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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE
PER GLI OPERATORI SANITARI

Sala del Concistoro - Martedì, 1° marzo 1994

 

Carissimi fratelli e sorelle!

1. Sono lieto di incontrarmi con voi in occasione della terza Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari. Non è senza significato che la vostra assise abbia luogo nel periodo in cui la Chiesa vive liturgicamente il “tempo forte” della Quaresima, nel quale si fanno preminenti e pressanti gli inviti alla preghiera e alla penitenza, alla conversione e al rinnovamento. In questo periodo la liturgia sottolinea il valore della sofferenza che, alleviata e consolata, diviene occasione di carità, e, accettata e offerta in unione col Sofferente del Golgota, acquista efficacia redentiva e pasquale.

Come non riconoscere, in questo contesto, tutta l’importanza del Pontificio Consiglio che Voi costituite e rappresentate, al quale spetta il compito di manifestare “la sollecitudine della Chiesa per gli infermi”, svolgendo ed orientando “l’apostolato della misericordia” (cf. Giovanni Paolo II, Pastor bonus, 152)?

A voi, pertanto, va il mio riconoscente e cordiale saluto: innanzitutto al Presidente del Dicastero, il Signor Cardinale Fiorenzo Angelini, che ringrazio per le cortesi parole rivoltemi e per i rapidi cenni con cui ha voluto illustrare il lavoro svolto e da svolgere; il saluto si estende poi ai venerati fratelli nell’Episcopato, membri del Dicastero, al Segretario e al Sottosegretario, ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose, ai Laici, ai Consultori e agli Esperti. A tutti l’espressione della mia più viva gratitudine per l’intensa ed illuminata azione svolta in questo ultimo biennio.

2. L’antico interrogativo, posto alla mente ed al cuore dell’uomo dall’esistenza del dolore, si ripropone ai nostri giorni con dimensioni e intensità crescenti. Si constata con dolente meraviglia che le sofferenze, frutto della cattiveria, dell’egoismo e dell’esecrabile fame dell’oro e del potere, vanno assumendo proporzioni tali da creare sgomento.

Il dono della vita è aggredito e rapinato, oltre che nei confronti di milioni di nascituri, in numerosissimi bambini condannati dall’odio e dal calcolo egoistico a non aver futuro. Al tempo stesso, molte famiglie vengono distrutte e intere comunità sociali sperimentano la minaccia dell’estinzione nello spietato massacro-olocausto delle guerre fratricide.

La Chiesa vive con profonda ed accorata partecipazione ogni forma di sofferenza umana, non cedendo mai alla tentazione dell’assuefazione e della passiva rassegnazione, ma alzando il suo grido materno di ammonimento e di implorazione ed invitando i suoi figli a reagire con l’impegno della carità e della preghiera. Il cristiano, anche quando si sente umanamente impotente di fronte allo straripare del male, sa di poter contare mediante la preghiera sull’onnipotenza di Dio che non abbandona chi confida in Lui.

La Chiesa, che prega e spera, scopre nella fede la risposta all’interrogativo che il mistero della sofferenza ogni giorno ripropone. Essa sa che “soltanto nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Gaudium et spes, 22); in particolare, sa che “nella croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza è stata redenta” (Giovanni Poalo II, Salvifici doloris, 19). Così, in Cristo, che “ha aperto la sua sofferenza all’uomo”, l’essere umano ritrova il proprio dolore arricchito di un nuovo contenuto e di un nuovo messaggio” (Ivi, 20).

3. Tuttavia la Chiesa non si limita ad offrire a chi soffre la risposta illuminante della fede, ma, secondo la sua antica consuetudine, si fa carico della sofferenza umana. Secondo l’esempio del divino Maestro che “percorreva tutte le città e i villaggi . . . curando ogni malattia e infermità” (Mt 9, 35), essa non si stanca di moltiplicare le iniziative per alleviare i dolori e le pene dell’umanità. In tale prospettiva, esorta ciascun cristiano a comportarsi come il buon Samaritano, in quella che è “la parabola-chiave per la piena comprensione del comandamento dell’amore del prossimo” (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 14).

