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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA PRIMA ASSEMBLEA PLENARIA DELLA
PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA

Giovedì, 12 ottobre 1995

 

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri Signori e gentili Signore!

1. “Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 4, 8). Con queste parole dell’apostolo Paolo saluto cordialmente tutti voi, carissimi Componenti della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, riuniti per la prima volta in sessione plenaria, a sei anni dalla Costituzione Apostolica Pastor Bonus, che diede avvio al vostro giovane Dicastero, e a tre anni dal potenziamento che gli impresse il Motu proprio Inde a Pontificatus Nostri initio.

Rivolgo un particolare pensiero al vostro Presidente, l’Arcivescovo Francesco Marchisano, che ringrazio per le parole con le quali ha poc’anzi tracciato un quadro sintetico ma efficace delle molteplici attività svolte in questi anni.

2. Questo incontro mi offre la gradita opportunità di ribadire l’importanza dei beni culturali nell’espressione e nell’inculturazione della fede e nel dialogo della Chiesa con l’umanità. Nel mio ministero di Vescovo di Roma ho sempre mantenuto un rapporto aperto e fiducioso col mondo della cultura e dell’arte, cercando di avvicinarlo anche nelle Visite pastorali alle Chiese sparse nel mondo. Cultura ed arte si richiamano e si svelano reciprocamente. Non si dà un momento storico ricco di cultura che non fiorisca in produzione artistica, così come non si dà un periodo artisticamente fecondo che non postuli una globale ricchezza culturale. Ma anche tra religione ed arte, tra religione e cultura corre un rapporto molto stretto. Innumerevoli sono le opere di pensiero ed i capolavori artistici che traggono ispirazione dai valori religiosi. Ed è a tutti noto l’apporto che al senso religioso arrecano le realizzazioni artistiche e culturali, che la fede delle generazioni cristiane è venuta accumulando nel corso dei secoli.

Significative sono, a questo proposito, le parole della Gaudium et Spes, da me riprese nel Motu proprio Inde a Pontificatus Nostri initio: “A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di grande importanza per la vita della Chiesa... Bisogna perciò impegnarsi affinché i cultori di quelle arti si sentano riconosciuti dalla Chiesa nella loro attività e, godendo di un’ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità cristiana” (Inde a Pontificatus Nostri initio, 62).

3. In questi primi anni di vita della vostra Pontificia Commissione non mi sono mancate occasioni per seguirne le principali iniziative e per orientarne lo sviluppo. Perché sviluppo c’è stato. Ben presto la parola “conservazione”, presente nella qualificazione iniziale della vostra Commissione, è apparsa chiaramente inadeguata, perché riduttiva e statica: se si vogliono inserire i beni culturali nel dinamismo dell’evangelizzazione, non ci si può limitare a mantenerli integri e protetti; è necessario attuare una loro organica e sapiente promozione per inserirli nei circuiti vitali dell’azione culturale e pastorale della Chiesa. L’attuale dizione – “per i beni culturali della Chiesa” – esprime meglio le finalità del vostro Organismo.

Leggendo i vari documenti pubblicati in questi anni, si scopre un vero e proprio glossario, messo a punto per indicare altrettante azioni o dimensioni della sollecitudine della Chiesa verso i beni culturali e artistici. Sono termini densi di significato e forieri di impegno per tutti coloro che hanno a cuore i valori della cultura umana e religiosa.

In questo contesto si è voluto dare un significato preciso e un contenuto immediatamente afferrabile anche allo stesso concetto di “bene culturale”, comprendendo in esso, innanzitutto, i patrimoni artistici della pittura, della scultura, dell’architettura, del mosaico e della musica, posti al servizio della missione della Chiesa. A questi vanno poi aggiunti i beni librari contenuti nelle biblioteche ecclesiastiche e i documenti storici custoditi negli archivi delle comunità ecclesiali. Rientrano, infine, in questo ambito le opere letterarie, teatrali, cinematografiche, prodotte dai mezzi di comunicazione di massa.

4. La Pontificia Commissione ha pure cercato di enucleare le principali attività circa tali beni, individuandole nell’impegno di restaurarli, custodirli, catalogarli, difenderli. Al tempo stesso, è stata sottolineata l’importanza di una loro valorizzazione, che ne favorisca una migliore conoscenza ed un adeguato utilizzo tanto nella catechesi quanto nella liturgia. Né si è mancato di pensare alla promozione di nuovi beni culturali, fornendo agli artisti stimolanti contenuti teologici, liturgici, iconografici; motivandoli con nuove e degne committenze; approfondendo una rinnovata alleanza fra artisti e Chiesa, come già il Concilio auspicava e l’indimenticabile Papa Paolo VI appassionatamente propugnava e attuava.

