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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO INTERNAZIONALE
SULLA "PROVIDA MATER ECCLESIA"

Sala Clementina - Sabato, 1° febbraio 1997

 

Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Vi accolgo con grande affetto in questa speciale Udienza con cui si vuole ricordare e celebrare una data importante per gli Istituti Secolari. Ringrazio il Signor Cardinale Martínez Somalo per le parole con le quali, interpretando i sentimenti di voi tutti, ha posto nella sua giusta luce il significato di questo incontro, che raccoglie simbolicamente in quest’Aula innumerevoli persone sparse nel mondo intero. Ringrazio anche il vostro rappresentante che ha parlato dopo il Cardinale.

La materna sollecitudine ed il sapiente affetto della Chiesa per i suoi figli, che dedicano la vita a Cristo nelle varie forme di speciale consacrazione, si espresse cinquant’anni fa nella Costituzione Apostolica Provida Mater Ecclesia, che intese dare nuovo assetto canonico all’esperienza cristiana degli Istituti Secolari (cfr Pio XII, Provida Mater Ecclesia, AAS 39 [1947], 114-124).

Con felice intuizione, anticipando alcuni temi che avrebbero trovato nel Concilio Vaticano II la loro adeguata formulazione, il mio predecessore di venerata memoria, Pio XII, confermò con la sua autorità apostolica un cammino e una forma di vita che già da un secolo avevano attirato molti cristiani, uomini e donne: essi si impegnavano nella sequela di Cristo vergine, povero e obbediente, rimanendo nella condizione di vita del proprio stato secolare. È bello riconoscere, in questa prima fase della storia degli Istituti Secolari, la dedizione e il sacrificio di tanti fratelli e sorelle nella fede, che affrontarono intrepidi la sfida dei tempi nuovi. Essi offrirono una testimonianza coerente di vera santità cristiana nelle condizioni più diverse di lavoro, di abitazione, d’inserimento nella vita sociale, economica e politica delle comunità umane alle quali appartenevano.

Non possiamo dimenticare l’intelligente passione con la quale alcuni grandi uomini di Chiesa accompagnarono tale cammino negli anni che precedettero immediatamente la promulgazione della Provida Mater Ecclesia. Tra i tanti, oltre al citato Pontefice, mi piace ricordare con affetto e gratitudine l’allora Sostituto della Segreteria di Stato, il futuro Papa Paolo VI, Mons.Giovanni Battista Montini, e colui che al tempo della Costituzione Apostolica era Sotto-Segretario della Congregazione dei Religiosi, il venerato Cardinale Arcadio Larraona, che ebbero grande parte nella elaborazione e definizione della dottrina e delle scelte canoniche contenute nel documento.

2. A distanza di mezzo secolo, la Provida Mater Ecclesia ci appare ancora di grande attualità. L’avete messo in evidenza durante i lavori del vostro Simposio internazionale. Essa anzi si caratterizza per un suo afflato profetico, che merita di essere sottolineato. La forma di vita degli Istituti Secolari, infatti, oggi più che mai, si mostra come una provvidenziale ed efficace modalità di testimonianza evangelica nelle circostanze determinate dall’odierna condizione culturale e sociale nella quale la Chiesa è chiamata a vivere e ad esercitare la propria missione. Con l’approvazione di tali Istituti la Costituzione, coronando una tensione spirituale che animava la vita della Chiesa almeno dai tempi di San Francesco di Sales, riconosceva che la perfezione della vita cristiana poteva e doveva essere vissuta in ogni circostanza e situazione esistenziale, essendo la vocazione alla santità universale (cfr Pio XII, Provida Mater Ecclesia, 118). Di conseguenza, affermava che la vita religiosa - intesa nella sua propria forma canonica - non esauriva in se stessa ogni possibilità di sequela integrale del Signore, ed auspicava che attraverso la presenza e la testimonianza della consacrazione secolare si determinasse un rinnovamento cristiano della vita familiare, professionale e sociale, grazie al quale scaturissero nuove ed efficaci forme di apostolato, rivolte a persone ed ambienti normalmente lontani dal Vangelo e quasi impenetrabili al suo annuncio.

