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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA REGIONE NORDESTE V
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BRASILE
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Domenica, 22 ottobre 1995

 

Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Come Vescovo di Roma vi do oggi, in occasione della vostra visita “ad limina” di quest’anno, il mio cordiale benvenuto. In voi, eminenti Pastori della Provincia Ecclesiastica del Maranhao che fa parte della Regione “Nord-Est V” della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, saluto tutti i sacerdoti, i religiosi e i fedeli che voi rappresentate. L’obiettivo primario della Visita “al limina Apostolorum” è di riflettere ancora una volta sulla missione e sui compiti legati al vostro servizio episcopale, attraverso la visita alla tomba dei grandi apostoli Pietro e Paolo e l’incontro personale con il Successore di Pietro.

Sono felice di accogliervi poiché questo è un momento intenso della vita dei Vescovi in cui la Provvidenza ci offre l’opportunità di esprimere la nostra solidarietà e di condividere il ministero apostolico che abbiamo in comune e che fa di noi i Successori degli Apostoli. E questo “affacetus collegialis” che ci unisce nella preghiera, nella Celebrazione Eucaristica e nella comprensione reciproca, affinché insieme sentiamo le gioie e le difficoltà della missione, per riconoscere le chiamate del Signore, al fine di soddisfare sempre di più le aspettative che Egli ha nei nostri confronti. Perciò ringrazio il Signor Arcivescovo D. Paulo Eduardo Andrade Ponte per le amabili parole e vi assicuro che ogni giorno vi ricordo tutti nelle mie preghiere e nella mia sollecitudine per la Chiesa.

2. Le vostre diocesi hanno una popolazione la cui caratteristica principale è la giovinezza, oltre all’evidente condizionamento legato alle sfide della povertà, della sanità e dell’educazione. Ho potuto rendermi conto personalmente di ciò in occasione della mia visita pastorale nel 1991, nel vostro Paese, della quale ancora conservo un ricordo vivo, gioioso e grato.

Il Brasile viene detto il “Paese del futuro”. Ebbene, io direi che gli artefici di questo futuro saranno i giovani, quelli che ho avuto la gioia di vedere dal Nord al Sud del Paese – un’infinità di volti nuovi, allegri, ottimisti, fiduciosi, assetati di verità – e che saranno, senza dubbio, “i primi protagonisti del Terzo Millennio” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIV/2 [1991] 891).

Come ben sapete, la gioventù “non è soltanto un periodo della vita corrispondente a un determinato numero di anni” (Varcare la soglia della speranza, 19), ma una qualità dell’anima caratterizzata proprio da un idealismo che si apre al domani. Nel periodo che di solito si chiama gioventù, il giovane – come quello del Vangelo – “cerca la risposta agli interrogativi fondamentali; non solo il senso della vita, ma anche un progetto concreto per iniziare a costruire la sua vita. E proprio questa la più essenziale caratteristica della giovinezza” (Varcare la soglia della speranza, 19).

Spetta a voi dare loro queste risposte, ponendo davanti alla loro vita l’Ideale più bello racchiuso nell’ineguagliabile amore per Cristo. “Se in ogni epoca della sua vita l’uomo desidera affermarsi, trovare l’amore, in questa lo desidera in modo ancor più forte. (I giovani) hanno bisogno di guide [...] capaci di camminare insieme con loro lungo i percorsi che stanno seguendo” (Varcare la soglia della speranza, 19). Carissimi Fratelli, voi dovete essere delle guide che camminano davanti a loro come il Buon Pastore, disposti a dare la vita per il proprio gregge, incarnando per primi quelle virtù che volete che essi poi vivano, senza perdere mai la “buona forma” della giovinezza – indipendentemente dalla vostra età – la tensione spirituale, l’entusiasmo e l’autenticità dei vostri ideali apostolici.

