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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
URUGUAIANA IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 12 febbraio 1994

 

Amatissimi fratelli nell’Episcopato,

1. In questo incontro conclusivo della vostra Visita ad Limina, ho la gioia di condividere con voi la stessa fede in Gesù Cristo risorto, che ci accompagna lungo il nostro cammino e che è vivo e presente nelle comunità che Egli stesso ha affidato alla vostra sollecitudine pastorale. Rivolgo anche il mio affettuoso saluto alle Chiese diocesane, che presiedete con tanta dedizione e generosità: “Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e del Signore Gesù Cristo” (Gal 1, 3).

So che avete vissuto intensamente queste giornate adempiendo alla disposizione canonica di venerare i sepolcri di Pietro e di Paolo, e sentirvi così confermati nella vostra fede (cf. Lc 22, 32), della quale siete maestri, testimoni e custodi qualificati nelle vostre Chiese particolari.

Desidero esprimere la mia viva gratitudine a Monsignor Raúl Horacio Scarrone Carrero, Vescovo di Florida e Presidente della Conferenza Episcopale, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Allo stesso tempo mi unisco alle vostre preoccupazioni e ai vostri desideri, e prego Dio, ricco di misericordia, affinché questa visita a Roma sia fonte di benedizioni per tutti i sacerdoti, religiosi, religiose e agenti di pastorale, che affrontano amorosamente con voi “il peso della giornata e il caldo” (Mt 20, 12), nell’ammirevole lavoro apostolico per il bene dell’amato popolo uruguaiano.

2. Sono lieto di sapere che i piani pastorali nelle vostre diocesi hanno come obiettivo prioritario - come avete segnalato in un recente documento collettivo - quello di “promuovere una Chiesa sempre in stato di missione, per dare impulso alla nuova evangelizzazione, alla promozione umana e alla cultura cristiana” (Orientamenti Pastorali, Triennio 1993-1995). Con esso vi facevate eco della IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano quando afferma: “Una catechesi rinnovata e una liturgia viva, in una Chiesa sempre in stato di missione, saranno i mezzi per avvicinare e santificare sempre di più tutti i cristiani e, in particolare, quelli che sono lontani e indifferenti” (Patrum IV Confer.Gen Episc. Americae Latinae, Messaggio ai Popoli dell’America Latina e dei Caraibi, n. 30).

La Chiesa si sente continuamente interpellata dal Maestro per annunciare la novità pasquale del suo Vangelo, adempiendo così al mandato di Gesù di annunciarlo a ogni creatura (cf. Mc 16, 15). Tuttavia questa missione profetica, che risveglia la fede e la coscienza del popolo cristiano, deve coinvolgere e responsabilizzare tutte le forze vive della Chiesa e deve riguardare tutti gli ambiti dell’attività umana e, in particolare, la famiglia, la gioventù e la cultura.

Per questo il messaggio deve essere chiaro e preciso: l’annuncio esplicito e profetico del Signore risorto, compiuto con la “parresia” apostolica (cf. At 5, 28-29) (cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 45), in modo che la parola di vita si trasformi in un’adesione personale a Gesù, Salvatore dell’uomo, Redentore del mondo. In effetti, “urge ricuperare e riproporre il vero volto della fede cristiana, che non è semplicemente un insieme di proposizioni da accogliere e ratificare con la mente. È invece una conoscenza vissuta di Cristo, una memoria vivente dei suoi comandamenti, una verità da vivere” (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 88).

3. La vostra missione ha come obiettivo fare in modo che la verità su Cristo e la verità sull’uomo penetrino ancora più profondamente in tutti gli strati della società uruguaiana e la trasformino, poiché “non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 22). Solo così si potrà portare a termine un’evangelizzazione “in profondità e fino alle radici” (Ivi, 20).

Questa vostra opera, non priva di difficoltà, si svolge in mezzo a un popolo dal cuore nobile e dallo spirito aperto e accogliente, che sa valorizzare l’azione cattolica quando gli si proclama la Buona Novella delle beatitudini. È certo che nella società uruguaiana si manifestano i sintomi di un processo di secolarizzazione, che fa in modo che Dio non costituisca per molti l’origine e la meta, il senso e la spiegazione ultima della vita. Tuttavia, in fondo, questo popolo, come sapete molto bene, e come io stesso ho potuto constatare nei miei viaggi pastorali del 1987-1988, ha un’anima profondamente cristiana, anche se non lo mostra apertamente e sembra che essa sia come nascosta.

