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VISITA PASTORALE A LECCE

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELL'APERTURA DEL
SINODO DIOCESANO DI LECCE

Nuovo Seminario di Lecce - Domenica, 18 settembre 1994

 

Magnificat anima mea Dominum

1. Carissimi fratelli e sorelle! È con le parole di Maria che desidero oggi esprimere la mia gioia per essere qui tra voi, in occasione dell’apertura del Sinodo diocesano, nonché dell’inaugurazione di due opere - il nuovo Seminario e la Casa del Clero - promosse con lungimirante impegno dal vostro Arcivescovo, Mons. Cosmo Francesco Ruppi. Lo ringrazio cordialmente per le gentili parole che mi ha rivolto. Con lui saluto i Presuli presenti, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici impegnati nelle Associazioni e nei Movimenti. Ringrazio anche il rappresentante dei giovani per il cordiale indirizzo che mi ha rivolto a nome dei coetanei. Saluto tutti voi che siete qui convenuti per incontrare il Successore di Pietro, e, in particolare, quanti saranno direttamente impegnati nello svolgimento dell’assemblea sinodale.

2. Il Sinodo diocesano che, a distanza di 163 anni dall’ultimo, inizia oggi, dovrà essere per voi un’intensa esperienza di Cenacolo, una tappa di crescita nella comunione. Il cammino che vi accingete a compiere è destinato a rinnovare la vita di fede della vostra Chiesa particolare. Esso comporterà una verifica della qualità della vostra testimonianza cristiana e, al tempo stesso, offrirà uno stimolo efficace per una sempre più generosa dedizione al servizio di Dio e dei fratelli.

Un primo suo frutto sarà certamente la stessa esperienza dello “stare insieme”, nella fede e nell’amore reciproco, come gli Apostoli lo furono attorno a Cristo nel Cenacolo. Lì il Divino Maestro istruì i suoi discepoli, aprendone gli occhi allo splendore della verità. Lì donò loro il sacramento dell’unità e dell’amore, l’Eucaristia. Dopo la risurrezione, poi, nel Cenacolo effuse su di loro lo Spirito Santo. Tutto questo Egli è pronto a fare anche oggi per la vostra assemblea.

Dovete essere ben coscienti del fatto che il vero protagonista del Sinodo dovrà essere proprio lo Spirito di Dio. Sappiate ascoltarlo con umiltà e disponibilità. Invocatelo con fiducia.

3. Nel Cenacolo, durante l’ultima Cena e la lavanda dei piedi, emerse chiaramente come il servizio sia una delle dimensioni fondamentali della vita cristiana. Esso deve essere l’anima di tutti i ministeri ecclesiali.

È compito del Sinodo aiutare la Chiesa leccese, in tutte le sue componenti, a riscoprire il senso e la gioia del servizio. Questo vale innanzitutto per voi, cari sacerdoti, configurati a Cristo “capo e pastore” per guidare il popolo di Dio. Siate riconoscenti e lieti del dono ricevuto. Siate generosi nello svolgimento del vostro lavoro pastorale, sostenendolo con una costante formazione culturale, teologica e spirituale.

Ma un particolare impegno è chiesto anche a voi, cari fedeli laici, qui presenti così numerosi. Il mio pensiero va alle Associazioni e ai Movimenti che arricchiscono la Chiesa leccese, in special modo all’Azione Cattolica, forma singolare e preziosa di ministerialità laicale. Sappiate “rendere ragione della speranza che è in voi” (cf. 1 Pt 3, 15), offrendo generosamente la vostra opera al servizio della Chiesa e portando il lievito del Vangelo in tutti gli ambiti della cultura e della vita.

4. Una speciale attenzione il Sinodo non potrà non dedicare alla pastorale familiare, alla quale ci richiama l’“Anno della Famiglia” che stiamo celebrando. “La Chiesa - come ho scritto recentemente nella mia Lettera alle famiglie (Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, n. 2) - considera il servizio alla famiglia uno dei suoi compiti essenziali”. Dobbiamo sentirlo sempre di più, aiutando le famiglie cristiane a vivere fino in fondo la loro vocazione di “chiese domestiche”.

