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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL NUOVO AMBASCIATORE
D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE*

Giovedì, 10 marzo 1994

 

Signor Ambasciatore,

Nell’accogliere le Lettere Credenziali, con cui Ella inaugura la sua missione di Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Italiana presso la Santa Sede, rivolgo il mio pensiero deferente e cordiale al Capo dello Stato, l’On. Oscar Luigi Scalfaro, come pure all’intera popolazione d’Italia, dei cui sentimenti di leale e franca devozione Ella si è reso interprete eloquente.

La costante attenzione e la preminente sollecitudine pastorale per la Chiesa universale e per gli interessi religiosi dei popoli non mi impediscono di dedicare una non meno premurosa considerazione alle sorti ed ai problemi umani e spirituali dell’Italia, “che fin dall’inizio del mio Pontificato mi ha dimostrato così grande benevolenza, tanto che sento di poter parlare dell’Italia come della mia seconda Patria” (Giovanni Paolo II, Lettera all’Episcopato italiano, 6 gennaio 1994).

Da un ormai notevole numero di anni i rapporti fra la Santa Sede e l’Italia, che avevano conosciuto in epoche precedenti aspre tensioni e dolorose rotture, hanno trovato nei Patti Lateranensi un felice e vitale equilibrio, confermato dall’Accordo di Revisione del 1984, di cui ricorre quest’anno il decennale. Il periodo trascorso da quell’avvenimento, permette di affermare che il significato più alto dell’Accordo risiede proprio nella “reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”, a cui Stato e Chiesa si sono nell’art. 1 solennemente e sinceramente impegnati.

Come è noto, la fase attuativa dell’Accordo è da completare in alcuni aspetti importanti, quali la salvaguardia del grande patrimonio dei beni culturali ecclesiastici esistenti in Italia, la cui tutela e valorizzazione sono dirette al bene della persona, intesa nella sua integralità, così come alla crescita civile e culturale della società. Nondimeno si può constatare come tale “sana collaborazione” (Gaudium et Spes, 76) si sia positivamente dispiegata in vari settori proprio in virtù della comune anche se differenziata, destinazione della Chiesa e della comunità politica al servizio dell’uomo.

Nella consapevolezza che ogni regolamentazione giuridica, anche quella di origine convenzionale, non è fatta per arrestare l’incessante divenire della società umana, ma per guidarlo ed accompagnarlo nel fluire della storia verso obiettivi e mete di volta in volta definiti, è agevole immaginare che la predetta dedizione alla causa dell’uomo possa e debba allargarsi ad altri campi, seppure non direttamente contemplati dai menzionati Accordi.

Desidero far riferimento alle giuste e legittime aspettative - richiamate anche nei giorni scorsi - che la Comunità ecclesiale italiana nutre per il destino della scuola cattolica, posta al servizio dell’intera società civile, specialmente nelle sue componenti più deboli ed emarginate. La ricerca di adeguate ed equilibrate soluzioni al riguardo riconoscerebbe, da una parte, il valore di una imprescindibile dimensione della missione evangelizzatrice della Chiesa e consentirebbe, dall’altra, l’attuarsi di un apporto più libero e pieno delle famiglie cristiane all’edificazione e alla difesa dell’unico patrimonio culturale, morale e sociale della Nazione. Occorre, infatti, tener sempre presente che l’uomo “non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna” (Gaudium et Spes, 76).

Signor Ambasciatore, nel suo indirizzo, Ella, con cortesi ed apprezzate espressioni, rammentando la diuturna opera della Santa Sede in favore della pace, ha sottolineato come il Successore di Pietro continui a levare la Sua voce in favore del superamento di nuovi ed antichi antagonismi, di lacerazioni dolorose e disumane, di nazionalismi esasperati, di sanguinosi conflitti come quello che sconvolge la Bosnia, nella convinzione che la missione evangelizzatrice della Chiesa è pure impegno di proclamazione e di promozione della dignità dell’uomo e dei diritti dei popoli.

