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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI COLLABORATORI DELL
’«INSTITUT DES SOURCES CHRÉTIENNES»

Sabato, 30 ottobre 1993

 

Mio Reverendo Padre,
Cari amici,

1. È con gioia che vi ricevo in occasione della celebrazione del cinquantesimo anniversario della collezione “Sources chrétiennes”. Non mi è difficile immaginare i vostri sentimenti di legittimo orgoglio in una simile circostanza e mi unisco ad essi molto volentieri.

L’opera fondata mezzo secolo fa dai Cardinali Jean Daniélou e Henry de Lubac, con il Padre Claude Mondésert, ha quindi portato dei frutti, frutti ben visibili, come testimonia oggi la pubblicazione del quattrocentesimo volume della collezione. Questo sviluppo degli studi patristici mi sta particolarmente a cuore poiché non vi è un’autentica formazione dell’intelligenza cristiana senza un ricorso costante alla tradizione dei nostri Padri nella fede. Come dicevo all’inizio del mio pontificato, nella Lettera Patres Ecclesiae, “La Chiesa non si stanca di ricorrere ai loro scritti – pieni di sapienza e di una perpetua giovinezza – e di rinnovarne continuamente il ricordo” (2 gennaio 1980).

2. La collezione “Sources chrétiennes” ha avuto, sin dal suo inizio, la preoccupazione di effettuare un lavoro scientifico che mi è grato riconoscere, permettendo al maggior numero possibile di lettori di gustare la ricchezza della tradizione cristiana, la grandezza e la bellezza della fede dei nostri predecessori. Dopo i Mauristi nel XVIII secolo, dopo l’Abate Migne nel secolo scorso, la vostra collezione ha dato nuovo impulso alla pubblicazione di testi patristici in Francia. Sono certo che tutti i vostri amici che uniscono l’amore per le lettere al desiderio di Dio, si rallegreranno oggi nel vedere i buoni risultati a cui siete giunti.

Sono numerosi coloro che, con la loro dedizione, hanno contribuito a dare a “Sources chrétiennes” lo statuto di collezione scientifica di fama universalmente riconosciuta. Bisogna riconoscere l’umiltà, la pazienza e la tenacia di tali lavori. Lo stabilire il testo sulla base di una ricerca sulla tradizione manoscritta, la traduzione che si sforza di rendere tale testo con fedeltà, la composizione di apparati critici e indici analitici, la redazione di introduzioni e di note esplicative, concorrono a fare entrare il lettore d’oggi in un pensiero di ieri, ma di valore duraturo.

3. I Padri della Chiesa non hanno smesso di meditare il Mistero di Cristo e di cercare di trasmettere ai loro contemporanei ciò che essi stessi avevano ricevuto. Essi hanno saputo restare liberi rispetto al contesto culturale del loro tempo e dargli la sua reale dimensione. Penso qui a San Giustino e alla sua celebre espressione semina Verbi. Nelle migliori realizzazioni del mondo pagano si trovavano degli addentellati per l’annuncio del Vangelo.

4. Uno dei meriti principali dei Padri, così come la ragione del loro permanente valore, è stato di avere, nel loro tempo, percepito e dimostrato l’unità del Vecchio e del Nuovo Testamento nella persona di Cristo. Si sa che sant’Agostino riassumeva questo dato fondamentale dell’esegesi cristiana nell’assioma “Novum Testamentum in Vetere latebat; Vetus nunc in Novo patet”. Egli traeva in questo ispirazione dalle intuizioni della prima generazione cristiana, in particolare da San Paolo e dalla sua riflessione sull’allegoria, “contraccolpo del fatto dell’Incarnazione” secondo la felice espressione del Cardinale de Lubac.

5. Esegeti dei due Testamenti, i Padri sono anche all’origine della riflessione teologica e delle prime grandi formulazioni dogmatiche. Essi permisero alla fede cristiana di darsi l’espressione razionale che l’avrebbe resa assimilabile da menti venute dal paganesimo. Essi furono i primi teologi, poiché seppero scrutare il Mistero di Cristo ricorrendo a nozioni improntate al pensiero del loro tempo, non esitando a rimodellarle, quando occorreva, per dar loro un contenuto universale. È quindi in gran parte grazie a loro che il Concilio Vaticano II ha potuto dire della teologia che essa “si basa... sulla parola di Dio scritta, insieme con la sacra tradizione e in quella vigorosamente si consolida” (Dei Verbum, 24).

6. La comprensione intellettiva del mistero della fede non sarebbe sufficiente alla vita cristiana se non fosse un’esperienza spirituale alimentata dalla pratica dei sacramenti e dall’insieme della vita liturgica. Ora, anche su questo punto, i Padri ci trasmettono il frutto della loro contemplazione del Verbo Incarnato. Quando, nella notte di Natale, San Leone comincia la sua omelia scrivendo: “Hodie Christus natus est”, egli ricorda agli uditori presenti e ai suoi lettori futuri che il Mistero di Cristo è contemporaneamente di un tempo e di tutti i tempi. Nell’atto liturgico, l’“Hodie” di Dio si identifica – per Sua volontà – con l’“Hodie” degli uomini.

Possa quindi la pubblicazione dei più grandi testi patristici facilitare la riflessione sui misteri della vita del Signore, la percezione della loro attualità nella vita dei Cristiani, la lode a Dio eterno per la salvezza offerta a tutti gli uomini oggi e sempre!

7. Che i santi Dottori della Chiesa d’Occidente e della Chiesa d’Oriente, testimoni di una stessa fede, non smettano di assistervi! Che la passione del ricercatore e la gioia del lettore vi siano ogni giorno donati da Colui che è autentica Saggezza e che si lascia trovare solo per essere ancor più cercato!

Mi unisco con grande piacere alla celebrazione del lieto evento del cinquantenario di “Sources chrétiennes” e formulo calorosi auguri per il proseguimento dell’opera iniziata a Lione mezzo secolo fa. Vi imparto di tutto cuore la mia benedizione apostolica.

 

© Copyright 1993 - Libreria Editrice Vaticana

 



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