3. Il Pastore deve essere anche pedagogo, artista, scultore. Deve saper plasmare, come collaboratore della grazia dello Spirito Santo e attraverso un lavoro di formazione permanente, la figura di Cristo nel profilo della personalità in formazione. Così, essa incontrerà il grande amore: Cristo, in conformità con l’espressione di San Paolo “Per me infatti il vivere è Cristo” (Fil 1, 21). Non risparmiate gli sforzi per trasmettere fedelmente ai giovani, quale frutto del vostro amore per Cristo, la dottrina cattolica, l’unica che potrà soddisfare la loro sete di Verità e di Amore. Insegnate loro ad apprezzare gli insegnamenti fondamentali della fede cristiana. Vale anche qui ciò che dicevo ai giovani a Denver nel 1993: “Educare senza un sistema di valori basato sulla verità significa abbandonare i giovani alla confusione morale, all’insicurezza personale e alla facile manipolazione” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI/2 [1993] 446).

Non è esagerato dire che il rapporto dell’uomo con Dio e l’esigenza di una “esperienza” religiosa sono il punto focale di una profonda crisi che ha colpito lo spirito umano. Mentre continua la secolarizzazione di molti aspetti della vita, c’é una nuova esigenza di “spiritualità”, come risulta evidente dalla comparsa di numerosi movimenti religiosi che cercano di dare una risposta alla crisi di valori della società contemporanea. Se per secolarizzazione si intende perdere la prospettiva della vita eterna, vivere come se questa non esistesse, come se Dio non esistesse. non si possono ignorare, tuttavia, le profonde aspirazioni che animano oggi il cuore degli uomini. Malgrado segnali negativi, molte persone hanno fame di una spiritualità autentica che dia loro coraggio. Esiste “una nuova scoperta di Dio nella sua trascendente realtà di Spirito infinito” (Dominum et Vivificantem, 2) e soprattutto i giovani cercano un fondamento solido sul quale costruire la propria vita. I giovani del Brasile sperano che li guidi a te fino a Cristo che è l’unica “risposta esistenzialmente adeguata al desiderio di bene, di verità e di vita che è nel cuore di ogni uomo” (Centesimus Annus, 24).

Essi si aspettano che i loro Pastori siano maestri dell’autentica preghiera cristiana, che rende partecipi a quel dialogo proprio del Figlio con il Padre, secondo la meravigliosa espressione di San Paolo, descritta nella Lettera ai Galati: “E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abba, Padre!” (Gal 4, 6). L’autentico rinnovamento delle vostre Diocesi richiede un apostolato di preghiera radicato nella fede, rafforzato dalla vita sacramentale e liturgica e operante nella carità (cf. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2558).

4. Accanto a questo alimentare la vitalità spirituale – dei giovani – ragazzi e ragazze – c’è la sfida di presentare loro “la pienezza della verità che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se stesso” (Redemptoris Missio, 5). E ovvio che le controversie ideologiche degli anni passati non suscitano in loro nessun interesse. Essi non si ispirano ad un Vangelo distorto, falsato o apparentemente semplificato. Perciò devono essere compiuti tutti gli sforzi per garantire che i programmi di educazione catechetica e religiosa, le scuole e le istituzioni cattoliche di insegnamento superiore e, in modo particolare, il ministero della predicazione della Chiesa, presentino in maniera serena e convincente – e allo stesso tempo senza esitazioni né compromessi – l’integrità del tesoro dell’insegnamento della Chiesa.

E mio desiderio anche incoraggiarvi a perseverare nella formazione di professori per l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, mettendo in atto la norma costituzionale brasiliana secondo la quale: “l’insegnamento religioso, facoltativo, negli orari normali delle scuole pubbliche costituirà materia di insegnamento fondamentale” (Costituzione della Repubblica brasiliana, art. 210, 2). Del resto, “la formazione della coscienza resta compromessa se manca una profonda ed educazione religiosa. Come può un giovane capire completamente le esigenze della dignità umana senza far riferimento alla fonte di questa dignità, a Dio creatore? A questo riguardo, il ruolo della famiglia, della Chiesa cattolica, delle Comunità cristiane e delle altre istituzioni religiose resta primordiale, e lo Stato, conformemente alle norme e alle Dichiarazioni internazionali deve assicurare e facilitare i loro diritti in questo campo” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII/2 [1990] 1561). Già vige una reciproca e armoniosa intesa fra le diverse confessioni religiose e, al di là di alcune divergenze verificatesi di recente con gli organismi istituzionali di alcuni Stati della Federazione, sono sicuro che si arriverà sempre ad un consenso ispirato alla collaborazione sincera che permetterà di orientare qualsiasi uomo e qualsiasi donna secondo il piano di Dio.