A voi, carissimi Fratelli e Sorelle, spetta il compito di promuovere ed animare questo apostolato che trova il suo momento qualificante nel servizio alla vita, la cui preziosità e nobiltà rifulgono in particolare in coloro che soffrono. E, allora, non posso che compiacermi per le numerose iniziative che il vostro Dicastero con instancabile zelo ha promosso al fine di sostenere - sul piano della sensibilizzazione, della formazione delle coscienze, della cooperazione a tutti i livelli e dell’aiuto ai bisognosi - la magnifica opera a difesa della vita minacciata. Lo dimostrano la vostra partecipazione ai progetti nazionali ed internazionali per la promozione della salute, i costanti contatti con gli altri Dicasteri della Curia Romana e con le Conferenze Episcopali, le visite pastorali agli ospedali, l’attività editoriale per far conoscere le direttive del Magistero della Chiesa, le importanti Conferenze internazionali sui temi centrali a difesa della vita, lo sforzo di comunione interecclesiale ed ecumenica, l’attenzione concreta a particolari situazioni che richiedono interventi immediati di sostegno e, infine, gli stessi riconoscimenti ricevuti dalle più alte Organizzazioni Mondiali impegnate nel campo della sanità e della salute. Lo dimostra, infine, questa nuova Accademia per la Vita, istituita dalla Santa Sede, sotto la presidenza del Professor Lejeune.

4. L’11 febbraio scorso, la Chiesa ha celebrato per la seconda volta l’annuale Giornata Mondiale del Malato. In quell’occasione ho voluto ricordare il decimo anniversario della pubblicazione della Lettera Apostolica Salvifici doloris. Tale documento costituì l’immediato preludio all’istituzione del vostro Dicastero che, in conformità ai contenuti e alle indicazioni del “Vangelo della sofferenza”, ha così efficacemente contribuito a dilatare, nell’intera Comunità ecclesiale una nuova sensibilità nel servizio al dolore umano.

In questi nove anni di vita l’attività del vostro Pontificio Consiglio è venuta registrando un costante crescendo. Significativamente, perciò, sempre l’11 febbraio scorso, ho voluto firmare il Motu Proprio Vitae mysterium, col quale ho istituito la Pontificia Accademia per la Vita. Collegato col Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, tale nuovo Organismo dovrà operare in stretto rapporto con esso, in adempimento dello specifico compito di “studiare, informare e formare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi alla promozione e alla difesa della vita, soprattutto nel diretto rapporto che essi hanno con la morale cristiana e le direttive del Magistero della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Vitae Mysterium, n. 4).

5. La Chiesa, in un generale sforzo di evangelizzazione, è oggi impegnata a raccogliere le sfide della società del nostro tempo: sfide che, nelle smisurate e dilaganti forme di sofferenza e di solitudine, hanno forse uno degli aspetti più preoccupanti.

Voi, carissimi fratelli e sorelle, siete chiamati ad operare su questa ardua frontiera apostolica e missionaria, sorretti dalla fede e corroborati dalla preghiera. Incontrando l’umanità sofferente, i credenti sono consapevoli di incontrare Cristo stesso, il cui Santo Volto è il volto di coloro che portano le infinite croci imposte dall’ingiustizia, dalla violenza, dall’egoismo.

In tale servizio a chi soffre si ravvisa il più fecondo terreno vocazionale, come confermano le crescenti forme del volontariato cristiano ed il numero di vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione che maturano nelle aree del mondo più provate dalla sofferenza.

A questo riguardo, mi compiaccio di quanto il vostro Dicastero sta compiendo, in termini di studio, di proposte e di iniziative, in vista della celebrazione della IX Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che, nel prossimo autunno, affronterà il tema della Vita Consacrata e della sua missione nella Chiesa e nel mondo. È vostra cura, infatti, approfondire il particolare carisma dei Religiosi nel servizio agli infermi, considerando salute e infermità quale campo privilegiato di evangelizzazione da parte delle persone consacrate, nella motivata consapevolezza dello stretto rapporto esistente tra pastorale sanitaria e pastorale della promozione delle vocazioni.

Nell’affidare i vostri progetti e propositi alla Vergine Santissima “icona vivente del Vangelo della sofferenza”, poiché nel suo cuore “si è ripercosso in modo unico ed incomparabile il dolore del Figlio per la salvezza del mondo” (Giovanni Paolo II, Messaggio per la II Giornata Mondiale del Malato, 6, 8 dic. 1993: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI, 2 (1993) 1425), vi incoraggio a perseverare con rinnovato entusiasmo nel vostro lavoro ed imparto a voi ed ai vostri collaboratori, quale pegno di speciale affetto, la mia benedizione.

 

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