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 LEONE XIII

LETTERA

GRATAM SCITO

 

Venerabile fratello, salute ed Apostolica Benedizione.

Grata ci è riuscita la tua lettera: poichè in essa ci è sembrato di vedere un nuovo argomento della tua Episcopale vigilanza ed insieme del singolare affetto con cui seguiti a mostrarti amantissimo verso di Noi ed a desiderare e volere la incolumità dei Diritti della Sede Apostolica. E Noi vediamo che ove si presenti qualche occasione di manifestare l'animo tuo, tu volentieri la cogli, né facilmente te la lasci fuggire: come testè è accaduto, quando è uscito alla luce l'Opuscolo che tu accenni; il quale se a te, come scrivi, dispiace, giustamente dispiace. Che anzi niun uomo prudente ed equo apprezzatore delle cose può ritrovarsi il quale con piena volontà teco non si accordi. Perocché, chi mai crederebbe potersi comportare, che cose di gravissima importanza strettamente congiunte con la Potestà del Pontefice Massimo e con la stessa libertà dell'ufficio Apostolico vengano da un uomo privato, e di niuna autorità a questo uopo insignito, temerariamente avvocate al proprio arbitrio e pubblicamente definite? Eppure la causa è già stata giudicata dal Pontefice stesso: poiché Egli non una volta solamente né in modo ambiguo ha dichiarato ciò che Egli sente in tal materia e ciò che gli altri debbon sentire. Sarebbe forse lecito, salva la coscienza, tirare in contraria sentenza la moltitudine? Ma è atto ancora di maggiore arroganza ed insubordinazione voler suggerire consigli alla Sede Apostolica intorno alle cose da fare e volerle mostrare ciò che sia meglio da fare. Per fermo la somma delle cose disputate a questo quasi del tutto si riduce, essere spediente ed utile, che Noi ci dovremmo tranquillamente e pacatamente accomodare alle nuove cose ed ai nuovi tempi. Per fermo, ciò che è stato operato con violenza ed ingiustizia, bramerebbero essi che per Nostra volontà venisse sanzionato: quasichè non fosse del tutto manifesto, che questa condizione di cose nella quale da gran tempo siamo stati violentemente sospinti non sia totalmente contraria alla Dignità del Romano Pontefice e ripugnante alla vera libertà di Lui; per maniera che accettarla non mai, ma si dobbiamo sofferirla costrettivi da necessità, finché piacerà a Dio, Sommo e Provvidentissimo Moderatore delle cose umane. Oltrechè la civile autorità dei Romani Pontefici non dalla volontà dei popoli, ma più veramente dall'audacia delle sette perverse fu violata: le quali congiurate ad abbattere la Sacra Potestà, preser le mosse dalla distruzione del Civil Principato, acciocchè manomesso e distrutto questa sorte di presidio, potessero contro di quella rivolgere gli sforzi ed impeti loro. La quale cosa quanto apertamente ed ostinatamente si contendono di fare, i fatti stessi lo dicono. È cosa dunque opportuna e grandemente salutare il premunire diligentemente gli animi contro scritti di tal fatta, tanto più pericolosi, in quanto, il più delle volte con finta modestia e colle mentite apparenze di Religione traggono in inganno la moltitudine. Intanto auspice dei doni celesti e pegno della Nostra Benevolenza a te, Venerabile Fratello, ed al Clero ed al tuo popolo con tutto l'affetto nel Signore impartiamo l'Apostolica Benedizione.

Dato in Roma presso S. Pietro, il giorno 31 Marzo nell'anno 1889, del Nostro Pontificato duodecimo.

 

LEONE XII

 



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