In questo senso, il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica, oltre a servire, com’è naturale, “come testo di riferimento, sicuro e autentico, per l’insegnamento della dottrina cattolica” (Introduzione, n. 4) nelle mani dei formatori, rappresenta per voi uno strumento di grande valore per la formazione integrale della personalità del giovane: la prima catechesi che dovrebbe essere appresa nella “Chiesa domestica”, l’insegnamento necessario per la Prima Comunione e il Sacramento della Cresima, la preparazione lontana e quella più vicina al matrimonio, l’orientamento dell’amore e della sessualità umana e tanti altri capitoli indispensabili a questo sforzo pastorale, sono ampiamente e profondamente trattati nel nuovo Catechismo.

La mancanza di formazione cristiana forse è il peggiore dei mali che affliggono i nostri giovani. E necessario un impegno effettivo per svolgere in profondità un lavoro formativo in quell’età in cui l’uomo proietta nel futuro i suoi ideali.

5. Questi presupposti ci danno l’opportunità per riaffermare ancora una volta l’attenzione che dovete dare alle priorità pastorali della Famiglia e dei Giovani. Per questo, vi suggerisco che queste due tematiche, intimamente legate, siano oggetto costante delle vostre iniziative apostoliche.

Il futuro della Chiesa in Brasile e il bene stesso della comunità nazionale dipendono, in gran parte, dal consolidamento dell’istituzione familiare, fondata sul matrimonio indissolubile, e dall’educazione di una gioventù radicata nei valori ideali che la tradizione cattolica ha portato nella vostra Patria.

Anche se è vero che nel vostro popolo continua ad essere felicemente presente un profondo senso della famiglia, cioè la consapevolezza e la considerazione del suo valore, tuttavia non ignorate che, nella situazione attuale, possiamo anche notare alcune “ombre” che ho descritto nell’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio e che rappresentano segnali negativi della cultura contemporanea: “Il numero crescente dei divorzi; la piaga dell’aborto; il ricorso sempre più frequente alla sterilizzazione; l’instaurarsi di una vera e propria mentalità contraccettiva” (Familiaris Consortio, 6). Inoltre, le numerose separazioni e la mentalità divorzista, che sono in aumento a causa del cattivo esempio e dell’influenza nociva di alcuni mezzi di comunicazione sociale, stanno indebolendo nei giovani la convinzione che il matrimonio è, per sua natura e per volontà di Cristo, un’alleanza nella fedeltà e per sempre. In questo modo si mette in pericolo il futuro dell’istituzione familiare e la sopravvivenza stessa di una società sana, armoniosa e autenticamente umana.

E risaputo che la disgregazione della vita familiare produce effetti deleteri sui figli che sono le prime vittime. La miseria assieme al fenomeno purtroppo molto frequente, dell’abbandono affettivo e spirituale dei giovani, che di fatto si sentono “senza famiglia”, è causa di mali molto gravi che compromettono lo sviluppo integrale della gioventù di un Paese: mancanza di valori e di norme di vita, disorientamento, disaffezione al lavoro, vulnerabilità davanti ad un ambiente permeato di edonismo e di corruzione morale, alcolismo, droga e delinquenza.

Ho già avuto occasione di dire nella prima Visita “ad limina” ai Vescovi del Paraná, che la tutela della famiglia deve essere per voi un obiettivo pastorale permanente. In questo senso, desidero esortarvi a continuare con tutto l’impegno in questo compito realizzandolo con iniziative concrete. Si tratta di proseguire, se non addirittura di dar vita, ad una pastorale familiare organica e permanente, destinando a tal fine i mezzi necessari e preparando agenti pastorali idonei, fra i vostri sacerdoti religiosi e membri del laicato che, con una specifica formazione nelle materie riguardanti questo ambito, vi aiutino ad affrontare con creatività e efficacia questa sfida.

6. Non meno importante è la Pastorale dei Giovani che sarà sempre attenta – sotto la vostra sollecita e quotidiana vigilanza – alle esigenze formative dei più giovani.

A questo proposito vorrei far notare che non basta una risposta di massa ed entusiasta dei giovani. E necessario anche offrire loro una formazione solida e accurata, atta a far assumere loro il ruolo di “soggetti attivi, protagonisti dell’evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale” (Esortazione Apostolica Christifideles Laici, 46).