L’altra grande urgenza che stimolerà e orienterà la vostra riflessione è la promozione delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. Mi rallegro per quanto già in diocesi si fa a questo proposito, e di cui è un segno anche questo Seminario che oggi inauguriamo. Considero un dono del Signore poterlo benedire, pensando a quante pagine di santità lo Spirito Santo vorrà scrivere tra le sue mura.

Cari seminaristi! Voi oggi siete giustamente i primi a far festa: questo Seminario è per voi, nonché per i ragazzi e i giovani che, con l’aiuto degli educatori, vorranno verificare l’eventuale chiamata del Signore nei loro confronti. Il Signore conceda alla vostra diocesi numerosi e santi sacerdoti! Egli faccia anche sorgere con abbondanza le vocazioni alla vita religiosa e consacrata, per un sempre più vivace cammino di santità di questa vostra Comunità.

Sono contento di poter benedire, insieme al Seminario, anche la Casa del Clero, destinata ad aiutare i presbiteri a vivere in fraternità, sperimentando i molteplici vantaggi della vita comune, raccomandata, nelle sue varie forme, dal Concilio (cf. Presbyterorum Ordinis, 8), e tanto preziosa per lo svolgimento del ministero.

Le vocazioni, che sono dono di Dio e vanno implorate con preghiera insistente, non germogliano senza l’umana collaborazione, e normalmente sbocciano al calore della testimonianza di sacerdoti e religiosi e religiose che vivono con gioiosa coerenza la loro consacrazione al Vangelo e il loro servizio al Popolo di Dio. A voi sacerdoti, a voi religiosi, guardano dunque i giovani. Da voi si attendono un’esperienza viva di Dio, una calda vicinanza umana, una convinta proposta dei grandi ideali evangelici.

5. Ed appunto ai giovani desidero indirizzare una parola specialissima. Qui a Lecce vi convergono in tanti. Penso in particolare agli universitari, che mi duole di non aver potuto incontrare nella sede dell’Università. Vi ringrazio di essere venuti qui, mentre saluto con deferenza il Rettore Magnifico e l’intera comunità accademica, augurando di cuore che l’impegno scientifico ed educativo dell’Ateneo leccese sia sempre in sintonia con i valori dello spirito e le istanze cristiane.

A voi, giovani tutti, il mio saluto affettuoso.

Voi rappresentate una moltitudine di ragazzi e ragazze che hanno accolto il messaggio di Cristo e vogliono testimoniarlo tra i loro amici e coetanei, compagni di scuola e di lavoro.

La Chiesa ha bisogno della vostra genialità, dei vostri doni, del vostro entusiasmo. Sappiate dire di sì a Cristo che vi chiama ad essere santi. “Santità” è parola impegnativa, ma non deve farvi paura. Essa non implica il fare cose straordinarie, ma piuttosto il vivere veramente bene la propria vocazione, con l’aiuto della preghiera, dei sacramenti e lo sforzo quotidiano della coerenza. Sì, è necessaria una generazione di giovani affascinati dall’ideale della “santità”, se vogliamo costruire una società degna dell’uomo, una civiltà dell’amore. E qui voglio dire che avete evocato bene San Francesco d’Assisi e il suo “Cantico delle creature”. È un uomo, lui, così come è una donna la sua sorella spirituale Santa Chiara. Hanno saputo, nel secolo tredicesimo, costruire questa “civiltà dell’amore”. Rimangono per noi sempre di esempio, rimangono di incitamento: perché non fare lo stesso nel nostro secolo ventesimo? Perché non trasmettere questo al secolo ventunesimo, al terzo millennio? È un impegno per voi. I giovani amano avere degli impegni.

6. Fissando i vostri volti, guardo con speranza al futuro di questa terra e allargo il pensiero a tutto il Sud d’Italia, anzi a tutta l’area mediterranea, nel cui orizzonte si situa il Centro che qui è stato eretto.

All’antica cultura del Salento appartiene la convivenza tra Oriente ed Occidente. In questa terra è dunque particolarmente possibile la promozione di un movimento di opinione e di azione che avvicini nazioni e civiltà, facendo crescere i legami di fratellanza e solidarietà tra Nord e Sud, tra Est ed Ovest.

Affido a Maria, Regina della pace, quanti abiteranno, studieranno e lavoreranno in questa nuova cittadella di fede e di cultura.

 



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