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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 15 febbraio 1976

 

Nel confronto della nostra sensibilità giornaliera, per non dire più semplicemente giornalistica, con il mistero sempre sovrano della salvezza, folgorante in questo popolare nostro «Angelus» festivo, oggi non mancano certo temi importanti e interessanti; ma uno per noi ancora prevale per la sua sconfortante gravità: quello dell’interminabile terremoto del Guatemala, il quale tra morti e feriti fa salire a migliaia le vittime, e forse al milione i senza tetto, con l’aggiunta d’un’ondata di freddo insolito in quella regione privilegiata ordinariamente da clima mitissimo e uniforme.

Ecco una testimonianza privata, ma autorevole, circa la situazione guatemalteca, giunta ieri da quell’afflitto Cardinale Arcivescovo, Mario Casariego: più che con l’inchiostro le scrivo con le lacrime: 17 Chiese nella Capitale distrutte al completo . . . la Cattedrale per qualche anno sarà inservibile. Ma il peggio è per i nostri morti . . . e poi cento e cento i feriti . . Vedesse le strade; tutti i viventi dormono nella strada, fra morti e feriti; è cosa che fa piangere . .  Per fortuna i soccorsi affluiscono da Governi amici e dalle nostre « Caritas», e il disastro, esteso a città e villaggi nell’interno del Paese si attesta con una confortante manifestazione di sociale pietà e di cristiana ed attiva presenza. Il bene lotta generosamente e cerca di vincere un male tellurico che non trova per ora altro rimedio all’infuori della solidarietà umana.

Noi citiamo alla vostra attenzione questo arido quadro per incoraggiare quanti vi apportano sollecito e splendido aiuto e per ringraziare in nome di Cristo tutti quanti hanno merito in questa opera di misericordia verso così inattesa, grave e incontenibile sventura. E vogliamo dedurne motivo di conforto: il bene esiste, il bene lavora, il bene reagisce e apre le vie alla fiducia e alla stima per l’umanità che si dirige, anche attraverso le lacrime e le disgrazie, verso la «civiltà dell’amore».

Maria ci precede.

   



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