In questo senso, è necessario andare a fondo nei problemi, passare dall’umano al divino, dagli impulsi sentimentali alle profonde convinzioni religiose. E ciò richiede tempo e sforzi continui. La Pastorale dei Giovani deve anche formare il giovane nella sua coscienza politica, d’accordo con le direttive indicate nel Catechismo della Chiesa cattolica dove si afferma chiaramente che “la Chiesa non si confonde in nessun modo con la comunità politica” (n. 2245). Questa formazione è motivata da un aspetto altamente positivo della personalità del giovane che può subire tuttavia deviazioni pericolose: il suo spirito di ribellione, la sua sete di giustizia. Quando essa si sviluppa in funzione di valori umani e cristiani, avendo di fronte un ideale autentico, il suo anticonformismo è come un fermento purificatore, che dà impulso al progresso e alla solidarietà.

Tuttavia, come avevo già detto, mettendoli in guardia, ai giovani a Belo Horizonte nel 1980, c’è il pericolo che questa nobile ribellione possa venire strumentalizzata a fini politici di parte.

La Pastorale dei Giovani non potrà mai avere un determinato colore o emblema politico. La Chiesa tradirebbe l’uomo se, con le migliori intenzioni, gli offrisse il benessere sociale ma gli negasse o gli desse in maniera insufficiente ciò a cui ha diritto, ciò a cui aspira (a volte senza rendersene conto), ciò che si aspetta dalla Chiesa e che essa sola può dargli: trasmettere la parola rivelata come sua autentica depositaria; annunciare l’Assoluto di Dio, proclamare le beatitudini e i valori evangelici e invitare alla conversione, comunicare agli uomini il mistero della grazia di Dio nei sacramenti della fede e consolidare questa fede. In poche parole, evangelizzare e, evangelizzando, edificare il Regno di Dio.

Perciò, la Pastorale dei Giovani non deve perdere la sua identità apostolica. Se si fuorviasse quello spirito di ribellione – quella profonda sete di giustizia che caratterizza la gioventù – a fini politici che, proprio perché di parte, separano, comprimono, dividono ciò che è essenzialmente dilatato, universale, cattolico, si traviserebbe ciò che è essenziale nel messaggio di Cristo e ciò che di più bello e di più autentico c’è nell’ideale della gioventù!

In questo contesto, non posso fare a meno di nominare un settore importante della Pastorale dei Giovani che è chiamato ad avere una fondamentale importanza alle soglie di questo Terzo Millennio. Mi riferisco alla pastorale Universitaria che, nel vostro Paese, assume una grande importanza per il gran numero di giovani che compiono il ciclo di studi superiori e per l’influenza che essi avranno, in futuro, sulle sorti della società. Man mano che scoprono l’ampio orizzonte delle scienze e i profondi interrogativi che esse pongono all’essere umano, i giovani universitari devono poter trovare nella Chiesa un ambiente favorevole di accoglienza, un ambito di riflessione che li aiuti, alla luce della Rivelazione divina, ad illuminare la ragione e le scienze che da essa derivano, per percepire con chiarezza il destino ultimo e il significato pieno dell’essere umano. Luogo privilegiato di dialogo leale e sincero fra scienza e fede, fra sperimentazione e osservazione scientifica, da un lato, e sapienza religiosa, dall’altro, la Pastorale Universitaria, se fedele alla propria identità specifica e alla propria missione evangelizzatrice, è chiamata a svolgere un ruolo importante nella Nuova Evangelizzazione con cui la Chiesa deve affrontare le sfide della società moderna.

I giovani non sono solo evangelizzati, ma sono anche evangelizzatori che fanno conoscere il Vangelo ai loro coetanei, compresi coloro che si sono allontanati dalla Chiesa e quelli che ancora non hanno ascoltato la Buona Novella. So che da qualche tempo si sta intensificando l’azione nelle Comunità che, con generosità e sacrificio, comunicano la Parola di Dio e promuovono la vita sacramentale e parimenti il sostegno caritativo e la promozione umana nei confronti delle popolazioni più bisognose di assistenza pastorale. Desidero quindi incoraggiare tutti coloro che svolgono questo meritevole lavoro ecclesiale a continuare ad intensificare “questi gesti di comunione, anche fra le diverse diocesi. E qui che si inserisce senza dubbio, il dinamismo dei giovani. Molti giovani hanno un enorme potenziale di generosità, di dedizione e di impegno e si sentono attratti da forme di lavoro volontario, specialmente quando si tratta di servire i bisognosi.