Prova di ciò sono le comunità ecclesiali vive e operanti, sia nelle città che all’interno del Paese, dove tante persone, famiglie e gruppi, nonostante la scarsità di ministri sacri, si sforzano di vivere e di testimoniare la loro fede. Ecco una promettente realtà che ci fa sperare nel risorgere di nuovi apostoli che sappiano rispondere: “con generosità e santità agli appelli e sfide del nostro tempo” (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 92).

4. La Nuova Evangelizzazione, con i suoi nuovi metodi e con le sue nuove espressioni e in particolare con il rinnovato fervore degli evangelizzatori, ha nella famiglia un obiettivo principale. A questo proposito si afferma nelle Conclusioni della Conferenza di Santo Domingo: “La Chiesa annuncia con gioia e convinzione la Buona Novella della famiglia nella quale si forgia il futuro dell’umanità” (IV Confer. Gen. Episcoporum Americae Latinae, Conclusiones,  n. 210). E, nel documento collettivo citato sopra, voi vi siete impegnati a “promuovere la famiglia come ambito dove si nasce, si cresce e ci si educa per la vita” (Episcoporum Uruquariae, Documentum collectivum: «Orientaciones Pastorales», Triennio 1993-1995).

Quanto più si promuove l’azione evangelizzatrice nella famiglia, tanto più promettente sarà la promozione di vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata, così come il sorgere di laici veramente impegnati nella missione. La famiglia deve essere luogo di incontro con Dio, centro di diffusione della fede, scuola di vita cristiana. È vero che, a volte, dobbiamo affrontare certe mentalità i cui “criteri di giudizio e di scelta” sono “estranei o persino contrapposti a quelli del vangelo” (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 88). Tuttavia, proprio qui è necessario dimostrare l’“audacia” apostolica, convinti che i valori evangelici, seminati con autenticità di annuncio e di testimonianza, sono un seme che non morirà mai.

Nella stessa Costituzione della vostra Nazione si dice: “La famiglia è la base della nostra società”; “Lo Stato vigilerà sulla sua stabilità morale e materiale per una migliore formazione dei figli all’interno della società” (Rei Publicae Uruquariae, Constitutio, Art. 40). Perciò faccio voto affinché le Autorità del vostro amato Paese possano assolvere sempre più adeguatamente i loro pressanti obblighi a favore della famiglia uruguaiana. A questo proposito, come indicavo nel mio recente messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace: “Nucleo originario della società, la famiglia ha diritto a tutto il sostegno dello Stato per svolgere a pieno la propria peculiare missione” (Giovanni Paolo II, Messaggio per la giornata della pace, 8 dic. 1993: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI, 2 (1993) 1418).

Sono a conoscenza delle difficoltà in cui si trova la famiglia uruguaiana, in particolare per ciò che concerne la piaga del divorzio e dell’aborto. Inoltre solo circa un terzo dei matrimonio vengono celebrati con il rito sacramentale. Questa realtà costituisce una sfida che deve promuovere lo zelo apostolico dei Pastori e di quanti collaborano in questo campo. “Nella misura in cui la famiglia cristiana accoglie il vangelo e matura nella fede diventa comunità evangelizzante . . . La famiglia, come la chiesa deve essere uno spazio in cui il vangelo è trasmesso e da cui il vangelo si irradia” (Giovanni Poalo II, Familiaris consortio, 52).

5. So che una delle vostre principali preoccupazioni è il tema delle vocazioni sacerdotali e religiose, poiché il numero dei sacerdoti è insufficiente ai bisogni delle vostre comunità. Come ho indicato nell’apertura della IV Conferenza Generale dell’Episcopato latinoamericano: “Condizione indispensabile per la nuova evangelizzazione è il poter contare su evangelizzatori numerosi e qualificati. Perciò, la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose . . . deve essere una priorità per i Vescovi e un impegno per tutto il popolo di Dio” (Giovanni Paolo II, Apertura dei lavori della IV Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano, Santo Domingo 12 ottobre 1992: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV, 2 (1992) 336). Chiedo con fervore al Padrone della Messe che il vostro Seminario Maggiore Nazionale che è come il cuore di tutte le diocesi (cf. Optatam totius, 5), si arricchisca di numerosi candidati al sacerdozio che possano un giorno servire i loro fratelli come “ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). Permettetemi, per mezzo di voi, di inviare un affettuoso saluto a tutti i seminaristi dell’Uruguay. Dite loro che il Papa si aspetta molto da essi e che confida nella loro fedeltà.