La ringrazio per queste sue parole: questa missione si conferma di fatto in tutta la sua urgenza, se si guarda al “mutato quadro geopolitico europeo . . . in costante evoluzione”, che preannuncia “per i prossimi anni grandi sfide e nuovi scenari” (Giovanni Paolo II, Lettera all’Episcopato italiano, n. 2, 6 genn. 1994). Infatti, se i recenti sconvolgimenti nell’Europa Centro-Orientale hanno mostrato quanto assurda fosse la pretesa di regimi atei e totalitari di estirpare dall’uomo le radici della sua fede e della sua libertà, ed hanno consentito ad intere Nazioni di riappropriarsi della propria storia, essi hanno anche fatto emergere gravi tensioni e divisioni, che, per essere sanate, necessitano del concorso di tutto il Continente europeo.

In questo contesto, rinnovo il mio convincimento che l’Italia, come Nazione, ha “moltissimo da offrire a tutta l’Europa” (Ivi, 4), al fine di favorire in tutto il Continente una unità solidale, resa più feconda dalla luce e dalla forza del Vangelo.

Un contributo da misurarsi, certo, in iniziative pratiche e concrete a favore della cooperazione e dell’integrazione tra l’Ovest e l’Est dell’Europa; ma, ancor prima, destinato a dispiegarsi a servizio di tutti, in difesa del “patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo”; un patrimonio che, come è noto, alcuni recenti orientamenti di istituzioni europee rischiano di compromettere gravemente, livellandolo in una dimensione puramente economica e secolaristica (cf. Ivi, 4).

Mi riferisco ad alcune posizioni che - come ho ricordato nella recente “Lettera alle Famiglie” - appaiono minacciare più da vicino i diritti fondamentali della famiglia, “seminarium rei pubblicae”, come la si considerava già nell’antica Roma, ed essa stessa “società naturale fondata sul matrimonio” (Costituzione della Repubblica italiana, art. 29).

Non posso non augurare che la Nazione italiana, memore del suo incomparabile patrimonio morale e civile, e consapevole di quanto la famiglia possa favorire la serena convivenza sociale, si mostri sempre gelosa custode della dignità e dei diritti di un così fondamentale istituto di diritto naturale. Nel presente contesto sociale e culturale non particolarmente favorevole, la famiglia ha urgente bisogno di essere sostenuta da una politica organica, che ne sappia soddisfare le varie esigenze economiche, giuridiche e sociali, impegnandosi per la tutela della sacralità della vita dal concepimento al suo naturale tramonto.

Signor Ambasciatore, nel mio recente Messaggio all’Episcopato italiano, suggerito unicamente dall’amore che provo per la Nazione italiana, ho avuto modo di soffermarmi sul delicato momento storico che l’intero Paese attraversa, ed ho auspicato che l’Italia sappia felicemente superarlo, rinsaldando nel segno della concordia e della solidarietà la propria identità spirituale e culturale. Nel rinnovare tali voti, mi è gradito ora assicurarLa dell’impegno con cui sia i Vescovi italiani sia tutte le componenti della Comunità ecclesiale partecipano alle vicende umane e civili della diletta Nazione italiana. In particolare, poi, i cittadini cattolici non mancheranno di continuare ad offrire il loro contributo costruttivo sulle frontiere della dedizione generosa al servizio del bene comune.

Signor Ambasciatore, i temi da me or ora delineati permettono di intravedere lungo quali itinerari potrà svilupparsi l’ulteriore e proficua collaborazione tra la Santa Sede e l’Italia, a beneficio della pace tra i popoli e della strenua difesa dei diritti fondamentali della persona umana. Confido altresì che, con l’aiuto di Dio, tale assonanza di obiettivi possa essere avvalorata da felici risultati anche grazie all’azione che Ella si appresta a svolgere.

Mentre Le attesto tutta la mia considerazione, formulo i più fervidi voti augurali per il successo della sua Missione e di vero cuore imparto a Lei, Signor Ambasciatore, l’apostolica benedizione, che volentieri estendo ai Suoi Collaboratori, alle rispettive Famiglie e a tutto l’amato Popolo italiano.


*Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XVII, 1 p. 650-654.

L’Attività della Santa Sede 1994 pp. 205-207.

L'Osservatore Romano 11.3.1994 p.5.

 

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