3. Già anni fa, rivolgendomi ai partecipanti al secondo Congresso internazionale degli Istituti Secolari, affermavo che essi si trovano “per così dire, al centro del conflitto che agita e divide l’animo moderno” (Giovanni Paolo II, Alla Conferenza mondiale degli Istituti secolari, 28 ago. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. III, 2, 1980, p. 469). Con questa espressione intendevo riprendere alcune considerazioni del mio venerato predecessore, Paolo VI, che aveva parlato degli Istituti Secolari come della risposta ad un’ansia profonda: quella di trovare la strada della sintesi tra la piena consacrazione della vita secondo i consigli evangelici e la piena responsabilità di una presenza e di un’azione trasformatrice al di dentro del mondo, per plasmarlo, perfezionarlo e santificarlo (cfr Paolo VI, Ai rappresentanti degli Istituti secolari sacerdotali e laicali, 2 feb. 1972: Insegnamenti di Paolo VI, vol. X, 1972, p. 102).

Da un lato, infatti, assistiamo al rapido diffondersi di forme di religiosità che propongono esperienze affascinanti, in qualche caso anche impegnative ed esigenti. L’accento, però, è posto sul livello emotivo e sensibile dell’esperienza, più che su quello ascetico e spirituale. Si può riconoscere che tali forme di religiosità tentano di rispondere ad un sempre rinnovato anelito di comunione con Dio, di ricerca della verità ultima su di Lui e sul destino dell’umanità. E si presentano con il fascino della novità e del facile universalismo. Queste esperienze, però, suppongono una concezione di Dio ambigua, che s’allontana da quella offerta dalla Rivelazione. Esse, inoltre, risultano avulse dalla realtà e dalla concreta storia dell’umanità.

A questa religiosità si contrappone una falsa concezione della secolarità, secondo cui Dio resta estraneo alla costruzione del futuro dell’umanità. La relazione con Lui va considerata come una scelta privata e una questione soggettiva, che può essere tutt’al più tollerata, purché non pretenda di incidere in qualche modo sulla cultura o sulla società.

4. Come, dunque, affrontare questo immane conflitto che attraversa l’animo e il cuore dell’umanità contemporanea? Esso diventa una sfida per il cristiano: la sfida a diventare operatore di una nuova sintesi tra il massimo possibile di adesione a Dio e alla sua volontà e il massimo possibile di partecipazione alle gioie e alle speranze, alle angosce e ai dolori del mondo, per volgerli verso il progetto di salvezza integrale che Dio Padre ci ha manifestato in Cristo, e continuamente mette a nostra disposizione attraverso il dono dello Spirito Santo.

I membri degli Istituti Secolari proprio a questo si impegnano, esprimendo la loro piena fedeltà alla professione dei consigli evangelici in una forma di vita secolare, carica di rischi e di esigenze spesso imprevedibili, ma ricca di una potenzialità specifica ed originale.

5. Portatori umili e fieri della forza trasformante del Regno di Dio e testimoni coraggiosi e coerenti del compito e della missione di evangelizzazione delle culture e dei popoli, i membri degli Istituti Secolari sono, nella storia, segno di una Chiesa amica degli uomini, capace di offrire consolazione per ogni genere di afflizione, pronta a sostenere ogni vero progresso dell’umana convivenza, ma insieme intransigente contro ogni scelta di morte, di violenza, di menzogna e d’ingiustizia. Essi sono, pure, segno e richiamo per i cristiani del compito di prendersi cura, in nome di Dio, di una creazione che rimane oggetto dell’amore e del compiacimento del suo Creatore, anche se segnata dalla contraddizione della ribellione e del peccato, e bisognosa di essere liberata dalla corruzione e dalla morte.