L’attenzione per l’aumento dei candidati alla vita sacerdotale e religiosa vi porterà a potenziare la pastorale vocazionale e la formazione integrale del futuro sacerdote o religioso, che lo conduca ad una più profonda intimità con Cristo mediante la preghiera assidua, la frequenza dei sacramenti - in particolare l’Eucaristia e la Riconciliazione -, lo studio della Parola di Dio e delle scienze sacre, la devozione mariana e la direzione spirituale.

La stessa scarsità di personale apostolico può anche essere una chiamata del Signore per rafforzare i vincoli di profonda carità tra il Vescovo e i suoi sacerdoti, poiché “la fisionomia del presbiterio è, dunque, quella di una vera famiglia” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 74). Bisogna dunque fare tutto il possibile per edificare il presbiterio come famiglia sacerdotale, come “fraternità sacramentale” (Presbiterorum ordinis, 8), che rifletta la vita degli Apostoli, sia nella sequela evangelica sia nella missione. Se i giovani vedono che i presbiteri, intorno al loro Vescovo, danno testimonianza di reciproche unioni e carità, di generosità evangelica e di disponibilità missionaria, saranno molti coloro che sentiranno la vocazione sacerdotale. D’altra parte, anche le vocazioni alla vita consacrata sorgono abbondanti quando ci sono sacerdoti che si dedicano all’animazione delle comunità e alla direzione spirituale.

6. Molte delle sfide pastorali che il vostro ministero episcopale deve affrontare sono strettamente connesse alla evangelizzazione della cultura. In effetti, se riflettiamo su ciò che abbiamo detto circa la famiglia e il risorgere delle vocazioni, constatiamo l’importanza di un ambiente culturale propizio, che consenta l’espressione e la promozione dei valori umani ed evangelici in tutta la loro integrità. Perciò bisogna “raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e con il Disegno della salvezza” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 19).

L’ambito della cultura è uno degli areopaghi dei tempi moderni, in cui il Vangelo deve essere presente con tutta la sua forza (cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 37). Grazie alla perseverante opera realizzata nelle scuole e nelle Università Cattoliche, in Uruguay si sono ottenuti importanti risultati per quanto riguarda il dialogo tra fede e cultura. Per questo, come ho indicato nella mia seconda visita pastorale al vostro Paese “è indispensabile che” dette istituzioni “mantengano la loro identità cattolica ben definita”, poiché da ciò “dipende in gran parte se la cultura della vostra Nazione sarà vivificata dalla verità del vangelo” (Giovanni Paolo II, Discorso al mondo della cultura all’Università Cattolica “Damáso Larranaga”, Montevideo, 7 maggio 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 2 (1988) 1196).

A questo proposito desidero esprimere il mio apprezzamento per il contributo che l’Università Cattolica, unitamente ad altre istituzioni, apporta al mondo della cultura in Uruguay e le incoraggio a essere sempre autentici promotori della civiltà dell’amore, che riconcili gli elementi di divisione, che promuova la solidarietà e lo sviluppo, e che manifesti apertamente la centralità del bene, della verità e della bellezza.

7. Non stancatevi di ripetere ai laici cristiani che è proprio della loro missione “la instaurazione dell’ordine temporale come compito proprio e in esso guidati dalla luce del vangelo e dal pensiero della chiesa e mossi dalla carità cristiana, operino direttamente e in modo concreto” (Apostolicam actuositatem, 7). I secolari, individualmente o legittimamente associati, devono operare per ricondurre alla Chiesa coloro che si sono allontanati, facendo anche sentire la loro presenza, nella vita pubblica per illuminare con i valori del Vangelo i diversi ambiti in cui si configura l’identità di un popolo. Con le loro attività quotidiane devono “testimoniare come la fede cristiana costituisca l’unica risposta pienamente valida . . . dei problemi e delle speranze che la vita pone ad ogni uomo e ad ogni società” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 34). Tuttavia, la loro condizione di fedeli seguaci di Cristo e, allo stesso tempo, cittadini della città terrena non deve spingerli a condurre “due vite parallele: da una parte la vita cosiddetta “spirituale”, con i suoi valori e con le sue esigenze, e dall’altra, la vita cosiddetta “secolare” ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura” (Ivi, 59).

Desidero affidare voi e tutte queste intenzioni a Nostra Signora dei Trentatré, che ho visitato nel Santuario Nazionale per contemplare “la santa immagine che attira gli sguardi di tutti gli uruguaiani e diffonde dolcezza e bontà”. Dalla cattedrale di Florida ella continuerà a incoraggiarvi nella vostra opera pastorale.

Affido alla sua intercessione materna le mie preghiere e la mia benedizione apostolica per le vostre Chiese particolari con i loro sacerdoti, religiosi e religiose, persone consacrate, famiglie, anziani, giovani, bambini e malati.

 

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