La Pontificia Commissione ha poi cercato di individuare gli attori principali del servizio ecclesiale in questo campo, partendo da coloro che vi sono coinvolti istituzionalmente, come le Conferenze Episcopali, i Pastori delle Diocesi, le Congregazioni romane dell’Educazione Cattolica, del Culto Divino e il Pontificio Consiglio della Cultura.

In sintonia con questi attori principali, svolgono poi un prezioso lavoro di coscientizzazione e di animazione le Commissioni Episcopali nazionali, i vari Responsabili delle Commissioni di Arte Sacra e per i Beni culturali ecclesiastici, i Bibliotecari ed Archivisti, le Associazioni degli artisti cattolici, i direttori dei Musei ecclesiastici, i docenti delle Università ecclesiastiche e cattoliche, gli Operatori nelle Scuole specializzate per i Beni Culturali ecclesiastici che stanno sorgendo sull’esempio di quella già operante nella Pontificia Università Gregoriana, i Religiosi e le Religiose impegnati specificamente in tali delicati settori o, comunque, i curatori dei beni artistici e storici nelle rispettive comunità, gli artigiani restauratori dei documenti e dei patrimoni d’arte.

La concorde dedizione di un simile “esercito” di operatori non mancherà di suscitare una rinascita della cultura artistica, irradiando nella Chiesa e nel mondo un rinnovato fervore di pensiero e di opere ad illustrazione dei valori della bellezza e della verità.

5. La Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa ha cercato, altresì, di perfezionare il proprio metodo di lavoro, che viene definito dalla Costituzione Apostolica Pastor Bonus con le parole “agere una cum” (cf. Pastor bonus, 102). A questo proposito, sono lieto di costatare i buoni rapporti avviati con i Rappresentanti Pontifici, le Conferenze Episcopali e i singoli Vescovi, come pure con le Commissioni per i beni culturali e i singoli Operatori locali. In questo modo, la Pontificia Commissione sta divenendo sempre più un organo di propulsione e un punto di riferimento bene accolto, perché discreto, aperto, propositivo.

Non posso, poi, non rallegrarmi dell’intenso e rispettoso dialogo instaurato con gli Organismi internazionali del settore, i quali, a suo tempo, hanno salutato la nascita della Pontificia Commissione come un fatto assai positivo ed hanno registrato favorevolmente la possibilità loro offerta di interloquire con un Ufficio unitario e centrale della Chiesa cattolica su queste delicate materie.

Nell’esprimere la mia personale soddisfazione per l’attuazione fedele e dinamica delle direttive della Costituzione Apostolica Pastor Bonus, ringrazio ciascuno di voi, carissimi, per quanto già avete fatto in questi anni e per i progetti che avete in cantiere per il futuro.

6. Vi esorto a perseverare con entusiasmo nel vostro prezioso lavoro. Fate in modo che l’arte continui a celebrare i dogmi della fede, ad arricchire il mistero liturgico, a dare forma e figura al messaggio cristiano, rendendo sensibile il mondo invisibile (cf. Messaggio del Concilio Ecumenico Vaticano II agli artisti).

Quale nobile missione! Non risparmiate energie nel promuovere l’arte sacra. È noto come la peculiarità dell’arte sacra non consista nell’essere una decorazione semplicemente sovrapposta a delle realtà che, diversamente, risulterebbero insignificanti. In tal caso l’arte si ridurrebbe ad un abbellimento estetico di un soggiacente essere informe.

In Dio, lo sappiamo bene, la bellezza non è un attributo derivato, ma coincide con la sua stessa realtà che è “gloria”, come afferma la Scrittura: “Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, la maestà e lo splendore” (1 Cr 29, 11). Quando la Chiesa chiama l’arte ad affiancare la propria missione, non è soltanto per ragioni di estetica, ma per obbedire alla “logica” stessa della rivelazione e dell’incarnazione. Non si tratta di addolcire con immagini tonificanti il cammino aspro dell’uomo, ma di offrirgli la possibilità di fare fin d’ora una qualche esperienza di Dio, il quale raccoglie in sé tutto ciò che è buono, bello, vero.

7. Carissimi Fratelli e Sorelle! Creando la vostra Pontificia Commissione ho inteso rispondere all’esigenza di una più consapevole e vigile attenzione della Chiesa nei confronti dei beni culturali, sia ecclesiastici che civili: grazie per aver fatto vostra questa istanza e per la generosità con la quale cercate di tradurre in scelte operative gli orientamenti ricevuti.

A voi e a tutti coloro che assecondano il vostro qualificato lavoro va il mio auspicio di un sempre rinascente entusiasmo nella dedizione a così nobile causa. Mentre assicuro uno speciale ricordo davanti al Signore per voi e per le vostre attività, di cuore vi benedico, insieme con i vostri Collaboratori e con quanti vi sono cari.

 

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