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VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
A CUBA (21-26 GENNAIO 1998)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Aula Magna dell'Università di La Habana
23 gennaio 1998

 

Signor Presidente della Repubblica, grazie per la sua presenza.
Signori Cardinali e Vescovi,
Autorità universitarie,
Illustri Signore e Signori!

1. È per me motivo di gioia incontrarvi in questo venerabile luogo dell'Università di La Habana. Rivolgo a tutti il mio saluto affettuoso e, innanzitutto, desidero ringraziare il Signor Cardinale Jaime Ortega y Alamino per le parole che ha voluto rivolgermi, a nome di tutti, per darmi il benvenuto, così come il Signor Rettore di questa Università per l'amabile saluto con cui mi ha accolto in questa Aula Magna. In essa si conservano le spoglie del grande sacerdote e patriota, il Servo di Dio, Padre Félix Varela, davanti alle quali ho pregato. Grazie, Signor Rettore, per avermi presentato a questa distinta assemblea di donne e di uomini che dedicano i loro sforzi alla promozione della cultura autentica in questa nobile nazione cubana.

2. La cultura è quella forma peculiare con cui gli uomini esprimono e sviluppano le loro relazioni con il creato, fra di loro e con Dio, formando l'insieme dei valori che caratterizzano un popolo e i tratti che lo definiscono. Intesa in questo modo, la cultura ha un'importanza fondamentale per la vita delle nazioni e per lo sviluppo dei valori umani più autentici. La Chiesa, che accompagna l'uomo nel suo cammino che si apre alla vita sociale e che cerca gli spazi per la sua azione evangelizzatrice, si avvicina, con la sua parola e la sua azione, alla cultura.

La Chiesa cattolica non si identifica con nessuna cultura in particolare, ma è vicina a tutte con spirito aperto. Nel proporre con rispetto la propria visione dell'uomo e dei valori, essa contribuisce alla crescente umanizzazione della società. Nell'evangelizzazione della cultura è Cristo stesso che agisce attraverso la sua Chiesa, giacché con la sua Incarnazione «entra nella cultura» e «reca ad ogni cultura storica il dono della purificazione e della pienezza» (Conclusioni di Santo Domingo 228).

«Qualsiasi cultura è uno sforzo di riflessione sul mistero del mondo e in particolare dell'uomo: è un modo di dare espressione alla dimensione trascendente della vita umana» (Discorso all'ONU, 5 ottobre 1995, n. 9). Rispettando e promuovendo la cultura, la Chiesa rispetta e promuove l'uomo, il quale si sforza di rendere più umana la sua vita e di avvicinarla, anche se a tentoni, al mistero nascosto di Dio. Ogni cultura possiede un nucleo intimo di convinzioni religiose e di valori morali che ne costituiscono «l'anima»; è lì che Cristo vuole arrivare con la forza risanatrice della sua grazia. L'evangelizzazione della cultura è un'elevazione della sua «anima religiosa», che le infonde un dinamismo nuovo e potente, il dinamismo dello Spirito Santo, che la porta alla massima attuazione delle sue potenzialità umane. In Cristo, ogni cultura si sente profondamente rispettata, valorizzata e amata; poiché ogni cultura è sempre aperta, nella sua più autentica parte, ai tesori della Redenzione.

3. Cuba, per la sua storia e la sua situazione geografica, ha una cultura propria che, nella sua formazione, ha subito diverse influenze: quella spagnola, che portò il cattolicesimo, quella africana la cui religiosità fu permeata dal cristianesimo, quella dei vari gruppi di immigranti e quella propriamente americana. È giusto ricordare l'influenza che il Seminario di «San Carlos y San Ambrosio» di La Habana ha avuto nello sviluppo della cultura nazionale sotto l'influsso di figure come José Agustín Caballero, chiamato da Martí «padre dei poveri e della nostra filosofia», e il sacerdote Felix Varela, vero padre della cultura cubana. La superficialità o l'anticlericalismo di alcuni settori di quell'epoca non sono effettivamente rappresentativi di ciò che è stata la vera caratteristica di questo popolo, che nella sua storia ha visto la fede cattolica come fonte dei ricchi valori dell'identità cubana che, assieme a espressioni tipiche, quali le canzoni popolari, le dispute contadine e le raccolte di proverbi popolari, ha una profonda matrice cristiana; il che è oggi una ricchezza e una realtà costitutiva della Nazione.

4. Figlio illustre di questa terra è Padre Félix Varela y Morales, considerato da molti come pietra angolare della nazionalità cubana. Egli costituisce di per sé la sintesi migliore che possiamo trovare tra fede cristiana e cultura cubana. Sacerdote esemplare di La Habana e indiscusso patriota, fu un insigne pensatore che rinnovò nella Cuba del secolo XIX i metodi pedagogici e i contenuti dell'insegnamento filosofico, giuridico, scientifico e teologico. Maestro di generazioni di cubani, insegnò che, per assumere la responsabilità dell'esistenza, la prima cosa che bisogna imparare è la difficile arte di pensare in modo corretto e con la propria testa. Fu il primo a parlare di indipendenza in questa terra. Parlò anche di democrazia, considerandola il progetto politico più consono alla natura umana, sottolineando al tempo stesso le esigenze che da essa derivano.

Fra queste esigenze ne metteva in evidenza due: che ci siano persone educate alla libertà e alla responsabilità con un progetto etico interiormente forgiato e che traggano il meglio dall'eredità della civiltà e i perenni valori trascendenti, per essere in tal modo capaci di svolgere compiti decisivi al servizio della comunità; e, in secondo luogo, che le relazioni umane, così come lo stile della convivenza sociale, favoriscano gli spazi adeguati dove ogni persona possa, con il rispetto e la solidarietà necessari, svolgere il ruolo storico che le spetta per rendere dinamico lo Stato di Diritto, garanzia essenziale di qualsiasi convivenza umana che voglia considerarsi democratica.

