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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 18 marzo 1973

 

Carissimi Fratelli e Figli,

da questa finestra noi abbiamo davanti al nostro sguardo di Vescovo di Roma due visioni pastorali, quella larga e lontana, la visione urbanistica, la visione della città nuova, la visione della periferia, delle borgate, dei baraccati, la visione della città del lavoro, dei fabbricati senza volto e senza storia, delle case costruite in serie, la visione degli alveari umani, dove indarno si cerca traccia di vita religiosa e di simpatia comunitaria, e dove un lodevole sforzo d’organizzazione civile ha dato, oltre le prime abitazioni, anche qualche scuola, qualche officina, qualche ospedale, qualche campo sportivo, qualche posto di Polizia . . . . ma ancora nessuna chiesa, nessun centro organico di assistenza umana, morale, spirituale, nessuna parrocchia; e sono cento i quartieri così desolati, che attendono e invocano la casa della fede e della preghiera, della carità di Cristo per il Popolo di Dio . . . Lo sappiamo: è questo un doloroso fenomeno comune alle città in via di sviluppo urbanistico moderno; ma ciò aggrava la nostra pena, non la consola; e quando lo osserviamo a Roma, in questa Roma, centro della Chiesa cattolica, ci stringe il cuore, come cittadini e come credenti. È un panorama cotesto che chiama aiuto, solidarietà, iniziativa. Perciò il nostro Vicariato ha fissato per oggi «La Giornata per le nuove chiese».

E perciò guardiamo a voi, romani e fedeli, che ci offrite allo sguardo degli occhi e del cuore la seconda visione; a voi guardiamo, figli carissimi, che ci siete presenti, o moralmente vicini; a voi, che avete la fede cristiana e la tradizione religiosa e civile dell’Urbe; a voi, che avete disponibili le sue innumerevoli chiese; ed ecco, noi chiediamo il vostro aiuto! Oh! noi osiamo chiederlo, perché da parte nostra noi facciamo, in ogni senso, quanto ci è possibile; e molti credono che tanto basti, mentre i nostri mezzi, pur con il concorso previsto delle Autorità civili, non bastano affatto; ed anche perché in altre città il popolo fedele, i facoltosi, gli enti pubblici, finanziari ed economici riescono a fronteggiare il problema. E noi? e Roma? Noi vi esortiamo a considerarlo questo problema; e se noi osiamo stendere a voi la mano, la ragione è duplice: perché essa è vuota e si stende in nome di Cristo e dei concittadini meno favoriti, non per noi; e perché essa, la nostra mano, vuole avere nuova ragione di benedirvi.

 



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