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VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
A CUBA (21-26 GENNAIO 1998)

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Plaza Ignacio Agramonte di Camagüey
23 gennaio 1998

    

1. «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm 12, 21). I giovani cubani si riuniscono oggi con il Papa per celebrare la loro fede e ascoltare la Parola di Dio, che è la via per sottrarsi alle opere del male e alle tenebre e rivestirsi così delle armi della luce per operare il bene. Per questo, sono lieto di aver questo incontro con tutti voi su questa grande Piazza, dove sull'altare si rinnoverà il sacrificio di Gesù Cristo. Questo luogo, che porta il nome di Ignacio Agramonte, «El Bayardo», ci ricorda un eroe amato da tutti che, mosso dalla sua fede cristiana, incarnò i valori che adornano gli uomini e le donne di buona volontà: la rettitudine, l'autenticità, la fedeltà, l'amore per la giustizia. Egli fu un buon marito e un buon padre di famiglia, un buon amico, un difensore della dignità umana di fronte alla schiavitù.

2. Innanzitutto desidero salutare con affetto Mons. Adolfo Rodríguez Herrera, Pastore di questa Chiesa diocesana, il suo Vescovo ausiliare, Mons. Juan García Rodríguez, come pure gli altri Vescovi e Sacerdoti presenti, che con la loro opera pastorale animano e conducono i giovani cubani a Cristo, il Redentore, l'amico che non viene mai meno. L'incontro con Lui muove alla conversione e alla gioia personale che fa esclamare, come i discepoli dopo la risurrezione: «Abbiamo visto il Signore» (Gv 20, 24). Saluto anche le autorità civili che hanno voluto assistere a questa Santa Messa e le ringrazio per la collaborazione a questa cerimonia in cui gli invitati principali sono i giovani.

Mi rivolgo di cuore a voi, cari giovani cubani, speranza della Chiesa e della Patria, presentandovi Cristo affinché lo riconosciate e lo seguiate con piena decisione. Egli vi dà la vita, vi indica la via, vi apre alla verità, incoraggiandovi a camminare insieme e solidali, nella felicità e nella pace, come membra vive del suo Corpo mistico che è la Chiesa.

3.«Come potrà un giovane tenere pura la sua vita? Custodendo le tue parole» (Sal 119, 9). Il Salmo ci dà la risposta alla domanda che ogni giovane deve porsi se vuole condurre una vita degna e decorosa, propria della sua condizione. Per questo, l'unica via è Gesù. I talenti che avete ricevuto dal Signore e che portano alla dedizione, all'amore autentico e alla generosità fruttificano quando si vive non solo di ciò che è materiale e caduco, ma «di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4, 4). Per questo, cari giovani, vi esorto ad essere sensibili all'amore di Cristo, con la consapevolezza di ciò che Egli ha fatto per voi, per tutta l'umanità, per gli uomini e le donne di tutti i tempi. Sentendovi amati da Lui, potrete amare veramente. Sperimentando un'intima comunione di vita con Lui, che sia accompagnata dal ricevere il suo Corpo, dall'ascolto della sua Parola, dalla gioia del suo perdono e della sua misericordia, potrete imitarlo, conducendo in questo modo, come insegna il salmista, «una vita pura».

Che cosa vuol dire condurre una vita pura? Vuol dire vivere la propria vita secondo le norme morali del Vangelo proposte dalla Chiesa. Attualmente, purtroppo, per molti è facile cadere in un relativismo morale e in una mancanza di identità di cui soffrono tanti giovani, vittime di schemi culturali privi di senso o di ideologie che non offrono norme morali elevate e precise. Questo relativismo morale genera egoismo, divisione, emarginazione, discriminazione, timore e sfiducia nei confronti degli altri. Inoltre, quando un giovane vive «a modo suo», idealizza ciò che è straniero, si lascia sedurre dal materialismo sfrenato, perde le proprie radici e anela alla fuga. Pertanto, il vuoto prodotto da questi atteggiamenti spiega molti mali che minacciano i giovani: l'alcol, la sessualità malvissuta, la prostituzione che si nasconde sotto diverse ragioni, e le cui cause non sempre sono soltanto personali, le scelte fondate sul piacere o su atteggiamenti egoistici, sull'opportunismo, sulla mancanza di un serio progetto di vita nel quale non c'è posto per un matrimonio stabile, oltre al rifiuto di qualsiasi autorità legittima, il desiderio di fuggire e di emigrare, sottraendosi all'impegno e alla responsabilità per rifugiarsi in un mondo falso alla cui base vi sono l'alienazione e lo sradicamento.

Dinanzi a questa situazione, il giovane cristiano che aspira a condurre «una vita pura», salda nella fede, sa di essere chiamato e scelto da Cristo per vivere nell'autentica libertà dei figli di Dio, che comporta non poche sfide. Perciò, accogliendo la grazia che riceve dai Sacramenti, egli sa di dover testimoniare Cristo con il suo sforzo costante per condurre una vita retta e fedele a Lui.