C’è da meravigliarsi se l’ambiente con cui essi dovranno misurarsi sarà spesso poco disposto a comprendere ed accettare la loro testimonianza?

La Chiesa oggi attende uomini e donne che siano capaci di una rinnovata testimonianza al Vangelo e alle sue esigenze radicali, stando dentro alla condizione esistenziale della gran parte delle creature umane. Ed anche il mondo, spesso senza averne coscienza, desidera l’incontro con la verità del Vangelo per un vero e integrale progresso dell’umanità, secondo il piano di Dio.

In una condizione di tal genere, si richiede ai membri degli Istituti Secolari una grande determinazione e una limpida adesione al carisma tipico della loro consacrazione: quello di operare la sintesi di fede e vita, di Vangelo e storia umana, di integrale dedizione alla gloria di Dio e di incondizionata disponibilità a servire la pienezza della vita dei fratelli e delle sorelle, in questo mondo.

I membri degli Istituti Secolari sono per vocazione e per missione al punto d’incrocio tra l’iniziativa di Dio e l’attesa della creazione: l’iniziativa di Dio, che portano nel mondo attraverso l’amore e l’intima unione a Cristo; l’attesa della creazione, che condividono nella condizione quotidiana e secolare dei loro simili, caricandosi delle contraddizioni e delle speranze di ogni essere umano, soprattutto dei più deboli e dei sofferenti.

Agli Istituti Secolari, in ogni caso, è affidata la responsabilità di richiamare a tutti questa missione, attestandola con una speciale consacrazione, nella radicalità dei consigli evangelici, affinché l’intera comunità cristiana svolga con sempre maggior impegno il compito che Dio, in Cristo, le ha affidato con il dono del suo Spirito (Giovanni Paolo II, Vita consecrata, nn. 17-22).

6. Il mondo contemporaneo appare particolarmente sensibile alla testimonianza di chi sa assumersi con coraggio il rischio e la responsabilità del discernimento epocale e del progetto di edificazione di un’umanità nuova e più giusta. I nostri sono tempi di grandi rivolgimenti culturali e sociali.

Per questo motivo appare sempre più chiaro che la missione del cristiano nel mondo non può essere ridotta a un puro e semplice esempio di onestà, competenza e fedeltà al dovere. Tutto ciò va presupposto. Si tratta di rivestirsi degli stessi sentimenti di Cristo Gesù per essere nel mondo segni del suo amore. Questo è il senso e lo scopo dell’autentica secolarità cristiana, e quindi il fine e il valore della consacrazione cristiana vissuta negli Istituti Secolari.

In questa linea si rivela quanto mai importante che i membri degli Istituti Secolari vivano intensamente la comunione fraterna sia all’interno del proprio Istituto che con i membri di Istituti diversi. Proprio perché dispersi come il lievito e il sale in mezzo al mondo, essi dovrebbero considerarsi testimoni privilegiati del valore della fraternità e dell’amicizia cristiana, oggi tanto necessarie, soprattutto nelle grandi aree urbanizzate che ormai raccolgono la gran parte della popolazione mondiale.

Mi auguro che ogni Istituto Secolare diventi questa palestra di amore fraterno, questo focolare acceso al quale molti uomini e donne possano attingere luce e calore per la vita del mondo.

7. Infine, chiedo a Maria di dare a tutti i membri degli Istituti Secolari la lucidità del suo sguardo sulla situazione del mondo, la profondità della sua fede nella parola di Dio e la prontezza della sua disponibilità a compierne i misteriosi disegni per una collaborazione sempre più incisiva all’opera della salvezza.

Affidando alle sue mani materne il futuro degli Istituti Secolari, porzione eletta del popolo di Dio, imparto a ciascuno di voi qui presenti la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a tutti i membri degli Istituti Secolari sparsi nei cinque continenti.

   

 © Copyright 1997 - Libreria Editrice Vaticana



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