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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
DEL PANAMÁ IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Giovedì, 20 gennaio 1994

 

Cari fratelli nell’Episcopato,

1. In occasione della vostra visita “ad Limina”, il Signore ci concede oggi la grazia di questo incontro, che è testimonianza eloquente della vostra unione con il Successore di Pietro e con la quale si rafforzano i vincoli di carità del nostro ministero, come proseguimento della missione affidata dallo stesso Cristo agli Apostoli. Questa unità, che oggi esprimiamo in modo visibile, è per noi fonte di conforto nel ministero che ci è stato affidato e, allo stesso tempo, garanzia e incoraggiamento per gli amatissimi fedeli del Panamá, che possono vedere il vostro servizio pastorale come nato veramente dallo spirito di Cristo, che accompagna e guida sempre la sua Chiesa.

Desidero ringraziare vivamente Mons. Marcos Gregorio McGrath, Arcivescovo di Panamá e Presidente della Conferenza Episcopale, per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi a nome di tutti e che esprimono anche l’affetto e la vicinanza dell’amato popolo panamense al Successore di Pietro.

I colloqui personali con ognuno di voi, unitamente ai rapporti quinquennali, mi sono stati d’aiuto per avvicinarmi con maggiore cognizione di causa alla realtà delle vostre diocesi, con le loro luci e le loro ombre, ma sempre animate dal vigore del vostro zelo pastorale volto a promuovere, nelle vostre comunità ecclesiali, quell’autentico rinnovamento di tutta la vita cristiana secondo le direttive del Concilio Vaticano II.

In questo incontro conclusivo della vostra visita “ad Limina”, amati Fratelli, mi sento particolarmente vicino a voi “nel vincolo dell’unità, della carità e della pace” (Lumen gentium, 22), come Pastore di tutta la Chiesa (cf. Ivi), e desidero farvi partecipi di alcune riflessioni che possano accompagnarvi nella vostra sollecitudine a favore delle comunità che il Signore ha affidato alla vostra cura.

2. Nel recente documento congiunto intitolato “Nuova evangelizzazione e società panamense” avete voluto tracciare le linee pastorali che devono incoraggiare e orientare l’azione evangelizzatrice nel vostro Paese in questo fine millennio. Mi rallegro vivamente nel constatare che il lavoro comune, in seno alla Conferenza così come nelle vostre rispettive diocesi, si propone di promuovere una rinnovata pastorale di evangelizzazione. In effetti, è giunto il momento di svolgere con rinnovato vigore l’azione della Chiesa con decisione e audacia apostolica, poiché le sfide del nostro tempo e i problemi che deve affrontare la vostra patria panamense richiedono una presenza più incisiva dei valori umani. Il vostro compito, quindi, è di fare in modo che la verità su Cristo e la verità sull’uomo penetrino ancor più profondamente in tutti gli strati della vita individuale e sociale del Panamá e la trasformino.

Come avete sottolineato in numerose occasioni, amati fratelli, la Chiesa è chiamata a illuminare attraverso il Vangelo tutti gli ambiti della vita dell’uomo e della società, senza escludere la dimensione morale e sociale. Come ho indicato nella mia recente Enciclica Veritatis splendor, “la contrapposizione, anzi la radicale dissociazione tra libertà e verità è conseguenza, manifestazione e compimento di un’altra più grave e deleteria dicotomia, quella che separa la fede dalla morale” (n. 88). Per questo, nel documento congiunto menzionato prima, avete sottolineato in particolare la necessità di coerenza tra fede e vita. “La fede è una decisione che impegna tutta l’esistenza: è incontro, dialogo, comunione di amore e di vita del credente con Gesù Cristo, Via, Verità e Vita” (cf. Gv 14, 6). Comporta un atto di confidenza e di abbandono a Cristo e ci dona di vivere come lui ha vissuto (cf. Gal 2, 20), ossia nel più grande amore a Dio e ai fratelli” (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 88).

3. Per tutto ciò, tra gli obbiettivi pastorali che si è proposta la vostra Conferenza Episcopale vi è quello di orientare e armonizzare la fede dei cristiani con la propria vita individuale e collettiva. Ciò riveste una particolare importanza se pensiamo alla presenza dei cristiani nella vita pubblica. Il Concilio Vaticano II ci ricorda che i laici cristiani hanno il compito di “permeare e perfezionare l’ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico” (Apostolicam actuositatem, 5), esercitando “a modo di fermento nel mondo il loro apostolato” (Ivi 2). Nel nostro tempo è particolarmente necessaria la presenza attiva dei laici cristiani nelle realtà temporali con tutto il vigore profetico e testimoniale che i valori religiosi le conferiscono.