Oltre a questo importante aspetto della solidarietà cristiana, il mio pensiero va con immensa gratitudine ai giovani – e sono molti, grazie a Dio! – che si sentono chiamati ad essere protagonisti della missione. La consapevolezza del dovere apostolico, che trae le sue origini dalle stesse fonti battesimali (cf. Lettera apostolica Ai giovani e alle giovani del mondo, n. 9, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 776 ss.), mi ha portato a dire loro: “Voi, giovani, soprattutto, siete chiamati a farvi missionari di questa Nuova Evangelizzazione, testimoniando quotidianamente la Parola che salva” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI/2 [1993] 1316). Le manifestazioni abituali di quello che chiamiamo il “ministero della gioventù” – che ha come punto focale la parrocchia – devono continuare affinché i laici non si sentano isolati dalla comunità più vasta. Tuttavia, come le vostre esperienze confermano, è spesso utile stimolare quest’opera attraverso associazioni, movimenti, centri speciali e gruppi che soddisfino le vostre esigenze particolari (cf. Redemptoris Missio, 37).

7. Per concludere, cari Fratelli, vi chiedo di vivere con grande impegno la formazione dei giovani. Con particolare cura, la Catechesi deve rivolgersi a tutte le fasce d’età, soprattutto agli adolescenti in modo che si sentano realmente portati come Gesù a dodici anni nel Tempio (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVII/2 [1994] 1072 ss.).

Il giovane è essenzialmente un essere in formazione e voi siete i suoi grandi formatori. Insegnategli che il futuro si realizza nella misura in cui sarà fedele ad una vocazione divina al fine di assumere pienamente quello “che ognuno e ognuna di voi è, per diventare ciò che deve diventare: per sé – per gli uomini – per Dio” (Lettera apostolica Ai Giovani e alle Giovani, n. 9, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 776 ss.); insegnategli che questa vocazione si dimostra nella preghiera, si fortifica nell’Eucaristia; insegnategli anche il vero significato del sesso e dell’amore, della gioia e del dolore, della vita e della morte, portategli il messaggio di solidarietà e di giustizia perché possa essere fedele prosecutore dell’opera di Dio sulla terra; insegnategli l’uso corretto della libertà e soprattutto che la libertà più grande e il dono totale di sé, allo stesso modo, egli non deve aver paura di evangelizzare nelle piazze e per le strade come i primi apostoli, di far conoscere Cristo nelle moderne metropoli. Questo non è il momento di vergognarsi di testimoniare il Vangelo (cf. Rm 1, 16) “sui tetti” (Mt 10, 27).

8. Attraverso di voi, Pastori e Fratelli nell’Episcopato, affido a Maria, Nossa Senhora Aparecida, Patrona del Brasile, Mae do Amor Formoso, i giovani brasiliani, a Lei, che porta in sé un segno indelebile di gioventù e bellezza che non passa mai. Mi auguro e vi chiedo di far avvicinare i giovani a questa Madre Amorevole, affinché le affidino la vita che si apre dinanzi a loro, in un meraviglioso futuro e la amino con tutto l’ardore del loro giovane cuore (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979] 1035). Il Papa aspetta dai Brasile una nuova primavera di vocazioni sacerdotali e religiose, sull’esempio di Colei che è immagine viva del dono totale a Dio!

Concludendo questo incontro, desidero ribadirvi la mia fraterna stima e chiedervi, quando tornerete nelle vostre diocesi, di portare il saluto e l’affetto del Papa a tutti i vostri diocesani, alle famiglie cristiane, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, che con dedizione e generoso dono di sé annunciano la Buona Novella della salvezza e rendono testimonianza di servizio, di fedeltà e di spirito apostolico. Invoco su di voi e sui vostri fedeli la protezione dell’Altissimo e vi imparto la mia Benedizione.

 

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