La fede e il comportamento morale sono uniti. In effetti, il dono ricevuto ci porta ad una conversione permanente per imitare Cristo e ricevere le promesse divine. I cristiani, per rispettare i valori fondamentali che caratterizzano una vita pura, a volte devono subire, anche in maniera eroica, l'emarginazione o la persecuzione, in quanto questa opzione morale è contraria agli atteggiamenti del mondo. Questa testimonianza della Croce di Cristo nella vita quotidiana è anche un seme sicuro e fecondo di nuovi cristiani. Una vita pienamente umana e impegnata con Cristo ha questo prezzo di generosità e di dono.

Cari giovani, la testimonianza cristiana, la «vita degna» agli occhi di Dio ha questo prezzo. Se non si è disposti a pagarlo, subentrerà il vuoto esistenziale e la mancanza di un progetto di vita degno e responsabilmente assunto con tutte le sue conseguenze. La Chiesa ha il dovere di dare una formazione morale, civica e religiosa, che aiuti i giovani cubani a crescere nei valori umani e cristiani, senza paura e con la perseveranza di un'opera educativa che ha bisogno del tempo, dei mezzi e delle istituzioni che sono propri di questa semina di virtù e di spiritualità per il bene della Chiesa e della Nazione.

4.«Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?» (Mc 10, 17). Nel Vangelo che abbiamo ascoltato un giovane chiede a Gesù che cosa deve «fare», e il Maestro, pieno d'amore, gli risponde come deve «essere». Questo giovane presume di aver rispettato le norme e Gesù gli risponde che è necessario lasciare tutto e seguirlo. Questo radicalizza e rende autentici i valori e permette al giovane di realizzarsi come persona e come cristiano. La chiave di questa realizzazione è la fedeltà, presentata da San Paolo, nella prima lettura, come una caratteristica della nostra identità cristiana.

Questo è il cammino della fedeltà tracciato da San Paolo: «Chi presiede lo faccia con diligenza... amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno... Siate lieti nella speranza... premurosi nell'ospitalità... Benedite... Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri... non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili... Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi. Non rendete a nessuno male per male... Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm 12, 8-21). Cari giovani, credenti o non credenti, accogliete l'appello ad essere virtuosi. Ciò vuol dire che dovete essere forti dentro, grandi di animo, ricchi dei sentimenti migliori, coraggiosi nella verità, audaci nella libertà, costanti nella responsabilità, generosi nell'amore, invincibili nella speranza. La felicità si ottiene a partire dal sacrificio. Non cercate al di fuori ciò che potete trovare dentro di voi. Non aspettatevi dagli altri ciò di cui siete capaci e che siete chiamati ad essere e a fare. Non rimandate a domani la costruzione di una società nuova, dove i sogni più nobili non siano frustrati e dove voi possiate essere i protagonisti della vostra storia.

Ricordate che la persona umana e il rispetto per essa sono la via verso un mondo nuovo. Il mondo e l'uomo soffocano se non si aprono a Gesù Cristo. Apritegli il vostro cuore e incominciate così una vita nuova che sia conforme a Dio e risponda alle legittime aspirazioni che avete di verità, bontà e bellezza. Che Cuba educhi i suoi giovani nella virtù e nella libertà, affinché possa avere un futuro di autentico sviluppo umano integrale in un clima di pace duratura!

Cari giovani cattolici: tutto questo è un programma di vita personale e sociale fondato sulla carità, sull'umiltà e sul sacrificio, che ha come ragione ultima quella di «servire il Signore». Vi auguro la gioia di poterlo realizzare. Gli sforzi che già si fanno nella Pastorale Giovanile devono essere orientati all'attuazione di questo programma di vita. Per aiutarvi vi lascio anche un Messaggio scritto, nella speranza che giunga a tutti i giovani cubani, che sono il futuro della Chiesa e della Patria. Un futuro che incomincia già nel presente e che sarà gioioso se sarà basato sullo sviluppo integrale di ognuno, che non può essere raggiunto senza Cristo, ai margini di Cristo o, ancor meno, contro Cristo. Perciò, come ho detto all'inizio del mio Pontificato e come ho voluto ripetere al mio arrivo a Cuba: «Non abbiate paura di aprire il vostro cuore a Cristo». Vi lascio con grande affetto questo motto e questa esortazione, chiedendovi di trasmetterli, con coraggio e ardore apostolico, agli altri giovani cubani. Che Dio onnipotente e la Santissima «Virgen de la Caridad del Cobre» vi aiutino a rispondere generosamente a questa chiamata!

Adesso celebreremo il sacrificio di Cristo. Cristo si farà presente, lo stesso Cristo che una volta guardò un giovane e lo amò. Lo dovete vivere oggi voi, ognuno e ognuna; Cristo presente che vi guarda e vi ama. Cristo guarda, Cristo sa cosa c'è in ognuno di noi. Egli sa che ci ama. Sia lodato Gesù Cristo.

  

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