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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 16 marzo 1969

 

Ci avviciniamo alla Pasqua, ai giorni dedicati alla memoria della Passione e della Risurrezione di Gesù Cristo nostro Signore; e non solo alla memoria storica e lontana di questi straordinari avvenimenti, ma alla mistica rinnovazione nel mondo odierno, nella Chiesa tutta e in ogni cristiano credente; in noi stessi, se vogliamo. Questo annuale avvenimento, rinnovatore della vita spirituale, trova l’uomo moderno più che mai impreparato, anzi prevenuto verso l’adesione e la comprensione della sua realtà religiosa, al suo valore sacro. La mentalità dell’uomo imbevuto delle idee correnti nel nostro mondo profano e sempre più secolarizzato diffida d’ogni cosa che oltrepassi la sfera dell’esperienza sensibile e della dimostrazione scientifica; e preferisce andare al sicuro, e finisce per limitare le sue certezze alle cose così dette concrete, privandosi della luce che solo la parola di Dio, il Vangelo, la fede, e perciò la Chiesa gli può dare. Resta sì, saggio, ma cieco sulla verità delle cose supreme e dei nostri destini fatali e finali.

Anche per certi cristiani la tentazione oggi è quella di formarsi da sé l’idea d’un cristianesimo secolarizzato, senza un preciso contenuto dottrinale e senza la corrente vitale che è propria del nostro cristianesimo vivo e vero e sacramentale, ma adattato mutevolmente a situazioni umane, sociali e politiche; convertito così a quel mondo che esso dovrebbe invece a sé convertire.

Se è vero che il campo del «sacro» dev’essere purificato da tante abusive vegetazioni, superstiziose, fenomeniche e fantastiche, è tuttavia sempre vero che esso ha la sua legittima e sovrana esistenza; ed è in questo campo che si erge la Croce di Cristo e si colloca il sepolcro vuoto del Risorto; ed è con la fede; di cui la Chiesa è maestra, che vi possiamo entrare, cauti e sicuri, umili e gioiosi, cittadini tanto più autentici della terra e della storia, quanto più siamo iniziati alla cittadinanza del regno dei Cieli.

E la Pasqua che viene, Figli carissimi; non ne rimaniamo indifferenti, non estranei, ma associati al suo mistero di vita e di gaudio.

                                   



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