Osservando la realtà del Panamá, vediamo che si rende ogni giorno più necessaria la presenza attiva di un laicato adulto, che sappia impegnarsi con decisione nell’ambito sociale e che sia capace di superare l’individualismo e di anteporre sempre il bene comune agli egoismi e agli interessi di parte. Sono convinto che, più i laici cristiani saranno aperti alla presenza e alla grazia di Dio nel profondo del loro cuore, più saranno capaci di offrire ai loro fratelli la testimonianza di una vita rinnovata e avranno la libertà e la forza di spirito necessarie a trasformare i rapporti sociali e la società stessa secondo i disegni di Dio.

Per rendere presenti nel mondo i valori del Vangelo, i cristiani hanno bisogno di essere saldamente radicati nell’amore di Dio e nella fedeltà a Cristo così come sono trasmessi e vissuti nella Chiesa. Desidero, perciò, esortarvi a intensificare la catechesi a tutti i livelli, in modo che i fedeli vi trovino un’autentica guida alla vita cristiana, dai suoi aspetti più intimi di dialogo personale con Dio allo sviluppo della vita comunitaria, sacramentale e apostolica.

4. In quest’opera di educatori della fede, vi esorto a prestare una particolare attenzione ai giovani. È necessario che la comunità cristiana e tutti gli ambiti pastorali sostengano con particolare interesse quelle iniziative che contribuiscono alla formazione cristiana dei giovani e alla loro partecipazione attiva alla vita della Chiesa, senza dimenticare la prospettiva vocazionale. A questo proposito, è di somma importanza l’opera degli educatori nei centri di insegnamento, la dedizione dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose e dei secolari adulti impegnati nell’apostolato con i giovani.

Una pastorale giovanile coerente deve indubbiamente prestare un’attenzione particolare alla famiglia, “Chiesa domestica”, in cui il seme del Vangelo deve germogliare. In questo Anno Internazionale della Famiglia, che abbiamo appena iniziato, desidero pronunciare nuovamente la parole che ho rivolto all’amato popolo panamense durante la mia indimenticabile visita apostolica: “il cristiano autentico . . . dovrà dire no all’unione non santificata dal matrimonio e al divorzio; dirà no alla sterilizzazione, soprattutto se è imposta a qualsiasi persona o gruppo etnico per fallaci motivi; dirà no alla contraccezione e dirà no al crimine dell’aborto che uccide l’essere innocente (Giovanni Paolo II, Incontro con le famiglie, Panamá, 5 marzo 1983. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, (1983) 583). In modo particolare, i laici credenti, uomini e donne, sono chiamati a dare testimonianza di vita familiare cristiana e a difendere i valori di questa cellula primaria della società dinanzi alle minacce dei tempi attuali.

5. In questo importante compito che rappresentato dalla nuova evangelizzazione contate, in primo luogo, sulla collaborazione dei vostri sacerdoti. Essi, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, sono “saggi collaboratori” del Vescovo (cf. Lumen gentium, 28), servitori dell’annuncio della verità salvifica, maestri e guide responsabili di santità, coordinatori di comunione. I tempi attuali esigono sacerdoti disposti al sacrificio, formati nello spirito di preghiera e di lavoro, con una seria preparazione nelle scienze ecclesiastiche, animati dall’ideale del servizio a Cristo e alla Chiesa nell’esercizio del ministero.

Che il vostro rapporto con i sacerdoti sia come quello di un padre, di un fratello e di un amico. Appoggiateli e confortateli nei loro impegni pastorali e nella loro vita personale. Grazie alla vicinanza del Vescovo, il sacerdote si sente incoraggiato a vivere con letizia e dedizione la sua vocazione di sequela di Cristo e di amore incondizionato per la Chiesa. Allo stesso modo, promuovete lo spirito di collaborazione con religiosi e religiose, che contribuiscono in grande misura a diffondere e a consolidare il messaggio del Vangelo nelle vostre diocesi. Come indica l’Esortazione apostolica Evangelii nutiandi”, “li si trova spesso agli avamposti della missione, ed assumono i più grandi rischi per la loro salute e per la loro stessa vita” (Paolo VI, Evangelii nutiandi, n. 69).

