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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 4 dicembre 1963

 

Abbiamo tutti ascoltato questa mattina - incomincia il Santo Padre - con grande devozione e, c’è da ritenere, con non poco profitto, la bellissima orazione con cui il Signor Cardinale Urbani, Patriarca di Venezia, ci ha intrattenuti sull’alto tema del Concilio di Trento, in una cornice che non poteva essere più imponente di quella presentata dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

E già mentre l’oratore illustrava la storica ricorrenza, Sua Santità ha pensato come assai difficilmente potranno vedersi cose più meravigliose, più stupende ed istruttive di quelle che le adunanze conciliari presentano. È un panorama completo di storia, di teologia, di vita umana, di ecumenismo magnifico. Nulla potrà esservi di maggiormente elevato e significativo.

Da ciò la viva letizia del Padre delle anime nel rilevare, adesso, che proprio la città di Trento ha offerto, in modo speciale, l’occasione di prospettare una realtà consolantissima.

Invero è motivo di somma, comune gioia il fatto che la celebrazione del IV centenario della chiusura del Concilio di Trento assuma spiccata solennità. Il ricordo del Santo Padre torna volentieri lontano, di un ventennio, nel passato, e precisamente agli anni 1943-44, quando ricorreva il IV centenario dell’inizio del Concilio medesimo. Egli rivede ancora, nella sua mente, l’incontro che, Sostituto della Segreteria di Stato in quel tempo, Egli ebbe con un benemerito rappresentante delle terre trentine. Era Alcide De Gasperi, allora umile impiegato alla Biblioteca Vaticana, il quale si faceva premura di chiedere: «Che cosa possiamo fare in questo momento, fra le attuali, gravi e angosciose difficoltà, per, celebrare il Concilio di Trento?». La risposta fu, il più possibile, incoraggiante: e alcuni pregevoli articoli del De Gasperi e di altri studiosi apparvero infatti su L’Osservatore Romano. Fu dunque una commemorazione volenterosa, ma dovuta effettuare con certa semplicità e modestia. Ora invece, grazie al Signore, l’epilogo del Concilio Tridentino è rievocato in piena risonanza, con manifestazioni dense di ammaestramenti salutari, sia in rapporto a quel grandissimo evento nella storia della Chiesa, sia per la città che ne fu degna e a giusto titolo lo ricorda, e, infine, per la intera Chiesa, che oggi attende ad ancor più vasto ed universale Concilio.

Trento! I ricordi del Santo Padre vogliono risalire ad anni ancor più remoti. Piccolo fanciullo, Egli, nella propria casa, rimase edificato da alcune buone persone che venivano dal Trentino e che, col loro accento, con il vivace linguaggio veneto, tenevano a dichiarare con aria di ben comprensibile fierezza: Trento, città cattolica!

Che Trento sia città cattolica ed offra a Roma e al mondo la sua celebrazione faustissima, è circostanza veramente di intensa letizia per tutti: lo è per i cattolici di Roma e per i trentini stessi. Trento, in questa celebrazione, si dimostra cattolica non soltanto per il titolo della sua professione di coerenza, di fedeltà al patrimonio della religione, ma anche nel senso della irradiazione universale, poiché - ben lo sappiamo - il Concilio di Trento ha superato i precedenti Concili nell’arricchire splendidamente gli annali della Chiesa, della civiltà, degli studi, dell’autentico benessere nel mondo intero.

Dopo avere accennato al recente Congresso storico, che nella illustre città si è svolto e alla udienza poco prima accordata al Cardinale Urbani, Legato Pontificio per le imminenti giornate rievocatrici, Sua Santità ha ripreso il tema delle celebrazioni.

Esso ci è caro - Egli ha detto - perché questa parola celebrare ha un significato molto denso. Vuol dire, anzitutto, conoscere la nostra storia, le diverse fasi del Concilio di Trento; ciò costituisce un grande beneficio culturale e un motivo assai fecondo per ogni genere di ricerche.

Celebrare, inoltre, significa rivivere; e questo sembra molto opportuno per i tempi nostri, poiché una sorgente, lontana da noi quattro secoli, continua ad offrirci limpidi e adeguati ausili per il nostro pensiero e per la nostra attività religiosa. Celebrare, infine, vuol dire profondere la ricchezza di dottrina del Concilio di Trento, sempre degna della massima considerazione, sempre attuale. Non si tratta di una semplice memoria del passato, ma di qualcosa che si tramanda e che, ai giorni nostri, rappresenta valido baluardo e difesa in senso cristiano e cattolico.

Dobbiamo essere felici che la storia non si sia fermata, ma prosegua in questa provvidenziale vitalità; e non solo proponga il ricordo dell’incomparabile evento, ma serva a rendere operanti i punti essenziali del Concilio di Trento: ortodossia della fede; riforma dei costumi; preparazione e zelo per lanciare un ponte ai fratelli separati.

L’Augusto Pontefice ha sottolineato i possibili raffronti fra il Concilio Tridentino e il Vaticano II, ora in pieno svolgimento e che mira a chiarezza e a vigore di impegni per dirimere le confusioni di idee e le minacce derivanti dai molteplici errori del nostro tempo. La Chiesa promuove opera di rinnovamento. Essa presenta agli uomini la divina Legge, la Redenzione; e desidera che, in tutti i suoi figli, la vita abbia carattere di autenticità, testimonianza e forza di convinzione per gli altri. Non desisteremo mai dall’aprire le braccia ai fratelli lontani. Un tale fervido apostolato non deve aver soste; è ininterrotto dal Concilio di Trento ai successivi lavori del nostro Vaticano II. Da Paolo III a Paolo VI - ben lo si può dire in virtù della evidente assistenza divina - la via luminosa della fede si dispiega e giunge ad ogni auspicata, eccelsa mèta.

Sua Santità conclude esprimendo il desiderio che l’opportuna iniziativa della celebrazione del Concilio di Trento rechi, anzitutto, un suo vantaggio locale. Lavorino i trentini, figli di nobile e forte regione, a far rivivere ed accogliere la eredità del grande Concilio, sia per confermare in se stessi una fede da offrire in esempio a tutte le diocesi della cattolicità, sia per divenire ognor più generosi alfieri, rappresentanti della perenne, coerente adesione all’insegnamento del Salvatore. Possano quei diletti figli, per primi, avvertire i risultati di tanto dono. Lungi dall’essere legati solo al passato, occorre sentirsi, oggi più che mai, sospinti ad una perfetta dignità di vita cristiana; e perciò conseguire, come quel Concilio già indicava, la concordia, la pace, la prosperità e la benedizione su la propria terra, su tutte le genti.

                                      



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