartenenza totale a Cristo diventiate di Lui apostoli intrepidi, perseveranti e generosi. Lo dico a voi, laici, affinché vivendo fino in fondo il vostro sacerdozio regale nell’attiva partecipazione alla ministerialità ecclesiale, siate “sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15). Fate soprattutto in modo che le vostre famiglie diventino “piccole Chiese”, scuole di santità e di umanità, fermento evangelico della società. La Vergine Santa vi accompagni. Vi affido tutti a Lei, mentre mi appresto ad incoronarne l’immagine, che sarà posta nel Santuario di Montevago, nel Belice. Possa la Regina del Cielo essere considerata da tutti come un faro nelle tempeste della vita, Madre amorevole che accoglie e custodisce i suoi figli.

A ciascuno di voi ed a quanti vi sono cari nel Signore la mia benedizione. 

 



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