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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 20 novembre 1963

 

Diletti Figli e Figlie,

La vostra presenza e il vostro saluto Ci fanno pensare ad una parola dell’Apostolo Paolo. Egli scrive che tre anni dopo la sua conversione volle andare a Gerusalemme per «videre Petrum» (Gal. 1 , 18), per conoscere e per consultare l’Apostolo Pietro; e questa visita dovette avere una grande importanza «per l’orientamento spirituale di Paolo» (Ricciotti).

Anche voi, carissimi figli e figlie, come tanti altri pellegrini, ed ora come tutti i Vescovi del mondo riuniti in Concilio, siete venuti a Roma e siete arrivati qua per «videre Petrum», per vedere S. Pietro, il Principe degli Apostoli, il fondamento della Chiesa, il suo capo visibile, il Vicario di Cristo, nella persona, ultima e minima, del Suo successore. Siete qua giunti per vedere il Papa, per poter dire che lo avete conosciuto ed ascoltato, e per essere da lui confortati e benedetti.

Questo incontro perciò, anche se tanto breve, ha un’importanza particolare, che voi farete bene ad esplorare e a ricordare. Qual è il valore di codesta visita al Papa? è soltanto la soddisfazione d’una curiosità turistica? No; Noi pensiamo di leggere nei vostri animi se diciamo che per voi questa visita ha un significato speciale; è così un atto di riflessione sulla forma storica ed umana, con cui si presenta al mondo ed a voi la religione cattolica. La nostra religione si presenta come una società, spirituale e visibile, divina e umana, che vive e sopravvive da venti secoli, composta indistintamente da chiunque vi voglia entrare, di qualsiasi razza o nazione, di qualsiasi condizione sociale (cfr. Col. 3, 11) e dove tutti sono fratelli e tutti uniti, ma dove esiste un’organizzazione, una Gerarchia, da Cristo stesso istituita, nella quale in primo luogo sono gli Apostoli (cfr. 1 Cor. 12, 28), cioè i Vescovi, e alla loro testa Pietro, cioè il Papa. E voi, venendo a visitare il Papa, prendete coscienza di questa società,

a cui voi stessi appartenete, e che si chiama la Chiesa, la quale è tutta fondata sulla pietra, posta da Gesù stesso, sul Papa.

È una riflessione semplice, ma assai importante e interessante; anche perché essa si trasforma subito in un atto di ammirazione, di accettazione, di adesione, di gioia; cioè in un atto di fede. Questa Udienza, sì, è una professione di fede!

Comprendete allora, figli e figlie, come questo momento possa essere benefico per tutta la vostra vita. Voi qui fate atto di adesione filiale e sincera al Papa e alla Chiesa. Cotesto atto implica un altro atto, che deve orientare tutta la vostra vita: è la scelta della maniera cattolica di pensare e di agire; la fede diventa fedeltà! Non solo: una certa inquietudine sorge nelle anime di chi, davanti al Papa, propone a se stesso la fedeltà come programma della propria vita; e cioè il bisogno e il desiderio di estendere ad altri, a tutti se fosse possibile, la fortuna, che voi possedete, di essere fedeli cattolici; nasce cioè lo stimolo interiore alla testimonianza cristiana, all’apostolato. La fede accende la carità!

Vedete che cosa può significare quest’ora per la vostra anima: vedere il Papa, credere nella Chiesa e nella sua autorità, promettere fedeltà alla concezione cattolica della vita, e dare alla carità il suo principio e la sua energia!

È questa perciò un’ora grande e bella, che Noi vogliamo rendere stabile e feconda nei vostri cuori, con la Nostra preghiera e con la Nostra Benedizione.

 



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