6. Sono lieto di constatare che la formazione spirituale, disciplinare e intellettuale dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa è oggetto di particolare attenzione da parte dell’Episcopato panamense. La fioritura dei seminari minori nel vostro Paese è motivo di gioia. Il Signore sta facendo nascere numerose vocazioni ed è confortante vedere la vitalità di questi promettenti centri di formazione spirituale e umana. Come ho indicato nell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis “una larga esperienza” attesta che “la vocazione sacerdotale ha un suo primo momento di manifestazione spesso negli anni della preadolescenza e nei primissimi anni della gioventù. Ed anche in soggetti che arrivano a decidere l’ingresso in seminario più avanti nel tempo non è raro constatare la presenza della chiamata di Dio in periodi molto precedenti” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis n. 63). Vi esorto, quindi, a curare diligentemente queste promesse piene di speranza che sono, per le vostre diocesi, i seminari minori.

La formazione integrale nei Seminari dovrà condurre, innanzitutto, all’esperienza personale con il Signore e a una solida formazione nell’ambito umano, scientifico e pastorale per essere veri “ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). Fin dal seminario, il candidato al sacerdozio deve sentire la sollecitudine personale e la vicinanza del suo Pastore, instaurandosi in tal modo un rapporto di amicizia che si consoliderà in seguito nel vincolo fraterno del Vescovo con il suo presbiterio.

7. Uno dei motivi di preoccupazione per voi, Pastori della Chiesa nel Panamá, è la difficile realtà sociale che vive il vostro Paese, dove molte persone e famiglie subiscono l’emarginazione e la povertà. Voi vivete da vicino la situazione dolorosa di tanti fratelli che mancano del necessario per una vita autenticamente umana. Per questo, mossi dalla vostra sollecitudine pastorale, avete sempre mostrato una particolare attenzione per l’ambito sociale, poiché esso fa “parte della missione evangelizzatrice della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 41). Penso, in questa circostanza, a determinati strati della popolazione panamense particolarmente indifesi, come gli indigeni, gli afro-americani e i contadini, ai quali la Chiesa deve mostrare il suo amore preferenziale, come ha voluto sottolineare la IV Conferenza Generale dell’Episcopato latinoamericano.

8. Il Papa, vi ringrazia di tutto cuore, cari Fratelli, per la vostra generosa opera a favore delle Chiese particolari che il Signore ha affidato alle vostre cure e per la vostra vicinanza e sollecitudine verso coloro che più soffrono. Il popolo di Dio nel Panamá attende e ha bisogno della vostra guida dottrinale per poter così purificare e rafforzare nella verità le sue profonde credenze religiose. Allo stesso tempo ha bisogno dei vostri orientamenti per sapere come agire e come difendersi dinanzi alla attività proselitista delle sette. Nel vostro documento congiunto “Le scelte pastorali della Chiesa nel Panamá” fate notare con preoccupazione che “uno dei grandi problemi della proliferazione dei nuovi gruppi religiosi è la loro interpretazione ambigua della Bibbia e della tradizione cristiana, come anche la frammentazione dell’unità che identifica e costituisce il popolo. La nostra fede, invece di essere motivo di unione e di crescente solidarietà tra tutti gli strati del nostro popolo” affermate “si sta trasformando in motivo di divisione e di allontanamento tra tutti noi, che dovremmo considerarci membri di una sola famiglia o comunità umana in Cristo” (Episcoporum Panamensium, Documentum coniunctum: «Las opciones pastorales de la Iglesia en Panamá». 50).

Prima di concludere questo incontro, desidero ricordare le parole che dieci anni fa ho rivolto a tutti i panamensi al momento del congedo all’aeroporto di Tucumen: “So che nella sede della vostra più alta Istituzione nazionale si trovano cinque statue di bronzo che rappresentano le qualità che devono accompagnare ogni figlio di questa terra: il lavoro, la costanza, il dovere, la giustizia e la legge. Che questi valori fondamentali della persona e della società possano essere vivificati dalla ricchezza spirituale e soprattutto da una fede cristiana che ispiri ogni vostra convivenza e la conduca verso mete sempre più alte” (Giovanni Paolo II, Discorso di congedo, Panamá, 5 marzo 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 1 (1983) 594). Voglia Dio che le radici cristiane del nobile popolo panamense infondano in tutti una viva speranza e un dinamismo nuovo, che li porti a superare le difficoltà del momento presente e garantisca un futuro di crescente sviluppo spirituale e umano.

Tornando alle vostre diocesi, vi prego di trasmettere ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli il sentito saluto del Papa che pensa a tutti e prega per tutti con grande affetto. All’intercessione di Nostra Signora di Antigua affido le vostre persone e i vostri propositi pastorali, affinché portiate a termine il compito di una nuova evangelizzazione che prepari i cuori alla venuta del Signore.

Con questi auguri vi accompagna la mia preghiera e la mia benedizione apostolica.

 

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