Padre Varela era consapevole del fatto che, nella sua epoca, l'indipendenza era un ideale ancora irraggiungibile; per questo si dedicò a formare persone, uomini di coscienza che non fossero superbi con i deboli, né deboli con i potenti. Dal suo esilio di New York utilizzò i mezzi che aveva a disposizione: la corrispondenza personale, la stampa e quella che potremmo considerare la sua opera principale, le «Cartas a Elpidio sobre la impiedad, la superstición y el fanatismo en sus relaciones con la sociedad», autentico monumento di insegnamento morale che costituisce la sua preziosa eredità alla gioventù cubana. Durante gli ultimi trent'anni della sua vita, lontano dalla sua cattedra di La Habana, continuò a insegnare dall'estero, creando in questo modo una scuola di pensiero, uno stile di convivenza sociale e un atteggiamento verso la patria che devono illuminare, ancora oggi, tutti i cubani.

Tutta la vita di Padre Varela fu ispirata ad una profonda spiritualità cristiana. Fu questa la sua motivazione più forte, la fonte delle sue virtù, la radice del suo impegno con la Chiesa e con Cuba: cercare la gloria di Dio in ogni cosa. Questo lo portò a credere nella forza di ciò che è umile, nell'efficacia dei semi della verità, nell'opportunità che i cambiamenti verso le grandi e autentiche riforme avvengano con la dovuta gradualità. Giunto alla fine del suo cammino, poco prima di chiudere gli occhi alla luce di questo mondo e di aprirli alla Luce intramontabile, portò a compimento quella promessa che aveva sempre fatto: «Guidato dalla fiaccola della fede, cammino verso il sepolcro al margine del quale spero, con la grazia divina, di fare, con l'ultimo respiro, una professione della mia salda fede e un fervente voto per la prosperità della mia patria» (Cartas a Elpidio, tomo I, lettera 6, p. 182).

5. Questa è l'eredità lasciata da Padre Varela. Il bene della sua patria continua ad aver bisogno della luce senza tramonto che è Cristo. Cristo è la via che conduce l'uomo alla pienezza delle sue dimensioni, il cammino che conduce ad una società più giusta, più libera, più umana e più solidale. L'amore per Cristo e per Cuba, che illuminò la vita di Padre Varela, fu radicato profondamente nella cultura cubana. Ricordate la fiaccola che appare sullo stemma di questo Ateneo: non è soltanto memoria ma anche progetto. I propositi e le origini di questa Università, la loro traiettoria e la loro eredità caratterizzano la sua vocazione ad essere madre di sapienza e di libertà, ispiratrice di fede e di giustizia, crogiolo dove si fondono scienza e coscienza, maestra di universalità e di identità cubana.

La fiaccola che, accesa da Padre Varela, doveva illuminare la storia del popolo cubano, fu raccolta, poco dopo la sua morte, da quella personalità eminente della nazione che fu José Martí: scrittore e maestro nel senso più pieno del termine, profondamente democratico e indipendentista, patriota, amico leale anche di quelli che non condividevano il suo programma politico. Egli fu, soprattutto, un uomo illuminato, coerente con i suoi valori etici e animato da una spiritualità di natura eminentemente cristiana. È considerato un propugnatore del pensiero di Padre Varela che chiamò «il santo cubano».

6. In questa Università vengono conservati, come uno dei suoi tesori più preziosi, le spoglie di Padre Varela. Ovunque, a Cuba, si vedono anche i monumenti che la venerazione dei cubani ha innalzato a José Martí. Sono convinto che questo popolo ha ereditato le virtù umane, di matrice cristiana, di ambedue questi uomini, dato che tutti i cubani condividono in modo solidale la loro impronta culturale. A Cuba si può parlare di «un dialogo culturale fecondo» che è garanzia di una crescita più armoniosa e di un incremento di iniziative e di creatività della società civile. In questo Paese, la maggior parte degli artefici della cultura — cattolici e non cattolici, credenti e non credenti — sono uomini di dialogo, capaci di proporre e di ascoltare. Vi esorto a proseguire nei vostri sforzi per trovare una sintesi nella quale tutti i cubani possano identificarsi, a cercare il modo di consolidare un'identità cubana armoniosa che possa integrare al suo interno le molteplici tradizioni nazionali. La cultura cubana, se sarà aperta alla Verità, consoliderà la propria identità nazionale e la farà crescere in umanità.

La Chiesa e le istituzioni culturali della Nazione devono incontrarsi nel dialogo e contribuire così allo sviluppo della cultura cubana. Entrambe hanno un cammino e una finalità in comune: servire l'uomo, coltivare tutte le dimensioni del suo spirito e rendere feconde tutte le sue relazioni comunitarie e sociali. Le iniziative già esistenti in tal senso devono trovare appoggio e continuità in una pastorale per la cultura, in dialogo permanente con persone e istituzioni dell'ambito intellettuale.

Pellegrino in una Nazione come la vostra, con la ricchezza di un'eredità meticcia e cristiana, confido che nel futuro i cubani riescano ad ottenere una civiltà della giustizia e della solidarietà, della libertà e della verità, una civiltà dell'amore e della pace che, come diceva Padre Varela, «sia la base del grande edificio della nostra felicità». Per questo mi permetto di porre nuovamente nelle mani dei giovani cubani quel testamento, sempre necessario e sempre attuale, del padre della cultura cubana, quella missione che Padre Varela affidò ai suoi discepoli: «Di' loro che sono la dolce speranza della patria e che non c'è patria senza virtù, né virtù con empietà».

 



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